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Perché Benedetto avrebbe organizzato dimissioni invalide?

Cari amici di Duc in altum, da tempo su Libero Andrea Cionci sta sostenendo una tesi: Benedetto XVI si sarebbe volontariamente dimesso in modo invalido. Proprio così: “La chiave del mistero dei due papi  – ha scritto Cionci in uno dei suoi numerosi articoli dedicati al tema – è da ricercare nel modo strategico e intelligente con cui Benedetto ha scritto dimissioni appositamente invalide e in come si è comportato dopo le dimissioni”.

Le argomentazioni sviluppate da Andrea Cionci – sarò sincero – non mi hanno mai convinto. Ma soprattutto mi sembra che non ci sia risposta alla domanda fondamentale: perché mai Joseph Ratzinger avrebbe architettato tutto ciò?

Ho posto la domanda direttamente ad Andrea ed ecco la risposta che mi ha inviato.

A.M.V.

***

di Andrea Cionci

“Il papa è uno solo” ripete Benedetto XVI da otto anni, senza mai spiegare quale. Di dimissioni invalide si era parlato fin dal 2013, ma solo l’anno scorso, su Libero, abbiamo pubblicato le tesi del Frate Alexis Bugnolo che ventilava per la prima volta come gli errori di latino inseriti nella Declaratio di “dimissioni” fossero stati inseriti dal papa non casualmente, bensì per attrarre l’attenzione su un’abdicazione mai avvenuta. Da lì in poi è stato un continuo emergere di indizi sempre più evidenti e probanti circa il fatto che l’intera operazione potesse essere stata organizzata apposta da Ratzinger, ipotesi culminate con il libro della giurista Estefania Acosta Benedict XVI: pope emeritus?

Tutto ciò che è canonicamente impugnabile nelle “dimissioni” sembra, infatti, presente: gli errori di latino che rendono la Declaratio scritta non “rite manifestetur” (debitamente) e col sospetto di forzatura (Cfr. canoni 124 e 146)); l’inversione fra munus e ministerium, con l’inutile rinuncia al secondo (Cfr. canone 332 §2); le dimissioni genericamente dubbie (canone 14) e infine il differimento dell’”ora X” a partire dalla quale Benedetto XVI non sarebbe stato più pontefice, con la mancata ratifica delle “dimissioni”.

L’intera operazione è stata ricostruita qui, ordinando fatti e documenti, con tutti gli approfondimenti del caso. E ancora nessuno ha saputo metterla in discussione.

Di qualche giorno fa, infine, un inequivocabile messaggio di Benedetto XVI individuato in Ultime conversazioni (Seewald-Ratzinger 2016) nella frase: “Nessun papa si è dimesso per mille anni e anche nel primo millennio ciò ha costituito un’eccezione”. Questo parrebbe chiudere definitivamente la partita dato che nessuno è stato in grado di dare una risposta alternativa al riferimento storico a Benedetto VIII con cui  il XVI dice esplicitamente di non aver mai “abdicato”.

Così, alla fine, ai commentatori più scettici, ma intellettualmente onesti, resta solo un’ultima esitazione: “Sì, va bene, ma perché tutto questo?”.

Intanto ci si potrebbe fermare qui.  Freniamo un po’ la curiosità per agire come si deve. A volte capita che una persona chieda aiuto in modo velato e misterioso, come la classica donna che chiama la polizia ordinando la pizza senza farsi così scoprire dal convivente violento. In questi casi, innanzitutto bisogna prendere atto del fatto che 1) nei messaggi c’è qualcosa di strano che non torna 2) la persona è probabilmente in difficoltà 3) evidentemente non può parlare chiaramente 4) avrà avuto i suoi motivi per chiedere aiuto in modo sibillino.

La cosa fondamentale è capire che, per prima cosa, bisogna intervenire, andare a vedere, chiarire, indagare: ci sarà tempo per scoprire tutti i moventi.

Comunque, possiamo fin d’ora tracciare qualche ipotesi sul perché Benedetto XVI avrebbe regalato al popolo cattolico questi otto anni di vacanza (nel senso più esteso del termine) con dimissioni appositamente invalide.

