E invece tutto sarà come prima. A meno che…

Cari amici di Duc in altum, ogni giorno ci sentiamo dire che dopo il coronavirus, niente sarà più come prima. Sarà vero? In proposito ricevo da Silvio Brachetta questa riflessione che volentieri vi propongo. 

A.M.V.

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Diverse voci, in questi giorni, si levano per dire che, dopo l’epidemia del coronavirus, «niente sarà più come prima». Vediamo che cosa ci dicono la storia e la fede.

Prima guerra mondiale, 1914-1918: diciassette milioni di morti, cifra per difetto. C’è fu forse la conversione di massa o lo scoppio della pace perpetua?

No di certo. Anzi, l’anno seguente (1919) vide la Russia sovietica invadere l’Ucraina e dichiarare guerra alla Polonia, la Corea ribellarsi al Giappone, Mussolini costituire i Fasci italiani, la Baviera distaccarsi dalla Germania, la Germania riprendersi la Baviera, i britannici sconfiggere la flotta sovietica a Kronstadt, gli Stati Uniti tollerare la nascita del Partito Comunista d’America, D’Annunzio occupare Fiume e Rutherford creare la prima reazione atomica.

E andiamo all’epidemia spagnola del 1920: cinquanta milioni di morti. La gente incominciò forse a cospargersi il capo di cenere e a vestire il sacco della penitenza? Incominciò a capire qualcosa?

No di certo. Anzi, guerre a parte, iniziò l’epoca del divertimento e della lussuria. Partirono alla grande gli Anni Venti, gli Anni Ruggenti, i fantastici Roaring Twenties, trionfo della spensieratezza. Più efficiente di un virus, la nuova pandemia godereccia divorò ogni ambito intellettuale: cinema, letteratura, musica. Dio fu messo sempre più in un angolo e al suo posto, tra folle plaudenti, fu intronizzato il dio denaro.

Naturalmente, alla fine del decennio, 1929, sopravviene una nuova catastrofe: la Grande Depressione economica e sociale, con il suo ampio strascico di suicidi e criminalità.

A seguito di tante sciagure a catena, l’umanità imbocca forse la via della rinascita spirituale, magari in stile Cluny, o in stile san Benedetto?

Macché. Alla Rivoluzione delle Asturie, nel 1934 succede l’avvento del socialismo e, dal 1936 al 1939, infuria la guerra civile che dilania la Spagna. E questo è nulla. In Europa salgono al potere Hitler e Mussolini; in Oriente Lenin, Stalin e Mao. Stavolta, tra comunismo e nazifascismo, il numero dei morti raggiunge cifre astronomiche: dalle decine di milioni alle centinaia di milioni.

Nel secondo dopoguerra l’uomo si ravvede? Il suo sguardo torna verso Dio? No di certo. Anzi, al posto della guerra sopraggiunge qualcosa d’inedito, d’inaudito. L’uomo impazzisce: guerra fredda, Sessantotto, secolarismo sfrenato, sdoganamento dell’aborto, dell’eutanasia, della bestemmia, dell’adulterio, del vizio, del furto privato e statale, legalizzazione dell’usura. Tutto ciò sempre al netto di guerre e conflitti, mai cessati.

Ecco, tutto è sempre rimasto esattamente come prima. Il cambiamento ha riguardato la tecnica, il costume, la forma esteriore delle cose, l’arte, l’architettura (in peggio), la sensibilità, persino il linguaggio. Ma l’uomo no, è rimasto quello che è sempre stato, almeno dall’avvento della modernità: un supponente, un presuntuoso. E in queste condizioni non può esserci alcun mutamento reale e duraturo della civiltà.

E veniamo al presente: pandemia del 2020. C’è forse un qualche segnale, anche minimo, di cambiamento interiore? No, nell’ambito spirituale tutto è come prima, anzi peggio. Almeno, durante le crisi del passato, la Chiesa docente un qualche embrione di protesta, nei confronti del potere politico, lo imbastiva. Oggi, invece, imbastisce solo un silenzio imbarazzato.

L’uomo sta cambiando? Non sembra proprio. Certo, ci sono i santi e i martiri che, in ogni epoca, ci hanno rimesso la pelle. Le eccezioni ci sono, e più numerose di quanto ci si possa aspettare, ma per il resto si guarda solo al proprio interesse e si spera che tutto finisca presto, per continuare a godere dopo lo scampato pericolo.

C’è un correre, tutto orizzontale, ai vaccini, alle mascherine, al pane, all’attività fisica, alle vitamine, al denaro che manca, alla salute fisica. E il verticale? C’è, ma come eccezione. E una nuova civiltà si fonda sulla regola (quella monastica, ad esempio), non sull’eccezione.

Da dove, allora, si presume che «niente sarà più come prima»? Niente di nuovo, piuttosto, c’è mai sotto il sole, come dice l’Ecclesiaste. A meno che non sorga un Elia o un san Benedetto o un san Francesco che, però, non s’intravvedono all’orizzonte.

Se sorgessero un uomo o una donna di luce, d’intelligenza non corrotta dall’assenza di fede, sarebbe fondata una nuova civiltà. Ma ciò che manca all’epoca odierna, epoca dell’impazzimento, è proprio l’intelletto sostenuto dalla fede.

L’impressione è invece che tutto rimarrà esattamente come prima. E l’umanità, come di consueto, dalla sofferenza e dalla morte non avrà imparato nulla.

Silvio Brachetta

 

 

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