Monsignor Viganò: “La Chiesa filo-Lgbtq consegna il gregge di Cristo al Nemico”

Cari amici di Duc in altum, propongo qui la versione italiana dell’intervista che monsignor Carlo Maria Viganò ha concesso a John-Henry Westen per lifesitenews.com

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Virilite agite

Viriliter agite, et confortetur cor vestrum.

Ps 30, 25

Che cosa pensa del sostegno di Papa Francesco a padre James Martin?

L’ideologia Lgbtq+ e la teoria gender che essa presuppone come proprio postulato rappresentano una minaccia mortale per l’intera società, la famiglia, la persona e ovviamente la Chiesa, perché dissolvono il corpo sociale, le relazioni tra i suoi membri e lo stesso concetto di realtà biologica dei sessi, arbitrariamente spostata sulla opinabile e variabile percezione soggettiva di sé basata sul genere. Molti non si rendono conto del caos che tutto questo causerà non solo in abito civile e familiare, ma anche religioso, non appena il riconoscimento del movimento Lgbtq+ porterà inevitabilmente a dover accogliere nelle parrocchie e nelle comunità persone che presentano quella che viene definita disforia di genere. Un esempio emblematico potrebbe essere il caso di un uomo ordinato sacerdote che ad un certo punto creda di potersi identificare con una donna: dobbiamo prepararci all’eventualità di vedere celebrata la Messa da un transessuale o da un travestito? E come conciliare il permanere del cromosoma maschile – che definisce indefettibilmente la materia del Sacramento dell’Ordine – con le apparenze di una donna? come pensare al caso di una monaca che, sviluppando una percezione di sé maschile, pretenda di essere trasferita in una comunità religiosa di uomini e magari di ricevere gli Ordini Sacri? Questo delirio, le cui conseguenze sono assurde e sconvolgenti nell’ambito civile, una volta applicato all’ambito religioso infliggerebbe un colpo mortale al già martoriato corpo ecclesiale.

Si dovrebbe considerare la ragione che ha portato un personaggio come James Martin s.j. a godere di una tale notorietà e visibilità in ambito ecclesiale e addirittura nelle istituzioni romane, ricevendo la nomina a consultore del Dicastero per le comunicazioni ed essendo recentemente destinatario di una lettera manoscritta di Bergoglio. Il suo ostentato impegno in favore del movimento pansessualista costituisce l’approvazione preventiva e acritica di una serie indefinita di declinazioni delle perversioni sessuali. Tale aprioristica adesione non è il deprecabile eccesso di un singolo gesuita, ma rappresenta l’azione pianificata di un’avanguardia ideologica che dimostra di essere già oggi incontrollabile e capace di orientare lo stesso “magistero” di Bergoglio e della sua corte.

L’ideologia Lgbtq+ costituisce il nuovo paradigma morale della religione globalista dell’indistinto, di chiara matrice gnostica e luciferina. L’assenza di dogmi soprannaturalmente rivelati come premessa di un superdogma post-umano, in cui la Fede si perverte in una incondizionata accettazione di qualsiasi eresia e depravazione, la Speranza si dissolve nell’assurda pretesa di una salvezza già garantita hic et nunc, la Carità si corrompe in solidarismo orizzontale privo della sua ragione ultima in Dio. L’attivismo del gesuita Martin prefigura il ministero arcobaleno dell’era dell’Acquario, della religione dell’Anticristo, del culto degli idoli e dei demoni, ad iniziare dall’immonda Pachamama.

Per questo motivo l’indecente e scandaloso endorsement bergogliano alle aberranti provocazioni di James Martin non è che uno dei passi successivi rispetto al famoso «Chi sono io per giudicare», in perfetta coerenza con la linea di rottura di questo “pontificato”. Un gesto suicida in cui i vertici della Chiesa si arrendono senza condizioni all’ideologia anticristica del globalismo e consegnano in ostaggio al Nemico l’intero gregge di Cristo, abdicando al proprio ruolo di Pastori e mostrandosi per quel che sono, mercenari e traditori. Assistiamo scandalizzati al passaggio dall’«argue, obsecra, increpa, insta opportune importune» al «loquimini nobis placentia».

Non sorprende quindi l’apprezzamento di cui gode James Martin nelle alte sfere vaticane, che secondo la metodologia invalsa sin dal Vaticano II lascia mano libera ai più esagitati esponenti delle correnti progressiste per poi adottare la dialettica hegeliana tra la tesi della Morale naturale e cattolica, l’antitesi delle deviazioni dottrinali e la sintesi di un nuovo magistero al passo con i tempi.

