Martiri del nostro tempo

Il viaggio di Papa Francesco in Messico (12-18 febbraio) è l’occasione per ricordare che il Paese detiene, insieme alla Colombia e al Brasile, un triste record: nel 2015 vi sono stati uccisi due operatori pastorali. Si tratta di padre Francisco Javier Gutiérrez Díaz e don Erasto Pliego de Jesus, entrambi rapiti dalle parrocchie di cui erano responsabili e ritrovati uccisi alcuni giorni dopo.

In Colombia invece don Fernando Meza Luna e don Luis Alfonso León Pereira sono stati uccisi nel corso di un violento tentativo di furto nelle rispettive parrocchie, mentre in Brasile le vittime sono state don Antonio Alves de Almeida, trovato con le mani legate e accoltellato, molto probabilmente vittima di un tentativo di furto, e  suor Irma Odete Francisca, uccisa con otto coltellate alla schiena, anche in questo caso durante un tentativo di furto.

Con un totale di otto persone uccise, l’America latina è il continente nel quale nel corso del 2015 gli operatori pastorali cattolici hanno pagato il più alto tributo di sangue.

In Venezuela la vittima è il francescano Alex Pinto, ritrovato alcuni giorni dopo la sua scomparsa. In Argentina si tratta di don Luis Jesus Cortez, strangolato nella sua abitazione, poi data alle fiamme.

Da sette anni consecutivi l’America latina è al vertice di questa terribile classifica. Seguono l’Asia con sette morti (un sacerdote, due religiose e quattro laici), l’Africa con cinque (tre sacerdoti, una religiosa, una laica) e infine l’Europa con due sacerdoti uccisi, entrambi in Spagna.

Secondo i dati forniti dall’agenzia missionaria Fides, dal 2000 al 2015 sono stati uccisi nel mondo 396 operatori pastorali, fra i quali cinque vescovi.

Nella maggior parte dei casi, spiega Fides, siamo di fronte a tentativi di rapina o di furto, “compiuti anche con ferocia, in contesti che denunciano il degrado morale, la povertà economica e culturale, la violenza come regola di comportamento, la mancanza di rispetto per la vita”. In queste situazioni, i sacerdoti, le religiose e i laici uccisi vivevano nella normalità quotidiana la loro testimonianza: amministrando i sacramenti, aiutando i poveri e gli ultimi, curandosi degli orfani e dei tossicodipendenti, seguendo progetti di sviluppo o semplicemente tenendo aperta la porta della loro casa. E qualcuno è stato ucciso proprio dalle stesse persone che aiutava.

“Desta poi preoccupazione – annota Fides –  la sorte di altri operatori pastorali sequestrati o scomparsi, di cui non si hanno più notizie”. È il caso dei tre sacerdoti congolesi agostiniani dell’Assunzione sequestrati nella Repubblica Democratica del Congo nell’ottobre 2012 e del gesuita italiano Paolo Dall’Oglio, rapito nel 2013, e del francescano Dhya Azziz, di cui non si hanno più notizie dal 23 dicembre scorso, entrambi rapiti in Siria.

A proposito della Siria, ricordiamo che durante il 2015 sono morti, a causa dei bombardamenti su Aleppo, l’operatore della Caritas Safouh Al-Mosleh e due giovani animatori salesiani, i fratelli Anwar e Misho Samaan.

Da segnalare poi il caso dell’India, dove le vittime sono state due suore: Jose Mariya e Amala Valummel, morte in seguito ad aggressioni subite nei loro conventi.

Si tratta, in ogni caso, di elenchi provvisori, perché, come fa notare Fides, a questa lista vanno aggiunti i tanti di cui forse non si avrà mai notizia o di cui non si conoscerà neppure il nome.

Aldo Maria Valli

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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