È da duemila anni che si annuncia per la Chiesa un momento di grande crisi, con una presa del potere da parte di forze anticristiche. Abbiamo l’avvento di un “pastore idolo” (profeta Zaccaria), di un “Falso profeta” (Apocalisse di San Giovanni), di una “falsa chiesa stravagante” (beata Katharina Emmerick) di una “Roma sede dell’Anticristo” (Madonna de La Salette), di un “vescovo vestito di bianco” (Fatima), di un “papa della Chiesa della  propaganda” (p. Julio Meinvielle), del “fumo di Satana entrato in Chiesa” (Paolo VI) di una “prova finale con apostasia dall’interno” (art. 675 del Catechismo del 1992), di un’Antichiesa e di un antivangelo” (San Giovanni Paolo II) di “Satana al vertice della Chiesa” (don Stefano Gobbi) … Insomma, la possibilità di un golpe spiritualmente malefico non è certo una novità e si conosce da un pezzo.

Vogliamo dunque ritenere che il cardinale Ratzinger e san Giovanni Paolo II siano rimasti inerti senza predisporre un piano “B”, di emergenza?

Già nel 1983 elaborarono – forse in questa previsione –  la diversificazione “ipnotica” tra munus e ministerium dell’incarico papale: talmente efficace che ancor oggi persino gli addetti ai lavori, a volte, ci si perdono. Su Libero abbiamo ipotizzato che si possa trattare di un “meccanismo a specchio” ispirato alla visione allo specchio del vescovo vestito di bianco dei pastorelli di Fatima.

Quindi, considerando che gli attacchi (documentati), della Mafia di San Gallo provenivano dall’interno, e ammettendo che questi fossero espressione di quanto profetizzato da duemila anni, da un punto di vista strategico, il sistema di reazione migliore per papa Ratzinger non poteva certamente essere quello di una contrapposizione frontale e asimmetrica. Ci immaginiamo – come vorrebbero certi sedevacantisti – Benedetto XVI nel 2005, con tutto il mondo che lo dipinge come un arcigno papa oscurantista e retrivo, far piovere scomuniche sui modernisti, sospendere qui, cacciare di là?

Sarebbe stato un suicidio politico: non avrebbe fatto altro che rafforzare la propaganda dei suoi nemici, interni ed esterni alla Chiesa, condannando non solo se stesso, ma anche preparando, forse, in reazione, una successione legale con un papa modernista.

Quando monsignor Viganò individua nel Concilio la radice della deriva attuale non sbaglia e certo nel 2013 la metastasi del modernismo neo-ariano-luterano, (con un’omosessualità del clero ormai endemica) era ormai giunta ad uno stato che imponeva una decisione drastica. Vatileaks aveva financo evidenziato una feroce guerra intestina tra fazioni e perfino presunti piani per eliminare fisicamente il Pontefice.

Arrivato il momento, Benedetto XVI ha quindi probabilmente tirato la “leva di emergenza” senza esitazioni, volontariamente, in scienza e coscienza.  Il modo più intelligente, efficace e santo di reagire era quello di una ritirata (parola che usa spesso), non prima di aver “minato” il terreno di invasione nemica. Negli studi strategici si definirebbe un “piano d’inganno” con “ritirata elastica” e “falso bersaglio”.

Ratzinger ha dato in pasto ai lupi che lo assediavano la “polpetta” del ministerium e, ritirandosi in un ruolo da presunto papa emerito, ha conservato il munus,  concedendo alle forze nemiche in seno alla Chiesa un tempo sperimentale, per svelarsi, in modo che il popolo cattolico venisse scandalizzato, che comprendesse il vuoto e i contenuti teologicamente distruttivi del modernismo massonico asservito al mondialismo.

I cattolici dovevano vedere l’idolo pagano intronizzato in San Pietro, la “Madonna meticcia sollievo dei migranti”, gli stravolgimenti dottrinali, i cambiamenti politically correct nel messale, la rugiada esoterico-massonica e mille altri inauditi stravolgimenti e inversioni rispetto alla sana dottrina.

I fedeli dovevano vedere la Chiesa schiava del “mondo”, dialogante con abortisti ed omosessualisti, doveva toccare il fondo, “sbatterci il muso” come il figliol prodigo. Dovevano arrivare “a fare i guardiani dei porci” prima di consapevolizzarsi e tornare alla casa del papa.

