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Un piano universale di sovversione / 2. Il panico come fattore di guerra psico-politica

Cari amici di Duc in altum, l’Istituto Plinio Corrêa de Oliveira ha pubblicato uno studio controcorrente sulle misure che sono state applicate per fronteggiare la pandemia da Covid-19. Lo studio, ricco di fonti verificabili, sfata numerosi dogmi della visione fondata sul terrore. Si tratta di un testo esaustivo ma, a causa della sua dimensione, non lo posso pubblicare integralmente sul blog. Ho deciso dunque di dividerlo in puntate. Qui trovate la seconda. Fornirò l’apparato delle note in occasione dell’ultima puntata. Buona lettura! 

di José Antonio Ureta e Frederico Abranches Viotti

Istituto Plinio Corrêa de Oliveira

Il panico come fattore di guerra psico-politica

Nel 2009, dopo l’epidemia di H1N1, il noto consigliere presidenziale francese Jacques Attali dichiarò: “L’umanità non evolve significativamente se non quando ha davvero paura”. Commentando questa frase, già nella sua analisi del 2020, l’Istituto Plinio Corrêa de Oliveira (Ipco) ha sottolineato che non c’erano dati “per affermare perentoriamente che questo sia il piano che sta venendo posto in esecuzione”, ma che vari fattori avevano contribuito a seminare il panico e a dare inizio all’evoluzione auspicata da Attali. E che “le organizzazioni internazionali e nazionali che si occupano della salute pubblica si sono prestate alla sua amplificazione”.

Uno studio titolato Impatto della pandemia da Covid-19 sulla salute mentale: vigilanza in tempo reale usando Google Trends, pubblicato sulla rivista Trauma Psychology, dell’Associazione americana di psicologia (Ana), ha confermato che, nei primi quaranta giorni dopo la dichiarazione della pandemia da parte dell’Organizzazione mondiale della sanità, negli Stati Uniti c’è stato “un aumento immediato di preoccupazione e panico, seguito dall’inizio di sintomi di ansia” [16].

Altri studi hanno constatato lo stesso panico in comportamenti come l’aumento di prelevamenti di denaro [17], svuotamento dei supermercati per acquisti compulsivi [18], fuga dalle città verso l’interno [19] o automedicazione [20]. Sonia Bishop, docente associata di psicologia dell’Università della California a Berkeley, che ha studiato come l’ansia influenzi le prese di decisione, ha affermato che ciò si è evidenziato durante la crisi del coronavirus. Messaggi incongruenti dei governi, dei media e delle autorità di salute pubblica hanno alimentato l’ansia: “Non siamo abituati a vivere in situazioni dove le probabilità cambiano rapidamente”, ha detto la scienziata [21].

L’Ipco ha denunciato, già all’inizio del 2020, il ruolo svolto dai bollettini dell’Oms nella creazione di questo clima di panico.

Oggi ci sono dati che mostrano l’esistenza di una collaborazione volontaria di alcune autorità politiche nazionali con il suo aggravamento. Il caso più significativo è stato lo scandalo denunciato dal Die Welt am Sonntag (edizione del 7 febbraio 2021), che ha mostrato la pressione esercitata verso la metà di marzo dello scorso anno su un gruppo di scienziati dal ministro dell’Interno tedesco attraverso il segretario di Stato per la scienza, chiedendo loro una “maximale Kollaboration” (massima collaborazione) per ottenere quello che oggi è noto come il “documento panico”, che è servito come legittimazione delle misure politiche più restrittive [22].

Nel Regno Unito, il documento Opzioni per aumentare l’adesione alle misure di distanziamento sociale è stato analizzato dal Gruppo di consulenza scientifica per le emergenze del governo nella sua riunione del 23 marzo 2020. Elaborato dal sottogruppo di Scienza del comportamento, il testo afferma che “un numero significativo di persone non si sente ancora sufficientemente minacciato personalmente”, ragione per cui “il livello di minaccia personale sentito deve essere aumentato tra quelli che sono compiacenti, usando messaggi emozionali contundenti” [23].

La proposta è stata messa in pratica e, un mese dopo, il professor Robert Dingwall, membro del Gruppo consultivo di minacce di virus respiratori nuovi ed emergenti (Nervtag), del governo britannico, ha lamentato che “abbiamo questo messaggio molto forte che effettivamente ha terrorizzato la popolazione facendole credere che questa è una malattia che ti ucciderà. […] Tutto questo aiuta a creare questo clima di paura” [24].

Il carattere rivelatore e uniforme della risposta globale alle epidemie sulla base di un nuovo paradigma di sicurezza sanitaria

Un aspetto che l’analisi dell’Ipco di un anno fa non è arrivata a individuare è stato il carattere estremamente uniforme della risposta data all’epidemia in tutta l’area occidentale del pianeta. Con l’eccezione della Svezia, di una dozzina di Stati nordamericani e di alcune regioni del Brasile, praticamente tutti i paesi hanno preso successivamente le stesse misure, come se stessero seguendo uno script.

