Conclave in quarantena? Andrebbe così…

Caro Valli, che cosa accadrebbe se in tempo di coronavirus la Santa Sede si trovasse nella condizione di dover indire il conclave per l’elezione del nuovo pontefice?

I cardinali presenti in ogni angolo del pianeta non potrebbero raggiungere Roma a causa della soppressione dei voli internazionali e della chiusura dei confini tra le nazioni. E allora? Si voterebbe via Skype? Impossibile, la costituzione apostolica Universi Dominici Gregis sancisce che “l’elezione del Sommo Pontefice si svolgerà entro il territorio della Città del Vaticano”.

È vero che esiste pur sempre un papa emerito, ma la Chiesa precipiterebbe inevitabilmente in un caos istituzionale senza precedenti. Secondo lei, i vertici del governo della Sede apostolica – a parte augurare lunghissima vita al pontefice regnante – hanno preso in considerazione questa remota (ma non troppo) eventualità?

Se fossi io a trovarmi nella difficilissima condizione di dover dipanare una simile matassa, partirei dal principio che le nunziature apostoliche diffuse nel mondo sono missioni diplomatiche della Santa Sede e che, pertanto, sono un’estensione territoriale extra muros della Città del Vaticano; questo escamotage aggirerebbe l’art. 41 della citata costituzione apostolica, ma non risolverebbe le disposizioni successive, quali l’art. 42 che sancisce che “tutti i cardinali elettori dovranno aver avuto e preso conveniente sistemazione nella cosiddetta Domus Sanctae Marthae”.

Sono, comunque, tali e tante le formalità legate alla procedura delle votazioni del conclave da rendere difficilmente immaginabili delle interpretazioni estensive della norma apostolica, se non al prezzo di minare la legittimità e la validità dell’elezione del romano pontefice.

Temo che l’unica soluzione possibile sia quella di intervenire adesso con un motu proprio del sommo pontefice che, senza abrogare la Universi Dominici Grecis, disciplini quei casi di impossibilità sopravvenuta quali pandemie, calamità naturali o guerre che impediscano al di là di ogni ragionevole dubbio il normale svolgimento del conclave.

Le sarei grato se ritenesse di approfondire e pubblicare quello che oggi è un caso di scuola ma che domani potrebbe diventare un caso di attualità.

Lorenzo Gnavi Bertea

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Risponde l’avvocato Francesco Patruno

Personalmente non ritengo che vi siano delle modifiche da apportare alla costituzione apostolica di Giovanni Paolo II, Universi Dominici Gregis. Infatti, essa è molto esaustiva.

Se dei cardinali non potessero giungere a Roma perché impediti (o perché malati o a causa del cordone sanitario frapposto), l’elezione avverrà con i soli cardinali presenti a Roma in quel momento. L’art. 37 statuisce: “Stabilisco inoltre che, dal momento in cui la Sede Apostolica sia legittimamente vacante, i Cardinali elettori presenti debbano attendere per quindici giorni interi gli assenti; lascio peraltro al Collegio dei Cardinali la facoltà di protrarre, se ci sono motivi gravi, l’inizio dell’elezione per alcuni altri giorni. Trascorsi però, al massimo, venti giorni dall’inizio della Sede Vacante, tutti i Cardinali elettori presenti sono tenuti a procedere all’elezione”. Quindi, se i cardinali assenti – dei quali non è specificato il numero (e quindi potrebbe pure essere la maggioranza, da un punto di vista numerico) – non giungessero a Roma entro il termine di attesa stabilito, l’elezione avverrà tra i cardinali presenti a Roma.

Diverse elezioni di papi, nel passato, sono avvenute nonostante alcuni cardinali avessero avuto difficoltà ad arrivare per tempo a Roma. Ad esempio, alla morte di san Pio X, allorché ci fu il conclave per l’elezione di Benedetto XV, i cardinali americani non riuscirono ad arrivare per tempo a Roma a causa della lentezza del trasporto via mare. E quindi rimasero esclusi dal conclave.

Come è stato notato, spetta alla congregazione preparatoria, secondo le proprie facoltà di cui all’art. 13, lett. I, della UDG, fissare il giorno e l’ora dell’inizio delle operazioni di voto. In quella sede, se non vi fossero motivi gravi valutati dalla maggioranza dei cardinali presenti in congregazione preparatoria, che impediscano di iniziare il conclave, il sedicesimo giorno nel pomeriggio si dovrà procedere all’elezione. È stato osservato ancora che in congregazione dovrà essere disposto anche in questo caso il giorno e l’ora dell’ingresso. Questo perché in congregazione, al momento di confermare per il sedicesimo giorno l’inizio del conclave, qualche cardinale potrebbe manifestare alcune possibili cause gravi che, se accolte dal Collegio, porterebbero a protrarre l’ingresso. Se il Collegio cardinalizio valuta nella Congregatio generalis la reale esistenza di una causa grave, sarà possibile attendere fino ad un massimo di venti giorni dal momento in cui la Sede è vacante. Il ventunesimo giorno, pur permanendo la causa grave accertata o sorgendone altre degne di menzione, anche se gravi, si dovrà procedere all’elezione. Il testo letteralmente prevede si graves obstant causae, non più di venti giorni d’attesa ma nulla dispone si gravissimae obstant causae. Come è stato notato: “In questo caso limite è anzitutto necessario che la Congregatio generalis voti, ed approvi, una dichiarazione che riconosce la presenza di una gravissima causa che ostacola il procedere ordinario dell’elezione. Portiamo l’esempio limite di catastrofi naturali, che impediscano lo svolgimento regolare delle operazioni, o di altre cause ritenute gravissime. Questa situazione porta con sé un pericolo, ossia che il conclave venga ritardato sine die, sia perché la causa gravissima permane, sia perché ne sono sopraggiunte altre. La gravità della situazione, la singolarità di questa dichiarazione, il peso e le conseguenze intrinseche, ci portano a considerare alcuni elementi, dai quali non si dovrebbe mai prescindere.

Non si deve mai approvare una dichiarazione di esistenza di gravissima causa ostacolante il conclave senza che sia già indicato, nel medesimo documento, di quanti giorni ritardare l’inizio delle votazioni. Ciò significa che la sola dichiarazione generica di presenza di cause gravissime ostacolanti l’inizio dei lavori dell’elezione non può considerarsi valida per non procedere all’elezione. Non si devono porre delle clausole legate alla causa stessa, come ad esempio: “si attenderà fino a quando la grave causa verrà meno”. Il trascorrere del tempo già porta a sminuire la gravità della causa dal momento in cui si è posta in essere. La dichiarazione potrebbe comportare il bisogno di modificare il luogo dell’elezione, oltre che la data di inizio” (v. qui).

Aggiunge, però, oggi, l’UDG all’art. 39: “Se però dei Cardinali elettori arrivassero re integra, cioè prima che si sia provveduto ad eleggere il Pastore della Chiesa, essi saranno ammessi ai lavori della elezione, al punto in cui questi si trovano.”

E quindi se l’emergenza sanitaria cessasse nel corso del conclave e prima che vi sia stato eletto il papa, ebbene i cardinali sopraggiunti possono entrare in conclave.

Semmai la questione interessante sarebbe quella relativa a quale numero minimo di cardinali debbano entrare in conclave perché l’elezione sia valida.

La costituzione non lo dice.  Penso però – ma questa è una mia opinione – che ci richieda il numero minimo di tre elettori, perché, secondo un’antica massima giuridica, tres faciunt collegium.

Avvocato Francesco Patruno

 

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