L’imposizione della Comunione sulla mano: un abuso e una forma di clericalismo

Cari amici di Duc in altum, l’imposizione della Comunione sulla mano, giustificata da infondate ragioni igieniche, è in realtà un abuso e una forma di clericalismo. Lo spiega don  Federico Bortoli in questo esaustivo contributo che volentieri vi propongo. Don Federico è sacerdote della diocesi di San Marino-Montefeltro.

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di don Federico Bortoli

La questione della Comunione sulla mano è una tematica che mi sta molto a cuore e ho ampiamente trattato nel mio libro La distribuzione della Comunione sulla mano edito da Cantagalli, con la prefazione del cardinale Robert Sarah. Perciò in queste righe non affronterò il tema nel suo complesso, con tutte le sue problematiche, ma mi limiterò a considerare se esiste un fondamento medico-scientifico e giuridico per imporre la Comunione sulla mano, come si sta facendo in molti luoghi. Naturalmente per ciò che concerne l’ambito medico farò riferimento a esperti in materia, mentre per l’aspetto giuridico cercherò di dare il mio contributo di canonista, basandomi su ciò che dice realmente il diritto canonico, che come ho avuto modo di apprendere nei miei studi è essenzialmente la ricerca di “ciò che è giusto” in modo oggettivo ed è garanzia affinché vengano salvaguardati i diritti dei fedeli. Spesso, invece, si ha l’impressione che il diritto o presunto tale venga utilizzato come strumento per imporre le proprie idee, calpestando le norme reali e i diritti dei fedeli, approfittando solamente della propria posizione di potere.

A seguito dell’attuale situazione sanitaria legata al Covid, in molti luoghi la Comunione in bocca viene negata, ponendo serie difficoltà di coscienza sia ai fedeli che desiderano ricevere l’Eucaristia in tal modo, sia ai sacerdoti che desiderano rispettare il diritto dei fedeli stessi a comunicarsi così.

Il divieto della Comunione in bocca viene giustificato basandosi sul fatto che tale modalità sarebbe, in maniera certa e inequivocabile, più rischiosa rispetto alla Comunione sulla mano per la contaminazione da Covid. Come vedremo, di questo non vi è alcuna evidenza scientifica oggettiva. Sul tema ci sono opinioni contrastanti, come del resto su tutta la questione Covid si sente tutto e il contrario di tutto all’interno della stessa comunità scientifica, e non si capisce perché debbano valere di più le opinioni di certi medici piuttosto che di altri, solo perché coincidono con il proprio punto di vista del tutto personale. È necessario valutare le cose con la maggiore oggettività possibile.

Tutti i medici concordano sul fatto che, in base alla letteratura scientifica, il Covid si trasmette attraverso goccioline (droplets): in altre parole il coronavirus deve letteralmente “prendere il volo” per poter infettare, e ciò può avvenire con starnuti, colpi di tosse e parlando a voce alta. Inoltre, alcuni medici come il dottor Paolo Gulisano, epidemiologo presso l’ospedale di Lecco e il dottor Fabio Sansonna, chirurgo presso l’ospedale Niguarda di Milano, evidenziano che la stessa saliva finché non passa dallo stato liquido, come è normalmente in bocca, allo stato di goccioline è innocua. Oltretutto la saliva stessa contiene il lisozima che è un disinfettante naturale, il quale agisce contro i virus e i batteri.

