“Io, ragazzo di Giovanni Paolo II, non ho dimenticato il grande papa!”

Cari amici di Duc in altum, dopo la lettera del lettore Giovanni (qui) che si è chiesto che fine abbiano fatto i giovani di Giovanni Paolo II, ecco una risposta.

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di Mario Grifone

Caro Valli, qualche giorno fa un suo lettore le ha scritto chiedendo dove sono finiti i giovani di san Giovanni Paolo II.

Dopo averlo letto mi sono sentito chiamato in causa, essendo io proprio uno di quei giovani, e non voglio lasciare inevasa la domanda del suo lettore.

San Giovanni Paolo II fu eletto al soglio pontificio nel 1978, quando avevo diciannove anni. Ricordo molto bene quell’anno, si era negli anni di piombo, la gente usciva poco per paura di disordini, l’Italia giaceva sotto una cappa di odio e mezza Europa soffriva un regime dispotico del quale non si vedeva via di uscita: sembrava inespugnabile ed eterno. Noi stessi eravamo confusi e divisi più che altro dalla politica. Ed ecco che arriva un giovane papa dell’Est le cui prime parole furono “Non abbiate paura, aprite, anzi spalancate le porte a Cristo”. Il primo effetto fu quello simile a una ventata di aria fresca in un clima grigio: uno spiraglio di sole inaspettato. Oltretutto l’uomo che pronunciava quelle parole veniva da un paese allora semisconosciuto perché chiuso dalla cortina di ferro. Un paese che aveva subito la dominazione nazista e in quel momento stava subendo quella comunista. Se lo scopo del papa era quello di dare una smossa a noi giovani di quegli anni, direi che quanto meno suscitò la nostra attenzione.

Nel 1983 – avevo ventiquattro anni – il papa venne a Milano e poi a Monza. Ricordo molto bene quei momenti e in particolare la folla oceanica all’autodromo di Monza dove furono pronunciate queste parole: “Credete in Cristo! Fidatevi di Cristo! Amate Cristo! Egli si è incarnato per illuminare la vostra intelligenza con la verità che è lui stesso! Per dare alla vostra volontà la forza di compiere il bene e di spezzare le catene della schiavitù del peccato! Per darvi la capacità esaltante di rivolgervi all’Assoluto, all’Infinito, per chiamarlo con disarmante semplicità: Abbà! Padre!

Questa fede in Cristo deve operare una radicale trasformazione interiore, deve diventare una nuova vita: Vivere in Cristo! Questa vita in Cristo, animata e fecondata dai Sacramenti, in particolare quelli della Riconciliazione e della Eucaristia, è come un cammino in novità di vita. Questa vostra unione con Cristo, questa comunione con lui deve risolversi e concretarsi anche in una comunione con gli altri. La vostra fede deve diventare una presenza e una testimonianza nel mondo; deve cioè esprimersi nei vari livelli della vostra quotidianità: dovete vivere da cristiani tutte le dimensioni: quelle familiari, quelle culturali, quelle artistiche, quelle sociopolitiche, in una parola tutte le dimensioni umane!”.

Un discorso che su giovani poco più che ventenni ebbe un effetto fortissimo: finalmente qualcuno che ci indicava nuovi orizzonti, un papa che ci catechizzava con una nuova modalità, ci invitava a prendere in mano la nostra vita senza paura. E gli effetti si videro immediatamente: moltissimi miei coetanei che, come me, si erano fino a quel momento interessati poco della Chiesa cominciarono a seguire quest’uomo straordinario che sentivano tanto vicino a loro. In quello stesso anno andai a Roma in occasione della Settimana Santa e ricordo un magnifico incontro coi noi ragazzi nel cortile di San Damaso, un Giovanni Paolo II in splendida forma davanti a noi a sollecitare domande. Si alzò una ragazza che gli domandò se poteva dargli un bacio e lui, con molta semplicità le disse “Vieni”, cosa che fece tra gli applausi e la commozione di tutti noi perché quel bacio lo sentivamo anche nostro.

Posso dire che gli anni dal 1978 al 1984 furono anni di preparazione che culminarono nello splendido discorso ai giovani del 1985 con queste parole che penso siano scolpite in coloro che le ascoltarono dal vivo: “Occorrono araldi del Vangelo esperti in umanità, che conoscano a fondo il cuore dell’uomo d’oggi, ne partecipino gioie e speranze, angosce e tristezze, e nello stesso tempo siano dei contemplativi innamorati di Dio. Per questo occorrono nuovi santi. I grandi evangelizzatori dell’Europa sono stati i santi. Dobbiamo supplicare il Signore perché accresca lo spirito di santità della Chiesa e ci mandi nuovi santi per evangelizzare il mondo d’oggi (11 ottobre 1985).

Quelle parole furono decisive: era una chiamata alle armi che non poteva rimanere senza risposta. La mia vita, come quella di molti altri fu radicalmente cambiata. Mi sposai, non ebbi alcuna paura di avere una famiglia numerosa accettando tutti e cinque i figli che il Signore ci ha donato. Quel papa ci aveva insegnato a vivere con coraggio contro qualunque luogo comune.

Ma oltre a questi discorsi, il santo Papa ci ha lasciato encicliche stupende come Evangelium vitae, Fides et ratio, Veritatis splendor, che ancora oggi segnano il cammino di molti di noi.

Ora, per rispondere al suo lettore, posso dire che quei giovani, ormai sessantenni, sono ancora tutti qua e vivono il momento attuale con grande difficoltà, ma radicati nel messaggio di quel pontefice santo: stanno dentro la Chiesa senza paura di esprimere, quando serve, le proprie idee, fedeli al magistero immutabile della Chiesa, ben sapendo che nessun papa, vescovo o parroco potrà smontarlo. A quei cattolici che, come me, sentono che l’attuale non è la nostra Chiesa suggerisco di rileggere i documenti di san Giovanni Paolo II quanto meno per respirare un po’ di aria buona in mezzo a miasmi di questi brutti tempi.

Non praevalebunt!

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Con contributi di Enrico Maria Radaelli, padre Serafino Maria Lanzetta, padre Giovanni Cavalcoli, Fabio Scaffardi, Alessandro Martinetti, Roberto de Mattei, cardinale Joseph Zen Ze-kiun, Eric Sammons, monsignor Carlo Maria Viganò, monsignor Guido Pozzo, Giovanni Formicola, don Alberto Strumia, monsignor Athanasius Schneider, Aldo Maria Valli.

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