La nomina di Draghi alla Pontificia accademia delle scienze sociali

Draghi nominato da Francesco membro della Pontificia accademia delle scienze sociali

Il Santo Padre ha nominato Membro Ordinario della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali l’Illustre Professore Mario Draghi, già Presidente della Banca Centrale Europea.

Nato a Roma il 13 settembre 1947, il Prof. Mario Draghi si è laureato in Politica Economica presso l’Università degli Studi “La Sapienza” e ha conseguito il dottorato in Economia presso il Massachussetts Institute of Technology. Nel 1981 è diventato Docente Ordinario di Economia e Politica Monetaria presso la Facoltà “Cesare Alfieri” dell’Università di Firenze. È stato Direttore Esecutivo della Banca Mondiale e in seguito Direttore Generale del Ministero del Tesoro del Governo italiano. È stato Governatore della Banca d’Italia dal 2005 al 2011 e Presidente del Financial Stability Board dal 2006 al 2011 quando è diventato Presidente della Banca Centrale Europea fino al 2019. È membro del Consiglio di amministrazione dell’Institute for Advanced Study (IAS) e del Gruppo dei Trenta (G30). È autore di numerose pubblicazioni, con contributi che spaziano dalla macroeconomia all’economia internazionale e alla politica monetaria.

Bollettino della Sala stampa della Santa Sede, 10 luglio 2020

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“Un policy maker di altissima statura”. Quando La Civiltà Cattolica elogiò Draghi

Un super-elogio di Mario Draghi venne fatto dalla Civiltà Cattolica, la rivista dei gesuiti italiani (diretta da padre Antonio Spadaro, consigliere molto ascoltato da papa Bergoglio), nel novembre del 2019, in un articolo nel quale si poteva leggere che Draghi «è stato protagonista di una delle fasi più complesse della storia recente d’Europa. Il suo servizio come presidente della Banca centrale europea è stato decisivo per salvare l’Unione economica e monetaria, e grazie al suo contributo si presenta oggi la straordinaria opportunità di completarla».

L’elogio di Draghi, ex studente dell’Istituto Massimo di Roma, retto dai gesuiti, fu anche l’occasione di esprimere l’auspicio che l’Italia potesse archiviare le «istanze populiste» euro-scettiche, per attuare le «necessarie riforme» richieste dalla costruzione europea.

E poi, ancora sull’ex presidente della Bce: «In contesti del tutto inediti, dominati dall’incertezza e dallo scetticismo, Draghi ha saputo prendere decisioni sulla base di analisi rigorose, con audacia e guidato da una visione altissima dell’Europa, unita ben oltre la moneta come nel progetto dei Padri fondatori. Ha creato così le condizioni perché il processo di unione dei nostri Paesi giunga a compimento».

Insomma, scriveva padre Guido Ruta, dottore di ricerca in Economia presso la New York University, Draghi si può definire un «policy maker di altissima statura: alla gratitudine si aggiunge l’auspicio che il suo modo di procedere senza retorica, con approfondimento e visione, venga assunto in ambiti più ampi della politica sia europea sia italiana».

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“Un vile affarista, liquidatore dell’industria pubblica”. Quando Cossiga demolì Draghi

A volte ritornano. E Mario Draghi, orfano della presidenza alla Banca centrale europea, sembra tornato per restare. Purtroppo. Anche perché Draghi ha fatto un ritorno col botto: «Gli Stati devono fare subito debito [pubblico] per immettere liquidità nelle economie nazionali», ha detto al Financial Times, di fatto smentendo la politica dell’austerità da lui alacremente sostenuta da governatore della Bce (2011-2019). In altri tempi, avremmo liquidato questa uscita come un goffo tentativo di rilancio e autopromozione, se non fosse che le opposizioni hanno accolto con giubilo la sua presa di posizione. «Grazie Draghi per le sue parole: è caduto il mito del non si può fare debito… Si può fare.  Benvenuto, ci serve l’aiuto di tutti, anche del suo. Sono contento di quello che potrà nascere da questa intervista», ha affermato in Senato Matteo Salvini, che già in novembre aveva scelleratamente aperto a un’elezione di Draghi al Quirinale.

Chi è veramente Mario Draghi

La posizione di Salvini è effettivamente inqualificabile. Anche perché il leader della Lega non può non sapere chi è Mario Draghi. E cioè quello che disse «l’euro è irrevocabile», quello che, per salvarlo questo euro, era letteralmente pronto a tutto (il famoso whatever it takes). Insomma, fiat Euro et pereat Italia. A ricordarci chi è Mario Draghi c’è però un video che, in queste ore, sta tornando virale. È quello in cui Francesco Cossiga schizzò un ritratto a tinte molto vivide e fosche dell’ex presidente della Bce. Era il 2008 e Draghi ricopriva allora la carica di governatore della Banca d’Italia, e già si vociferava di una sua possibile ascesa a Palazzo Chigi. Ospite a Unomattina dal malcapitato Luca Giurato, Cossiga ci andò giù durissimo: «Un vile affarista non si può nominare presidente del Consiglio dei ministri», fu infatti la picconata dell’ex capo di Stato.

La «picconata» di Cossiga

Di fronte a un Luca Giurato interdetto, Cossiga demolì Draghi in circa un minuto di tempo: non si può nominare premier «chi è stato socio della Goldman & Sachs, grande banca d’affari americana. E male, molto male, io feci ad appoggiarne, quasi a imporne la candidatura [alla Banca d’Italia] a Silvio Berlusconi, male, molto male!». E ancora: Draghi «è il liquidatore, dopo la famosa crociera sul Britannia, dell’industria pubblica, la svendita dell’industria pubblica italiana, quand’era direttore generale del Tesoro. E immaginati che cosa farebbe da presidente del Consiglio dei ministri. Svenderebbe quel che rimane: Finmeccanica, l’Enel, l’Eni, e certamente ai suoi ex comparuzzi di Goldman & Sachs».

A latere di queste parole di Cossiga, è da specificare che il famigerato incontro sul panfilo Britannia del 1992, in cui si trattò la svendita dell’industria pubblica italiana alla finanza angloamericana, è di solito derubricato a «complottismo» da parte degli «sbufalatori» di professione. Ebbene, il discorso di Draghi sul Britannia è stato divulgato due mesi fa dal Fatto Quotidiano: chiunque abbia tempo, e soprattutto stomaco, se lo legga e ne tragga le sue conclusioni.

Valerio Benedetti

Il primato nazionale, 27 marzo 2020

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