Il professor Filippo Boscia, presidente nazionale dei medici cattolici, sostiene che sono proprio le mani, toccando tutto, a essere la parte del corpo più esposta ai virus e che pertanto è proprio la Comunione sulla mano a essere più pericolosa. Di fronte a tale considerazione si obbietterà che, utilizzando il gel disinfettante e non facendo lo scambio della pace, tale problema non sussiste. In realtà, dopo esserci disinfettate le mani all’ingresso della chiesa, con le mani inevitabilmente si tocchiamo le panche e altri oggetti. Ma soprattutto, in molte chiese, nonostante le attuali normative dicano che le offerte devono essere lasciate prima o al termine della funzione in un apposito contenitore (qui sì che si che si può tranquillamente trasgredire la norma), da tempo si è cominciato a raccogliere le offerte durante l’offertorio, pur utilizzando un oggetto adeguato per mantenere la distanza. Resta il fatto che i fedeli, dopo avere toccato il denaro, banconote o monete che siano (e si sa che dal punto di vista igienico sono tra le cose più sporche), ricevono l’Eucaristia sulla mano e se la portano alla bocca. Qualcuno dovrebbe spiegare dove sta l’igiene in questo caso. Per di più, molti sacerdoti notano che proprio distribuendo la Comunione sulla mano, con molta facilità, entrano in contatto con la mano del fedele, per quanto si cerchi di evitarlo, mentre con la Comunione in bocca molto raramente si viene in contatto con la lingua o le labbra del fedele e, se dovesse capitare, è sufficiente procedere alla disinfezione delle dita. Quindi, è proprio la Comunione sulla mano a essere meno sicura dal punto di vista igienico.

Ben ventuno medici cattolici austriaci, nel giugno scorso, rifacendosi alle considerazioni del professor Boscia, hanno chiesto alla loro conferenza episcopale di rimuovere il divieto della Comunione in bocca e la conferenza ha tolto questo divieto. Nel settembre scorso anche ventisette medici tedeschi hanno fatto la medesima richiesta alla loro conferenza episcopale.

Chiarito quindi che non vi è alcuna seria e oggettiva ragione sanitaria per imporre la Comunione sulla mano, analizziamo ora la questione dal punto di vista giuridico, cercando di capire se i vari provvedimenti volti a vietare la Comunione sulla lingua siano leciti e validi.

Innanzitutto si sostiene che la Comunione sulla mano sarebbe una richiesta tassativa dello Stato per garantire la salute pubblica, la cui non osservanza porterebbe addirittura a conseguenze penali. A tal proposito, chi ritenesse che lo Stato possa determinare nel concreto un rito liturgico, segnalo che il cardinale Sarah, quando era prefetto del Culto divino, il 12 settembre scorso ha reso pubblica una lettera ufficiale del 15 agosto 2020, approvata in forma specifica dal Santo Padre, in riferimento all’attuale situazione sanitaria, dove si ricorda che «le norme liturgiche non sono materie sulla quale possono legiferare le autorità civili, ma soltanto le competenti autorità ecclesiastiche», facendo riferimento diretto a Sacrosanctum Concilium 22 e al can. 838 del Codice di diritto canonico. Tanto per rispondere a chi distribuisce con tanta superficialità patenti di disobbedienza al Papa e al Vaticano II, senza alcun fondamento. Ci può stare che vengano date indicazioni circa il distanziamento e l’uso delle mascherine, ma non certo determinare come si debba svolgere un rito liturgico. In ogni caso, stando all’ultimo documento emanato dal ministero dell’Interno stilato sulla base del famoso Comitato tecnico-scientifico, si parla solo di “raccomandazione” di evitare la distribuzione della Comunione in bocca. Quindi non vi è assolutamente alcun obbligo e tantomeno alcuna conseguenza penale nel non osservare tale raccomandazione.

Inoltre, è molto interessante considerare che nei protocolli siglati dallo Stato italiano con le Comunità ortodosse, protestanti, evangeliche e anglicane, al momento della Comunione si chiede solamente di non venire a contatto con i fedeli, senza assolutamente entrare nel dettaglio di come si debba svolgere questo rito. Ed è risaputo che le Comunità ortodosse fanno sempre la Comunione sotto le due specie utilizzando un cucchiaino che viene avvicinato alla bocca di ogni fedele. Anche alcune comunità luterane fanno la Comunione in bocca e in ginocchio. Quindi lo Stato verso queste comunità non ha affatto preteso che la Comunione venga fatta solo ed esclusivamente in mano; stanno svolgendo il rito di Comunione come hanno sempre fatto. La stessa raccomandazione di evitare la Comunione in bocca indirizzata alla Cei è stata fatta solo dopo una sollecitazione da parte della stessa Cei e nel primo protocollo si parla solo di non venire a contatto con le mani dei fedeli, senza escludere la Comunione in bocca. Pertanto è falso affermare che lo Stato o la Cei pretendono in modo tassativo la Comunione sulla mano.

