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Un abuso di potere che non andrà dimenticato

Cari amici di Duc in altum, vi propongo qui il mio intervento per la rubrica La trave e la pagliuzza di Radio Roma Libera.

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Avrete certamente visto le immagini di quanto è accaduto in una chiesa di Gallignano, frazione di Soncino, in provincia di Cremona, dove un carabiniere ha tentato di interrompere una Santa Messa in corso nella chiesa di San Pietro Apostolo. Un fatto di una gravità inaudita. “Ora non posso, stiamo pregando. Questo è abuso di potere”, ha risposto dall’altare il coraggioso don Lino Viola al militare che voleva farlo parlare al cellulare con il sindaco. Stando ai testimoni, nella chiesa c’erano sei persone in più rispetto a quelle ammesse in base alle regole, ma mantenevano la distanza prescritta, indossavano le mascherine ed erano parenti di vittime del coronavirus che non avevano potuto avere un funerale. “Non ce l’ho fatta a mandarle via” ha spiegato don Lino, che ha aggiunto: “Mai vista in ottant’anni una dissacrazione così. E al comandante ho detto: mandate in giro carabinieri che non hanno il rispetto per il sacro?”.

Tredici o quattordici persone in una chiesa di trecento metri quadrati non costituiscono certamente un assembramento, e comunque, a norma di legge, quel carabiniere non avrebbe mai potuto interrompere la Messa: il sacerdote, celebrando, stava esercitando un diritto garantito dalla nostra Costituzione e confermato dal Concordato tra Stato e Chiesa. Caso mai, il carabiniere, per comminare la sanzione, avrebbe potuto rivolgersi al sacerdote alla fine della Messa. Insomma, quello a cui abbiamo assistito è stato, come ha detto il coraggioso don Lino, un autentico abuso di potere, a dimostrazione di un micidiale mix di arroganza e ignoranza.

Ma ancora più sconcertante, se possibile, è la nota ufficiale emessa dalla diocesi di Cremona in seguito a quanto accaduto domenica scorsa nella chiesa di Gallignano.

Si legge nella nota: “Riguardo alla vicenda la Diocesi di Cremona, pur consapevole dell’intima sofferenza e del profondo disagio di tanti presbiteri e fedeli per la forzata e prolungata privazione dell’Eucaristia, non può non sottolineare con dispiacere che il comportamento del parroco è in contraddizione con le norme civili e le indicazioni canoniche che ormai da diverse settimane condizionano la vita liturgica e sacramentale della Chiesa in Italia e della nostra Chiesa cremonese”.

Capite? La diocesi, anziché difendere i diritti costituzionali di don Lino e di tutti gli altri parroci, dice che il comportamento del celebrante è stato “in contraddizione con le norme civili e le indicazioni canoniche”.

Ipocritamente, la diocesi afferma di sentire “il dovere di ringraziare tutti i presbiteri cremonesi che in questo difficile periodo hanno saputo esprimere un profondo senso di comunione e di appartenenza ecclesiale anche attraverso il rigoroso e puntuale rispetto dell’attuale normativa, consapevoli della responsabilità che la Chiesa ha nei confronti della società civile e della salute dei nostri concittadini”. Ma non una sola parola è spesa per sottolineare il diritto costituzionale esercitato da don Lino Viola e l’abuso di potere delle forze dell’ordine. Anzi, il parroco è in sostanza dato in pasto alla riprovazione dell’opinione pubblica, fino a metterlo in pericolo.

Il fatto che il vescovo di Cremona abbia in sostanza scaricato un suo parroco dimostra a che punto siamo arrivati con il ribaltamento della verità oggettiva.

Ci si aspettava che, almeno, arrivassero le scuse dall’Arma dei carabinieri, ma niente. Il comandante provinciale di Cremona ha anzi difeso l’operato dei militari che in realtà hanno illegalmente, e in modo sacrilego, interrotto la Messa.

La legge stabilisce che le forze dell’ordine possono irrompere in una chiesa e anche sospendere una funzione in caso di reale urgenza, per esempio se si tratta di impedire un omicidio, ma domenica scorsa i carabinieri, per comminare la multa, avrebbero potuto aspettare qualche minuto e avvicinare il parroco alla fine della Messa.

Sconcertante è poi che il carabiniere pretendesse di passare al sacerdote il sindaco, al telefono. Da quando in qua è compito dei carabinieri fare da tramite tra sindaci e parroci? Non è questa una forma di intimidazione?

Se domenica scorsa è stato commesso un reato, il responsabile non è certo don Lino. Il reato è stato commesso dai carabinieri: reato di turbamento di cerimonie religiose, per il quale si può procedere d’ufficio. I carabinieri, spiace dirlo, sono intervenuti senza che ci fosse una necessità urgente e senza prima avvertire il vescovo.

Vedremo se don Lino ricorrerà al prefetto per non pagare la multa. Resta il fatto grave di un reato commesso ai danni suoi e di tutta la Chiesa, e resta il fatto, altrettanto grave, che il vescovo ha scaricato il suo parroco.

Bisogna prendere nota di questi fatti e non dimenticare.

 

Aldo Maria Valli:
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