Questo modo di procedere, che può sembrare ad alcuni un prudente aggiornamento alla mentalità secolarizzata del nostro tempo, rivela nondimeno un abissale tradimento dell’insegnamento di Cristo e della legge impressa dal Creatore nell’uomo. Una maggiore licenza nel vizio – in gran parte voluta e promossa dall’ideologia anticristiana oggi dominante – non legittima in alcun modo questo rinnegamento da parte della Gerarchia del mandato che essa ha ricevuto da Nostro Signore, né può autorizzare operazioni di adulterazione che mirano unicamente ad assecondare lo spirito mondano e la corruzione dei costumi. Al contrario, quanto più il mainstream spinge per una cancellazione dei principi immutabili della Morale cattolica, tanto più i Pastori hanno il dovere di levare la voce per ribadire senza esitazione ciò che Dio ha loro comandato di predicare.

Trovo quindi oltraggioso nei riguardi di Dio, scandaloso per l’onore della Chiesa, di grave scandalo per i fedeli e di desolante abbandono per i sacerdoti e i confessori che si possa anche solo dar voce a un gesuita che basa il proprio successo personale non sulla doverosa azione pastorale di conversione dei singoli omosessuali al rispetto della Morale, ma sulla illusoria promessa di un qualche cambiamento della dottrina cattolica che legittimi i comportamenti peccaminosi delle persone e riconosca dignità di interlocutore ai cosiddetti movimenti Lgbtq+. Il solo uso di questa sigla, che affianca persone identificandole meccanicamente nella loro specifica perversione sessuale contronatura, dimostra un appiattimento di James Martin e dei suoi mandanti sulle istanze della lobby pansessuale, che la Chiesa non può minimamente accettare né legittimare.

In ogni caso, se gran parte del clero è così impaziente di veder fatte proprie le istanze dell’ideologia Lgbtq+ da parte della Gerarchia, ciò è chiaramente dovuto ad un esecrabile conflitto di interesse e ad una profondissima crisi morale e disciplinare.

È possibile cambiare l’insegnamento della Chiesa a proposito delle unioni omosessuali, specialmente considerando che Papa Francesco ha pubblicamente approvato le unioni civili, che in passato erano condannate dai documenti magisteriali del Vaticano?

Dev’essere chiaro che i comportamenti contro il Sesto Comandamento del Decalogo, e massimamente quelli concernenti i disordini sessuali che offendono il Creatore nella stessa distinzione naturale dei sessi e nella finalità procreatrice dell’atto coniugale, non possono essere soggetti ad alcun aggiornamento, nemmeno sotto la pressione di gruppi di potere o di leggi inique promulgate dall’autorità civile.

Va parimenti denunciata, senza esitazione, la mentalità edonista e pansessualista che sta alla base dell’ideologia oggi dominante, secondo la quale l’uso del sesso non è intrinsecamente finalizzato alla procreazione, ma può avere come unico scopo l’appagamento sregolato del piacere. Questa visione ripugna all’ordine naturale voluto dal Creatore, che rende lecito l’atto sessuale nella sola unione degli sposi benedetta dal Sacramento e aperta al concepimento. È evidente che, laddove la natura per prima non rende possibile la procreazione a due uomini o a due donne, ogni forma di sessualità è intrinsecamente disordinata e come tale non può essere giustificata in alcun modo.

Le unioni civili altro non sono se non forme di pubblica legittimazione del concubinato senza che la coppia si assuma le responsabilità e i doveri connessi all’istituto naturale del matrimonio. Se il potere civile approva tali unioni, abusa della propria autorità, che la Provvidenza ha istituito nei limiti ben precisi del bonum commune e mai in diretta contraddizione con la salus animarum, sulla quale vigila la materna autorità della Chiesa. Ma se questa ratifica avviene da parte dell’autorità ecclesiastica, alla perversione del fine per cui l’ha voluta il supremo Legislatore si aggiunge anche il tradimento del mandato divino, che rende de facto nulla e inefficace ogni forma anche implicita di ufficiale approvazione di comportamenti peccaminosi e scandalosi.

Vi sono molti vescovi statunitensi che firmano lettere a sostegno dell’identificazione come Lgbtq+ e confermano tale orientamento, così come alcuni – come il cardinale Cupich – che suggeriscono che le coppie omosessuali dovrebbero poter ricevere la Santa Comunione. Qual è il Suo messaggio ai cattolici che possono essere disorientati da tali pronunciamenti?