Molti sostengono che le conferenze episcopali regionali e/o il singolo vescovo diocesano possano proibire la Comunione in bocca. Ma è veramente così? Innanzitutto possiamo notare che questi “provvedimenti” sono per lo più semplici comunicati o lettere, presentando quindi delle lacune dal punto di vista formale e giuridico e pertanto non possono in alcun modo abrogare o sospendere la norma generale della Comunione in bocca. Perché è proprio questo il punto fondamentale: la Comunione sulla lingua è la norma generale che regola la distribuzione dell’Eucaristia, confermata in modo solenne dalla Santa Sede con l’Istruzione Memoriale Domini del 29 maggio 1969. Quindi è il legislatore supremo, la Sede Apostolica, ad aver confermato la norma generale della Comunione in bocca. La stessa Istruzione prevede anche la possibilità di chiedere l’indulto della Comunione sulla mano, che dal punto di vista giuridico è una eccezione alla legge e che pertanto non può per sua natura diventare la norma generale. Per questo motivo un vescovo nella propria diocesi può fare tranquillamente un decreto con il quale vieta la Comunione sulla mano (come ha fatto il vescovo di Oruro in Colombia nel 2016), ma non può fare il contrario, ossia vietare la Comunione in bocca.

Si sostiene, però, che in caso di emergenza sanitaria, quanto sopra non vale. In realtà non vi è alcun fondamento giuridico in tale affermazione. Per di più abbiamo già dimostrato che non vi sono evidenze scientifiche oggettive per affermare che la Comunione sulla mano sia più sicura dal punto di vista igienico rispetto alla Comunione in bocca. Ma ammesso che si dimostrasse questo, solo il legislatore supremo, ossia la Santa Sede, potrebbe cambiare la norma generale della Comunione in bocca (e al momento non l’ha ancora fatto). Nessuna autorità inferiore può modificare questa norma, quindi nessuna conferenza episcopale nazionale, regionale o il singolo vescovo può modificare la norma generale della Comunione in bocca.

Lo stesso canone 838 del Codice di diritto canonico è estremamente importante in tal senso, perché ricorda proprio che regolare la sacra liturgia spetta alla Sede Apostolica, sottolineando che il vescovo diocesano può legiferare in materia liturgica entro i limiti della sua competenza. Le stesse conferenze episcopali hanno dei limiti ben determinati, come stabilisce il canone 455. Perciò se un vescovo o una conferenza episcopale vietano la Comunione in bocca, anche nel caso in cui al posto di comunicati o lettere utilizzano decreti (più corretti dal punto di vista formale), oltrepassano comunque i limiti della loro competenza, compiendo un vero e proprio abuso di potere. Questi provvedimenti pertanto risultano essere invalidi e non hanno alcuna forza obbligante, né per i sacerdoti né per gli altri fedeli. Si dirà che per altre questioni, come l’abolizione dello scambio della pace (recentemente modificato), non si sono poste obiezioni, ma questo intervento rientra nel proprio ambito di competenza, anzi lo stesso celebrante ha facoltà sempre di ometterlo, non essendo obbligatorio. Quindi è davvero paradossale che certi pastori pretendano l’obbedienza a certe “norme” stabilite in modo arbitrario, quando essi stessi sono i primi disobbedienti alle autentiche norme della Chiesa.