Nel 2013 – se ricordiamo – nessuno, fra intellettuali, teologi, vaticanisti e semplici fedeli era così esasperato, né animato da eroico spirito cattolico. Nessuno avrebbe rischiato la propria carriera, né sacerdoti si sarebbero fatti scomunicare, né si sarebbero coagulati gruppi di resistenza come in una “nuova Crociata dei poveri”. Nessuno avrebbe capito la realtà e la verità della fede se non fosse stato esasperato, scandalizzato, sdegnato, estenuato da Bergoglio e dai suoi sodali.

Ratzinger sapeva come sarebbero andate le cose, e aveva messo tutto in sicurezza: le sue dimissioni erano del tutto invalide e questo sarebbe stato scoperto man mano che i vari Enzo Bianchi implodevano da soli, che la Chiesa abusiva annegava in feroci conflitti interni, in scandali finanziari, sessuali, in grottesche gaffe e contraddizioni patenti.

E le dimissioni di Benedetto sarebbero state per sempre invalide, anche dopo la sua morte. Un piano definitivo per separare il grano dal loglio.

Rischioso? Per ora – visto che ne stiamo scrivendo – il piano ha funzionato, almeno nella prima parte. È stato capito il suo gioco, con otto anni di ritardo, ma ci si è arrivati e la verità di alcuni fatti si sta viralizzando in tutto il mondo. E Benedetto è ancora vivo e lucido.  Si è  capito che la Chiesa sta per essere purificata definitivamente, a prezzo di uno scisma, questa volta utile e necessario. Ne parlavamo qui in febbraio e, dopo essere stati subissati di critiche, oggi nessuno parla d’altro.

Ora, quello che resta solo da decidere è se a uscire dalla Chiesa (come sede) saranno i tradizionalisti o i modernisti.

E il perno di tutto è, ancora una volta, l’invalidità delle dimissioni di Benedetto XVI.

Se Ratzinger non si è dimesso, Bergoglio, i suoi cardinali, i suoi teologi, le sue nomine, le sue novità dottrinali svaniranno in un soffio, come polvere al vento, “combusti escatologicamente” dal Diritto canonico. Formeranno una nuova chiesa mondialista, massonico-luterana e si aggregheranno ai protestanti europei. Diverranno irrilevanti nel giro di pochi anni, come tutte le chiese protestanti. Altrimenti, se nessuno avrà la forza per impugnare le dimissioni, toccherà alla Chiesa romana abbandonare la sede, e riprendersi la fede, come Atanasio, ritornare nelle catacombe, come aveva previsto anche Ratzinger. In ogni caso, sarà uno scisma purificatorio, da augurarsi, si direbbe. Siamo ormai non solo in presenza di due religioni diverse, ma anche antitetiche.

Ora, a questo punto, vescovi e cardinali non devono per forza fare una scelta di campo decisa. Basterebbe che chiedessero una chiarificazione, in modo neutro, un’operazione verità sulle dimissioni di Benedetto.

Se Bergoglio non fosse il papa, certamente non potrebbe scomunicare un cardinale che chiedesse semplicemente di fare chiarezza, a meno di svelarsi.

Ciò che occorre è una conferenza stampa pubblica di Benedetto XVI con garanzie mediche e di sicurezza. Oppure un confronto pubblico fra canonisti, o un sinodo con porporati di nomina pre-2013. Un’operazione di assoluta, rigorosa trasparenza dovrebbe essere in primis interesse di Bergoglio, se è il vero papa, e anche del suo successore. Certo, stavolta non se la possono cavare con i titoli  artefatti di Vatican News o chiamando il solito giornalista del quotidiano filobergogliano che interpreta tutto a modo suo. L’operazione verità dovrà essere chiara, netta e definitiva.

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Il volume prende in esame questioni disparate (dal Concilio Vaticano II al pontificato di Francesco, dalla vita spirituale in regime di lockdown alle vicende vaticane, dal great reset alle questioni bioetiche) ma con un filo conduttore: l’amore per la Chiesa e la Tradizione, unito a una denuncia chiara sia delle derive moderniste sia delle nuove forme di dispotismo che limitano o negano le libertà fondamentali.

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