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Il contagio del coronavirus e i mostri dell’ideologia

Di fronte al contagio del coronavirus la prima reazione di noi post-moderni autosufficienti è il panico unito allo sconcerto. Ma come? Ci hanno fatto credere che siamo al riparo da queste cose, che certi problemi appartengono al passato, che la scienza e la tecnica ci hanno regalato un mondo in cui possiamo fare ciò che vogliamo senza preoccuparci delle conseguenze, e adesso improvvisamente ci scopriamo deboli e indifesi? La lentezza nel prendere provvedimenti adeguati è figlia, prima ancora dell’incapacità organizzativa, di questo atteggiamento culturale.  L’uomo post-moderno autosufficiente assomiglia a un bambino viziato: cresciuto nella certezza di essere libero da certe paure e praticamente onnipotente, nel momento in cui si scopre fragile e indifeso fatica ad accettare la realtà e si mette a piagnucolare.

Scendendo dal generale al particolare, sarebbe interessante sapere che cosa pensa di questa situazione sua eccellenza monsignor Marcelo Sánchez Sorondo, il quale giusto un anno fa, di ritorno da un viaggio in Cina, proclamò senza sprezzo del ridicolo che “in questo momento, quelli che realizzano meglio la dottrina sociale della Chiesa sono i cinesi”, perché “essi tengono al bene comune, subordinano le cose al bene comune”.

Le parole del cancelliere della Pontificia accademia delle scienze meritano di essere ricordate non tanto per alimentare polemiche (non è proprio il momento), ma per mostrare a che cosa può portare l’ideologia quando prende il posto del semplice buon senso. “Ho incontrato – disse il monsignore – una Cina straordinaria: ciò che la gente non capisce è che il principio centrale cinese è il lavoro, lavoro, lavoro”. Il governo comunista, disse ancora Sorondo, “sta difendendo la dignità della persona”, seguendo più di altri Paesi l’enciclica di papa Francesco Laudato si’”. Inoltre, “l’economia non domina la politica, come succede negli Stati Uniti. L’impressione è che la Cina stia evolvendo molto bene”.

E occorre notare che in precedenza monsignor Sánchez Sorondo, durante un incontro internazionale sul traffico di organi, aveva difeso con accanimento Pechino dall’accusa di trapianti forzati operati da medici cinesi su prigionieri e condannati a morte.

Le parole del monsignore vanno messe a confronto con quelle di He Weifang, docente di diritto alla Beijing University, che attacca senza mezzi termini il governo per la gestione dell’epidemia di coronavirus (Covid-19). “L’assenza in Cina di libertà di parola e di espressione ha favorito il diffondersi dell’infezione polmonare”. Gli errori del governo, in particolare le limitazioni imposte alla circolazione delle informazioni, hanno amplificato la crisi epidemica: la dimostrazione che la Cina necessita di libertà di stampa per poter affrontare le emergenze. “Spero che il pesante prezzo pagato per l’epidemia farà comprendere alle autorità che senza una stampa libera il popolo vivrà nella sofferenza e il governo nella menzogna”, scrive He Weifanf.

Il docente critica con forza il presidente Xi Jinping, colpevole di aver annunciato con ritardo il diffondersi del virus di Wuhan. Un discorso di Xi datato 3 febbraio, e riportato da diversi media di Stato, mostra come lui fosse a conoscenza dell’epidemia già dai primi di gennaio, quando ordinò un primo intervento per contrastarla.

In passato, come ci spiega AsiaNews, il professor He ha perso la sua cattedra universitaria per aver appoggiato il dissidente e premio Nobel per la pace Liu Xiaobo. Il docente fu tra coloro che aderirono a Carta 08, un documento redatto nel dicembre 2008 da alcuni intellettuali – tra cui Liu – che chiedeva maggiore democrazia e rispetto dei diritti umani, e per questo fu censurato dalla leadership di Pechino. Suo fratello He Weitong, anch’egli un esperto di diritto, fu arrestato lo scorso novembre per aver pubblicato su WeChat un video dello Stato islamico come forma di protesta per la visita a Pechino di alcuni esponenti talebani.

“Libertà di stampa, indipendenza della magistratura, diritti umani, tutele sindacali e delle organizzazioni sociali – scrive AsiaNews – sono al centro delle richieste di He per la creazione di uno Stato di diritto in Cina”.

He rimane una delle poche voci apertamente critiche del regime. Le sue parole riecheggiano quelle di altri due intellettuali. L’avvocato per i diritti umani Xu Zhiyong, anche lui in passato docente alla Beijing University, si è scagliato di recente contro Xi per la sua “incapacità” nel gestire la crisi del coronavirus, la guerra commerciale con gli Usa e le proteste pro-democrazia a Hong Kong. Xu è stato arrestato sabato, 15 febbraio, a Guangzhou (Guandong) nel corso di un “controllo sanitario” per prevenire il diffondersi del coronavirus.

Un altro docente di diritto, Xu Zhangrun, dell’università Qinghua, ha rimproverato le autorità per i fallimenti nel contrastare la crisi epidemica. Secondo Xu, l’azione repressiva e tirannica del governo ha provocato ritardi nella risposta, favorendo così l’espandersi del Covid-19.

A fronte di questa realtà, le affermazioni di monsignor Sanchez Sorondo, uno dei consiglieri più ascoltati dal papa, ci fanno tornare alla mente i maoisti nostrani degli anni Settanta del secolo scorso, che nei cortei e nelle assemblee dipingevano la Cina come il migliore dei mondi possibili, agitavano il Libretto rosso e inneggiavano a Mao Tse-tung (che allora non era ancora diventato Mao Zedong).

Racconta Massimo Fini che “una volta a Milano, alla Palazzina Liberty, Dario Fo, che si era infatuato della Cina comunista, esaltò il fatto che i cinesi su un fiume (non ne rammento ora il nome) avevano organizzato, per deviarlo, una diga umana. Il buon Dario non si rendeva conto che stava facendo l’esaltazione della schiavitù”.

L’ideologia acceca la ragione e alimenta mostruosità concettuali e pratiche, come abbiamo visto anche durante il sinodo amazzonico, con l’esaltazione di un sistema di vita fondato sulla povertà, la paura e la  superstizione.

Tutto diverso è il realismo cristiano, che nei momenti in cui la società è sconvolta da flagelli come malattie, pandemie e carestie invita alla preghiera e alla penitenza. Perché solo riconoscendosi debole e bisognoso, e alzando lo sguardo a Dio, l’uomo può trovare la forza di reagire. Se invece, come un bambino, resta prigioniero delle fantasie ideologiche, non può fare altro che piagnucolare.

A.M.V.

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