Dall’inizio del millennio vi è stato di fatto un cambiamento di paradigma in tema di biosicurezza, analizzato nel 2013 da Patrick Zylberman, professore emerito della Scuola di alti studi di salute pubblica di Parigi, nel suo libro Tempêtes microbiennes. Essai sur la politique de sécurité sanitaire dans le monde transatlantique (Tempeste microbiche. Saggio sulla politica di sicurezza sanitaria in un mondo transatlantico). Se il concetto tradizionale di “prevenzione” delle calamità pubbliche calcolava le possibilità reali di una minaccia sulla base di dati affidabili di epidemie anteriori, un nuovo concetto – noto come preparedness – optava per immaginare scenari fittizi di scarsa probabilità, ma con conseguenze potenzialmente catastrofiche, esigendo dalla popolazione un civismo superlativo. Basandosi sulla “logica del peggio” come criterio di razionalità, questo nuovo concetto favoriva, secondo il professor Zylberman, “una caduta vertiginosa nella finzione (numeri esagerati, analogie infondate ecc.)” [25].

Vi sono molti dati comprovanti un “trasbordo ideologico” – per usare il termine coniato dal professor Plinio Corrêa de Oliveira [26] – degli ambienti accademici e delle autorità pubbliche preposte alla sicurezza sanitaria, facendoli passare dalla prevenzione alla preparedness. In altri termini, spostarsi da criteri di efficacia comprovata, fondati su una valutazione realista del rischio, a misure estreme con effetti sconosciuti in vista di scenari catastrofici, la cui probabilità non è confermata dai dati concreti disponibili.

Nel 1999, con i soldi della Fondazione Sloanes (nome dell’ex-presidente della General Motors), l’Università John Hopkins fondò il Centro per gli studi di biodifesa civile. Nello stesso anno, il Centro organizzò ad Arlington (Virginia) un simposio con centinaia di partecipanti e rappresentanti di dieci paesi, per trattare di salute pubblica e bioterrorismo [27].

Per la prima volta un evento di questo genere incluse esercizi di simulazione – alla maniera dei war games militari – di una epidemia di vaiolo, nella speranza di stabilire collaborazioni e una struttura globale di pianificazione strategica [28]. L’anno seguente si organizzò un evento simile a quello fatto simulando una piaga. Con il passar del tempo, l’aspetto militare diede priorità alle malattie infettive emergenti.

Sintomatico il fatto che la nota Università di Baltimora abbia cambiato il nome del suo istituto specializzato in Centro John Hopkins per la sicurezza della salute, eliminando il riferimento al bioterrorismo. Tuttavia, ha mantenuto intatta la nuova dottrina della preparedness, di origine militare [29].

Questo nuovo paradigma ha infiltrato i suoi postulati tra gli scienziati e le autorità di salute pubblica attraverso l’organizzazione di nuovi e frequenti esercizi di simulazione, con finanziamento, appoggio logistico e orientamento scientifico di diverse istituzioni pubbliche e private.

Un articolo della rinomata rivista scientifica Nature, del luglio dello scorso anno, ha rivelato dettagli di alcuni di questi eventi. Redatto principalmente da Amy Maxen, reporter veterano della rivista, l’articolo rivela che:

  • “L’Operazione Dark Winter, nel 2001, e Atlantic Storm, nel 2005, furono orchestrate da think tanks di biosicurezza negli Stati Uniti e vi parteciparono leader influenti, come l’ex presidente dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Gro Harlem Brundtland, e Madeleine Albright, segretario di Stato dell’ex presidente Bill Clinton”;
  • “Nel gennaio del 2017, la Banca mondiale e la Fondazione Bill & Melinda Gates a Seattle, Washington, appoggiarono una simulazione di pandemia nel Forum economico mondiale di Davos, Svizzera. […] La messa in scena coincise con la presentazione di una fondazione con sede ad Oslo per sviluppare e distribuire vaccini per le infezioni emergenti, chiamata Coalition for Epidemic Preparedness Innovations (Cepi). Ricevette finanziamenti dalla Fondazione Gates, dall’istituzione di carità biomedica Wellcome Trust, dal Regno Unito e da paesi come Giappone e Germania”;
  • “A maggio 2018, insieme ai leader della Casa Bianca e del Congresso [americano] che mai avevano affrontato una grande pandemia, [il dottor Thomas] Inglesby e i suoi colleghi dell’Università John Hopkins realizzarono una esercitazione a Washington DC denominata Clade X. Si trattava di simulare un virus respiratorio sviluppato in laboratorio. Una delle prime lezioni di tale simulazione fu che il divieto di viaggiare non impediva al virus di guadagnare terreno. Le infezioni si diffondevano rapidamente sotto il radar, poiché metà delle persone infettate presentava pochi sintomi o nessuno”;
  • “In una esercitazione realizzata dal Dipartimento di salute e servizi umani (Hhs) degli Stati Uniti dell’anno scorso [2019], chiamato Crimson Contagion, turisti ritornavano dalla Cina con un nuovo virus influenzale che si diffondeva a Chicago, Illinois, e infettava 110 milioni di americani (l’esercitazione presumeva che il patogeno fosse più contagioso che il Sars-CoV-2)”;
  • Uno “scenario fittizio, chiamato Event 201, si è svolto lo scorso ottobre [2019] in un centro-conferenze della città di New York davanti a un panel di accademici, funzionari di governo e leader aziendali. I presenti sono rimasti sconvolti, ed era quel che Ryan Morhard voleva. Specialista in biosicurezza nel Forum economico mondiale a Ginevra, in Svizzera, Morhard temeva che i leader mondiali non stessero prendendo sufficientemente sul serio la minaccia di una pandemia. […] Verso la fine dell’esercitazione Event 201 […] i partecipanti hanno assistito a una simulazione di reportage che prevedeva una turbolenza finanziaria della durata di anni, o anche di un decennio. Ma gli impatti sociali – inclusa la perdita di fiducia nel governo e nei media – potevano durare anche di più” [30].

