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“Non ratificate l’accordo con Pechino”. L’appello di Mike Pompeo alla Santa Sede

Cari amici di Duc in altum, vi propongo il mio più recente intervento per la rubrica La trave e la pagliuzza in Radio Roma Libera.

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L’appello che il segretario di Stato degli Stati Uniti Michael Pompeo ha rivolto al Vaticano sulla Cina è importante e significativo.

Pompeo sottolinea che la situazione dei diritti umani in Cina si è gravemente deteriorata sotto il governo autocratico di Xi Jinping, soprattutto per chi professa una fede religiosa. Gli abusi non si contano e davanti a una tale situazione oggi più che mai il popolo cinese avrebbe bisogno del sostegno della Santa Sede.

In vista dei colloqui tra Pechino e Santa Sede per il rinnovo dell’accordo, tuttora segreto, siglato due anni fa, il segretario di Stato sottolinea che l’intesa non ha protetto per nulla i cattolici cinesi. Tutte le notizie che arrivano dalla Cina, come lo stesso rapporto annuale sulla libertà religiosa del Dipartimento di Stato, vanno nella stessa direzione: le autorità comuniste continuano a chiudere le chiese, a spiare e a molestare i fedeli, e ribadiscono in ogni modo che è il Partito l’autorità suprema in materia religiosa. Un quadro inaccettabile.

Legittimando sacerdoti e vescovi cinesi la cui lealtà verso Roma è ambigua, la Santa Sede, afferma Mike Pompeo, confonde i cattolici della Cina e di tutto il mondo. La libertà della Chiesa è messa radicalmente in discussione e si lascia che trionfino paura e sottomissione.

La recente imposizione da parte del governo a Hong Kong di una legge sulla sicurezza nazionale imposta da Pechino solleva lo spettro, afferma ancora il rappresentante dell’amministrazione Trump, che il Partito comunista utilizzerà le stesse tattiche di intimidazione e l’apparato di repressione statale contro i credenti.

Molte nazioni, sottolinea il capo della diplomazia Usa, si sono unite agli Stati Uniti nell’esprimere la loro ripugnanza per l’accelerazione delle violazioni dei diritti umani da parte del regime cinese, compresa la libertà religiosa. L’anno scorso, ventidue nazioni hanno inviato una lettera al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite per denunciare la detenzione di oltre un milione di musulmani uiguri di etnia kazaka e di altre minoranze nei cosiddetti campi di «rieducazione» nello Xinjiang. L’Alleanza interparlamentare sulla Cina, che comprende legislatori delle democrazie di tutto il mondo, ha deplorato le atrocità che il Partito sta compiendo. Il Dipartimento di Stato ha fatto sentire la sua voce per la libertà religiosa in Cina e nel mondo e ha preso provvedimenti perché coloro che commettono abusi siano ritenuti responsabili delle loro azioni. E «continueremo a farlo» promette Pompeo.

«La Santa Sede ha la capacità e il dovere unico di concentrare l’attenzione del mondo sulle violazioni dei diritti umani, specialmente su quelle perpetrate da regimi totalitari come Pechino. Alla fine del ventesimo secolo, il potere di testimonianza morale della Chiesa ha contribuito a ispirare coloro che hanno liberato l’Europa centrale e orientale dal comunismo, così come coloro che hanno sfidato i regimi autocratici e autoritari in America Latina e in Asia orientale».

«Lo stesso potere di testimonianza morale – afferma il segretario di Stato – dovrebbe essere esercitato oggi nei confronti del Partito comunista cinese. Il Concilio Vaticano II e i papi Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco hanno insegnato che la libertà religiosa è il primo dei diritti civili. La solidarietà è uno dei quattro principi fondamentali della dottrina sociale cattolica. Ciò che la Chiesa insegna al mondo sulla libertà religiosa e sulla solidarietà dovrebbe ora essere trasmesso con forza e perseveranza dal Vaticano di fronte agli incessanti sforzi del Partito comunista cinese per piegare tutte le comunità religiose alla volontà del Partito e al suo programma totalitario».

La storia, scrive infine Pompeo nel messaggio, insegna che «i regimi totalitari possono sopravvivere solo nell’oscurità e nel silenzio, se i loro crimini brutali restano inavvertiti. Se il Partito comunista cinese riuscirà a mettere in ginocchio la Chiesa cattolica e le altre comunità religiose, i regimi che disprezzano i diritti umani saranno incoraggiati, e il costo della resistenza alla tirannia aumenterà per tutti i credenti coraggiosi che onorano Dio al di sopra dell’autocrate di turno. Prego che, nel trattare con il Partito comunista cinese, la Santa Sede, e tutti coloro che credono nella scintilla divina che illumina ogni vita umana, ascoltino le parole di Gesù nel Vangelo di Giovanni: “La verità vi renderà liberi”».

Su AsiaNews, intanto, Li Ruohan (pseudonimo dietro il quale si nasconde uno studioso del Nord della Cina), scrive che sebbene alcune personalità vaticane affermino che lo scopo dell’accordo è promuovere l’unificazione della Chiesa in Cina e il miglioramento della vita della Chiesa sotterranea, «purtroppo, proprio dopo la firma, la situazione della Chiesa in Cina è divenuta sempre peggiore. La campagna di demolizione delle croci non è cessata e ai giovani minori di diciotto anni è vietato entrare in chiesa». Tutti provvedimenti che «sono parte di una politica di persecuzione» e che sotto molti aspetti ricorda l’accordo che la Santa Sede strinse con la Germania nazista, quando i cattolici tedeschi venivano accusati di non essere veri tedeschi perché accettavano l’autorità di Roma.

Sempre su AsiaNews il direttore, padre Bernardo Cervellera, racconta la vicenda emblematica di padre Liu Maochun, sacerdote della Chiesa sotterranea nella diocesi di Mindong, rapito da membri dell’Ufficio affari religiosi e tenuto segregato (non si sa dove) perché appartiene alla Chiesa non ufficiale e si rifiuta di sottoscrivere l’adesione alla Chiesa sottomessa al Partito comunista cinese.

Problemi e pressioni, scrive padre Cervellera, riguardano anche il vescovo di Mindong, monsignor Vincenzo Guo Xijin, considerato una delle vittime dell’accordo sino-vaticano firmato due anni fa. La diocesi di Mindong, dove la stragrande maggioranza dei cattolici e del clero è fedele alla Chiesa sotterranea e non a quella cosiddetta «ufficiale» controllata dal Partito, è divenuta una specie di progetto pilota per l’attuazione dell’accordo.

Ricordiamo che proprio in seguito all’accordo segreto tra Pechino e Santa Sede, con l’eliminazione della scomunica al vescovo ufficiale Vincenzo Zhan Silu, su richiesta di papa Francesco monsignor Guo ha accettato di essere retrocesso a vescovo ausiliare per lasciare la sede di ordinario a monsignor Zhan. Ma monsignor Guo, non avendo firmato l’adesione alla Chiesa «indipendente», non è stato riconosciuto dal governo, e per fare pressione su di lui le autorità hanno cercato di allontanarlo dall’episcopio tagliando luce e acqua.

Aldo Maria Valli

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