Lo pseudo-magistero degli ultimi anni, in particolare quello contenuto in Amoris laetitia a proposito dell’ammissione ai Sacramenti dei pubblici concubinari e dei divorziati, ha aperto una breccia in quella parte del Magistero che anche dopo il Vaticano II era stata salvata dalla sistematica demolizione dei novatori. Non stupisce quindi, pur nella sua assoluta gravità, che una volta ammessi alla Santa Comunione persone che si trovano in stato di peccato mortale, tale sciagurata decisione venga poi estesa a persone che non hanno la capacità di contrarre nozze legittime, non essendo la loro coppia costituita da un uomo e da una donna. Ma a ben vedere questa visione eterodossa concerne anche i politici che nella loro azione di governo e di impegno sociale contraddicono pubblicamente l’insegnamento cattolico e tradiscono gli impegni di coerenza assunti con il Battesimo e la Confermazione. D’altra parte, i cosiddetti “cattolici adulti” – che agli occhi di Dio sono solo ribelli alla Sua santa Legge – trovano ampia approvazione da parte di vescovi ancor più ribelli – come Cupich, Tobin, Gregory e i loro epigoni, essi stessi indegni di celebrare i Santi Misteri – mentre i Pastori fedeli al mandato loro conferito da Nostro Signore non solo riconoscono la loro situazione di peccato pubblico, ma non vogliono aggravarla con la profanazione del Santissimo Sacramento.

Qual è l’insegnamento essenziale e immutabile della Chiesa a proposito dell’omosessualità?

La Chiesa, fedele all’insegnamento del suo Capo, è Madre e non matrigna: essa non asseconda le debolezze e l’inclinazione al peccato dei suoi figli, ma li ammonisce, li esorta, li punisce con sanzioni medicinali per condurre ogni anima al fine per il quale è stata creata, ossia la beatitudine eterna. Ogni anima, voluta e amata da Dio, è stata riscattata dal Redentore sulla Croce, e per essa Egli ha versato il proprio Sangue: cujus una stilla salvum facere totum mundum quit ab omni scelere. Come leggiamo nell’Adoro te, devote, composto dal Dottore Comune, una sola goccia del Preziosissimo Sangue di Cristo avrebbe potuto salvare l’umanità intera da tutte le sue colpe.

L’insegnamento immutabile della Chiesa è semplice, cristallino e ispirato all’amore verso Dio e all’amore del prossimo per amor Suo. Esso non si impone come crudele castrazione di tendenze e orientamenti della persona che essa rivendica irragionevolmente come legittimi, ma come amorevole e armonioso sviluppo dell’individuo verso l’unico scopo che lo realizza pienamente e che corrisponde all’intima essenza della sua natura. L’uomo è nato per amare, adorare e servire Dio, e conseguire così l’eterna beatitudine nella gloria del Paradiso.

Fargli credere che, assecondando gli istinti corrotti dal peccato originale e dalle colpe personali, egli possa in qualche modo realizzare se stesso lontano da Dio e contro di Lui, costituisce un inganno colpevole, e una gravissima responsabilità di chi abusa del proprio ruolo di Pastore per illudere le pecore e precipitarle nell’abisso.

Occorre invece saper mostrare, con una paziente ma ferma direzione spirituale, che ogni uomo ha un destino soprannaturale e una via di sofferenza e sacrifici che lo tempra e lo rende degno del premio eterno. Non vi è Resurrezione senza Calvario, né vittoria senza combattimento! Questo vale per ogni anima redenta da Nostro Signore: lo sposo e il celibe, il sacerdote e il laico, l’uomo e la donna, il fanciullo e l’anziano. La lotta contro la propria natura corrotta dal Peccato Originale ci accomuna tutti: combatte contro la tentazione di rubare chi gestisce il denaro, contro il tradimento del coniuge chi è sposato, contro l’impurità chi deve vivere nella castità, contro la gola chi mangia cibi ricercati, contro l’orgoglio chi è esposto al plauso del pubblico.

Così, con umiltà e fiducia nella Grazia di Dio e ricorrendo all’intercessione della Vergine Immacolata, ogni persona che il Signore mette alla prova – anche nella dolorosa situazione dell’omosessualità – deve comprendere che nel combattimento contro il peccato essa conquista il proprio posto nell’eternità, non rende vana la Passione di Cristo e fa rifulgere lo splendore della Misericordia di Dio verso le Sue creature, che Egli soccorre nel momento della tentazione e premia non con l’illusoria approvazione delle inclinazioni al male, ma con l’additarle il destino glorioso che attende ciascuno di noi: essere ammessi alle Nozze dell’Agnello, con la veste regale che Egli ci ha preparato.

Ci aiuti in questo pellegrinaggio terreno la Grazia riconquistata con l’Assoluzione sacramentale e l’alimento celeste della Santa Eucaristia, Pane degli Angeli e pegno della gloria futura.

+ Carlo Maria Viganò, arcivescovo

3 luglio 2021

Sant’Ireneo Vescovo e Martire

Fonte: lifesitenews.com

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