In un podcast la cui trascrizione può essere letta nel sito di Nature, la giornalista scientifica Amy Maxen, principale autrice dell’articolo, fornisce altri dati interessanti, come il fatto che “questo campo della biosicurezza è molto piccolo”: nel preparare il reportage, “molta gente citava le stesse persone con cui io dovevo parlare”. Secondo la giornalista, questo piccolo circolo è a sua volta influenzato da un altro circolo ancor più piccolo: “Le persone dietro tutto ciò, queste persone della biosicurezza che stanno dietro, sono state grosso modo guidate dal Centro John Hopkins per la Sicurezza della salute, dal Forum economico mondiale e dalla Fondazione Gates” [31].

L’influenza di questo piccolo circolo di specialisti e dei loro patrocinatori non ha tardato a farsi sentire sin nelle più alte sfere internazionali.

Il 4 maggio 2009, l’Organizzazione mondiale della sanità pubblicò una normativa, intitolata Preparadness e risposta alla pandemia di influenza: documento di orientamento dell’Oms [32], la quale modificava la sua definizione di pandemia, eliminandone la condizione secondo cui l’insorgenza virale causerebbe “un numero considerevole di casi e di morti”, e dichiarando che, al contrario della posizione precedente, “l’intensità di una pandemia può essere moderata o grave in termini di casi e di morti”. L’Oms apportò questo cambiamento pochi giorni prima di dichiarare la “febbre suina” (H1N1) pandemia, il che obbligò i governi a adottare una serie di misure preventive molto onerose (incluso l’acquisto di un enorme stock di maschere e di vaccini), che si rivelarono poi totalmente inutili a causa del carattere moderato dell’epidemia.

Lo scandalo fu tale che all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa venne proposto un progetto di risoluzione sulle “false pandemie”. Dopo aver studiato il caso, il relatore della proposizione, il deputato laburista inglese Paul Flynn, si disse “allarmato da alcune misure eccessive prese in risposta a ciò che ha finito per essere una influenza di gravità moderata, dalla mancanza di trasparenza dei processi decisionali in causa e dai possibili abusi di influenza dell’industria farmaceutica in alcune decisioni importanti”. Il relatore si mostrò ugualmente “preoccupato per il modo in cui le autorità pubbliche hanno riferito riguardo questioni sensibili, che poi sono state ritrasmesse dai media europei, alimentando timori tra la popolazione e non sempre permettendo di guardare la situazione in maniera obiettiva” [33].

Confermando le fondate preoccupazioni del relatore, il 24 giugno 2010 fu approvata la risoluzione 1749/2010, intitolata Gestione della pandemia H1N1: necessità di maggior trasparenza. Nella risoluzione l’Assemblea parlamentare si dichiara “allarmata per il modo in cui l’influenza pandemica H1N1 è stata gestita” dall’Oms e dalle autorità sanitarie dell’Unione Europea e dei diversi paesi. E “segnala una grave mancanza di trasparenza nell’assunzione di decisioni relazionate alla pandemia, il che solleva preoccupazioni sulle pressioni che l’industria farmaceutica può aver esercitato su alcune delle decisioni più importanti relative alla pandemia” [34].

Nonostante questo precedente poco trasparente, dieci anni più tardi, subito dopo la comparsa del Sars-Cov-2 e dei primi casi di Covid-19, l’Oms e settori influenti della comunità scientifica hanno esercitato pressioni per far adottare dai governi misure rigorose secondo la “logica del peggio” contenuta nel nuovo script della sicurezza sanitaria appreso nelle sessioni di simulazione promosse dal Centro John Hopkins per la sicurezza della salute e dai suoi patrocinatori.

2.Continua

La precedente puntata è stata pubblicata (qui) il 24 maggio 2021

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