Cina / Inaudito attacco della Santa Sede al cardinale Zen

Tra papa Francesco e i suoi successori, nel modo di arrivare a possibili accordi con la Cina, c’è sintonia; il cardinale Zen è in errore quando sostiene che nessun accordo è meglio di un cattivo accordo; è possibile che una Chiesa sia “indipendente” e nello stesso tempo in comunione con il papa.

Questi i punti, uno più sconcertante dell’altro, al centro di una lettera (che Duc in altum ha ricevuto da fonte certa e attendibile), con la quale il cardinale Giovanni Battista Re, decano del Sacro collegio, si rivolge a tutti i cardinali con l’intento di contestare e squalificare la posizione da tempo assunta dal cardinale Zen, ottantotto anni, arcivescovo emerito di Hong Kong e fiero oppositore dell’accordo tra Pechino e la Santa Sede firmato il 22 settembre 2018.

Con la lettera il nuovo decano, nominato da Francesco nel gennaio scorso, vuole rispondere a quella che lo stesso Zen inviò ai porporati nel settembre 2019 e ad altri interventi del cardinale, sempre molto chiaro nel denunciare la drammatica situazione della Chiesa nella Cina continentale, il silenzio di Francesco rispetto ai dubbi manifestati dallo stesso Zen e quella che il cardinale definisce un’autentica manipolazione delle parole di Benedetto XVI sulla Cina da parte degli attuali vertici della Santa Sede e in particolare del segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin.

Secondo Re ci sarebbe continuità tra papa Francesco e i suoi predecessori riguardo a possibili accordi con la Cina: “Nell’approccio alla situazione della Chiesa cattolica in Cina, c’è una profonda sintonia di pensiero e di azione degli ultimi tre pontefici, i quali – nel rispetto della verità – hanno favorito il dialogo tra le due Parti e non la contrapposizione”. Ma una cosa è favorire il dialogo e una cosa è l’accordo stipulato, e Zen a proposito di questa presunta continuità ha parlato apertamente di un “insulto”.

L’accordo attuale “è apparso l’unico possibile” scrive Re per giustificare le scelte della Santa Sede e contestare l’idea di Zen, secondo il quale “sarebbe stato meglio nessun accordo piuttosto che un brutto Accordo”. “I tre ultimi Pontefici – afferma il decano – non hanno condiviso tale posizione e hanno sostenuto e accompagnato la stesura dell’Accordo che, al momento attuale, è parso l’unico possibile”. Ma la storia è diversa. San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI avevano sì il forte desiderio di allacciare un dialogo con la Cina, ma con l’intento di riconciliare la Chiesa “patriottica” e la Chiesa “clandestina” nell’unione attorno al papa e nel rispetto dell’autonomia della Chiesa e della libertà religiosa. Insomma, prima dell’accordo segreto mai la Santa Sede lavorò per concedere a Pechino, di fatto, la facoltà di controllare la Chiesa, fino alla nomina dei vescovi, come avviene adesso.

Clamorosa è l’affermazione fatta dal cardinale Re secondo cui l’accordo segreto avrebbe anche la paternità di Benedetto XVI, che “aveva approvato il progetto di Accordo sulla nomina dei Vescovi in Cina, che soltanto nel 2018 è stato possibile firmare”, mentre Zen sostiene che Benedetto XVI rifiutò di firmare quell’accordo. Re parla a questo proposito di documenti della segreteria di Stato che dimostrerebbero quanto sostiene, ma non li specifica e non fornisce prove.  In realtà l’accordo segreto è in aperta contradizione con quanto Benedetto XVI scrive nella sua Lettera ai cattolici cinesi nel 2007. D’altra parte, non si capisce perché, se papa Ratzinger, come sostiene Re, davvero condivideva i contenuti dell’accordo segreto, l’accordo stesso non sia stato sottoscritto prima.

Scrive ancora Re: “L’Accordo prevede l’intervento dell’autorità del Papa nel processo di nomina dei Vescovi in Cina. Anche a partire da questo dato certo, l’espressione Chiesa indipendente non può più essere interpretata in maniera assoluta, come ‘separazione’ dal Papa, così come avveniva in passato”. Si tratta di affermazioni gravi e sorprendenti. In sostanza il decano sostiene che è possibile essere “Chiesa indipendente” e nello stesso tempo essere in comunione con il papa, un’idea pericolosissima, perché mette in discussione la libertas Ecclesiae e secoli di dottrina cattolica.

Il cardinale Re parla di “cambiamento epocale” che ha conseguenze “sia sul piano dottrinale che su quello pratico”. Significa, sembra di capire, che Roma è disposta a modificare la dottrina pur di approdare all’accordo con i governanti cinesi. Ma, se questa è la visione, siamo di fronte a qualcosa che tradisce la Chiesa ed è in netta contrapposizione con quanto hanno sempre sostenuto san Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.

Secondo Re il cardinale Zen, con la sua ostinazione, avrebbe favorito “tensioni e situazioni dolorose”, di qui la richiesta, che si legge tra le righe, di disinnescare Zen isolandolo. Una richiesta inaudita da parte del decano del Sacro collegio. Una richiesta il cui mandante sta a Pechino?

A.M.V.

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