L’attuale Ordinamento generale del Messale Romano e l’Istruzione Redemptionis Sacramentum del 25 marzo 2004 confermano in maniera chiara e inequivocabile che il fedele ha sempre e comunque il diritto di ricevere la Comunione in bocca, anche dove è consentita la Comunione sulla mano. Non solo, la stessa Istruzione al n. 91 ricorda che non è lecito negare la Santa Comunione a seconda del modo che uno sceglie per comunicarsi, citando il canone 843 § 1, che stabilisce che «i ministri sacri non possono negare i sacramenti a coloro che li chiedono opportunamente». Ora, come si può negare la Comunione semplicemente perché un fedele chiede di riceverla in un modo stabilito dalla Chiesa? Il fedele che non vuole ricevere la Comunione sulla mano non lo fa perché è fissato, rigido e formalista, ma perché con questa modalità ci sono molti inconvenienti, primo fra tutti l’inevitabile dispersione di frammenti eucaristici. La rigidità piuttosto la si riscontra in chi vuole imporre con la forza la Comunione sulla mano. In sostanza si dice: “Vuoi la Comunione? O la predi in mano o niente!”. Complimenti, e poi ci riempiamo la bocca di carità e sensibilità pastorale, di vicinanza ai fedeli, di essere misericordiosi e comprensivi. In realtà questa imposizione appare né più né meno come una forma di clericalismo, mai tanto combattuto come in questo tempo, ma solo a parole. Diversi sacerdoti, pur essendo contrari alla Comunione sulla mano, non la negano e nell’attuale situazione, per venire incontro alle difficoltà di alcuni fedeli, disorientati da tante informazioni contrastanti che ricevono, fanno comunicare prima coloro che vogliono la Comunione in mano e poi alle fine quelli in bocca. Quindi è sufficiente un po’ di buon senso. Mi pare che questi sacerdoti dimostrino un’apertura e una elasticità mentale ben maggiore di certi novelli farisei e legalisti. E invece cosa si fa? Chi rispetta la libertà di scelta dei fedeli, con le dovute attenzioni, viene accusato di disobbedienza e, senza alcun fondamento scientifico, di essere un irresponsabile, un untore, di essere causa di propagazione del virus, di non preoccuparsi della salute della gente. Come siamo bravi a stravolgere la realtà!

Piuttosto sembra che, nell’attuale situazione, si sia presa la palla al balzo per dare un’ultima spallata alla Comunione in bocca, detestata da molti per motivi ideologici. Ne è prova il fatto che qualche vescovo ha addirittura definito la Comunione sulla lingua un abuso liturgico, quando in realtà è proprio la Comunione sulla mano a essersi imposta come un abuso liturgico, che poi è stato successivamente legalizzato. Sono numerosi i fedeli che, anche prima dell’inizio della pandemia, sono stati derisi, presi in giro e gravemente offesi dai propri pastori solo perché desideravano ricevere la Comunione in bocca e in ginocchio, dimostrando anche in questo caso una proverbiale carità e sensibilità pastorale. A loro veniva intimato, con estrema severità, di alzarsi, altrimenti non avrebbero ricevuto l’Eucaristia: questo sì che è un abuso, come ricorda Redemptionis Sacramentum n. 91. Ma, di fronte a tanti casi del genere, non si è preso nessun provvedimento, anzi c’è stato un tacito assenso.

Mi pare che molti fedeli oggi dimostrino di aver più fede nella Presenza Reale di Nostro Signore e di aver più rispetto nell’Eucaristia rispetto a tanti pastori che, invece di fare crociate contro la Comunione in bocca, dovrebbero forse prendere esempio dalla fede dei piccoli e semplici pastorelli di Fatima che così pregavano con la preghiera insegnata loro dall’Angelo: «Mio Dio, io credo, adoro, spero e Ti amo. Ti chiedo perdono per quelli che non credono, non adorano, non sperano e non Ti amano. Santissima Trinità, Padre e Figlio e Spirito Santo, io Ti adoro profondamente e Ti offro il Preziosissimo Corpo, Sangue, Anima e Divinità di nostro Signore Gesù Cristo, presente in tutti i Tabernacoli del mondo, in riparazione degli oltraggi, sacrilegi ed indifferenze con cui Egli stesso ê offeso. E per i meriti infiniti del Suo Cuore Sacratissimo e del Cuore Immacolato di Maria, Ti domando la conversione dei poveri peccatori».

 

 

 

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