Intervista / Lottieri: “Assistiamo a un cambiamento istituzionale, sociale e politico che restringe le libertà in nome dell’emergenza. Occorre una reazione”
di Pietro Salvatori
La presenza di Carlo Lottieri alla Commissione Dubbio e Precauzione, il gruppo di controinformazione sul Covid voluto da Giorgio Agamben, Massimo Cacciari e Ugo Mattei, ci ha molto incuriosito. Lottieri, professore di Filosofia del diritto a Verona, è infatti uno dei più stimati pensatori liberali italiani, fra i fondatori dell’Istituto Bruno Leoni e considerato l’erede di Sergio Ricossa. Volevamo capire che cosa avesse spinto uno del calibro di Lottieri ad associarsi a un Commissione rapidamente scivolata nel negazionismo e nel complottismo. Il risultato è in questa intervista. Ognuno se ne farà il giudizio che crede.
Professore, dunque cosa ci faceva ieri a Torino insieme a Cacciari, Mattei e Agamben?
Da qualche tempo penso che stiamo assistendo a un cambiamento istituzionale, sociale e politico che sta restringendo le libertà individuali in nome di un appello all’emergenza, e ritengo questo che esiga una reazione. Siamo persone che hanno trascorsi diversi e idee anche contrastanti, ma che si trovano d’accordo di fronte all’esigenza di tutelare l’inviolabilità del corpo umano, opponendosi all’isteria alimentata dal potere attuale. Di fronte al Leviatano sanitario serve una coalizione che difenda la libertà di pensiero. Mi piace il fatto che si parli di noi come di “renitenti”, come di coloro che nella Prima guerra mondiale si rifiutavano di uccidere e di morire.
Ma la vostra libertà mette in pericolo la libertà altrui. Rifiutate di uccidere o morire ma aumentate il rischio per chi vi sta attorno. C’è una dimensione collettiva della libertà, non può non tenerne conto.
Non è così. O i diritti fondamentali esistono e sono inviolabili, oppure non esistono per nulla e sono mere concessioni del potere. Né penso difendibile la tesi secondo la quale la scelta di non vaccinarsi comporterebbe un danno per gli altri. Il grande equivoco è che o sosteniamo che vaccini sostanzialmente funzionano, o riteniamo che non funzionano. Se ti vaccini e hai una copertura dal virus, cosa temi dagli altri? Una persona protetta dal vaccino – che ha meno probabilità d’infettarsi e se questo avviene molto spesso non deve affrontare gravi conseguenze – ha davvero poco da temere da un non vaccinato. C’è un brocardo che recita: “De minimis non curat praetor”. Il comportamento di chi non si vaccina non può essere considerato lesivo dei diritti altrui, e infatti in vari Paesi non lo è.
Ma i vaccini sono un argine alle ospedalizzazioni, agli ingressi in terapia intensiva, agli stessi decessi.
Questo non lo discuto. Non siamo contro i vaccini. Chi vuole può tutelarsi con questo strumento e dovrebbe anche avere il diritto di poter scegliere quale tra i molti vaccini disponibili, senza per forza farsi iniettare un farmaco scelto da altri. Mia madre è vaccinata e mia figlia lo è, e mi fa piacere che lo siano.
Lei no?
Io no.
Ma se non è contro i vaccini!
Ho scelto di non vaccinarmi per una questione di principio: etico-giuridica, non sanitaria. Tutti gli anni tengo un corso sull’obbligo politico (cercando di mostrare come sia illegittimo che alcuni uomini dispongano di altri uomini), e sarei stato incoerente se avessi subito chinato la testa: accettando senza la minima reazione la condizione di suddito.
Ma perché suddito, scusi?
Perché quando qualcuno impone qualcosa a qualcun altro, il secondo non è più un uomo libero. E perché c’è stata una scelta politica precisa: quella di puntare solo su una delle varie risposte possibili. Ma la medicina deve essere tarata su persone tra loro molto diverse. In ragione di un ben preciso calcolo politico, ci considerano tutti identici, e in tal modo si sta scivolando verso logiche totalitarie giustificate da quella che viene chiamata “la scienza”. La ricerca scientifica autentica, invece, vive di dibattiti e cresce attraverso autentiche rivoluzioni, come furono quelle di Galileo oppure Einstein, che dissero cose del tutto eretiche rispetto alle opinioni degli altri studiosi in quel momento.
Ma ci sono già almeno dieci vaccini obbligatori per i bambini nel nostro paese, e nessuno ha mai posto di questi problemi.
Non è vero: c’è chi giustamente ha protestato e ha alzato le barricate! È vero che l’Italia ha una storia profondamente illiberale da questo punto di vista. Fra un po’ imporremo pure le trasfusioni ai testimoni di Geova…
Non mi dica che è d’accordo con Agamben quando introduce analogie tra Draghi e il nazismo.
Abbiamo alle spalle cinque secoli di storia dello stato moderno: un’istituzione che non riconosce nulla sopra di sé. Queste cose le dicevano Bodin, Hobbes e Rousseau, non io. Come europei, dobbiamo sapere che abbiamo costantemente nella nostra storia il rischio totalitario: non è un qualcosa venuto dal nulla e che si è esaurito nella Germania degli anni ’30 e ’40.
Dunque mi faccia capire: pensa che oggi ci siano elementi per poter fare dei paralleli con le leggi razziali, o con l’eliminazione dei disabili portata avanti da Hitler…
Penso che siamo in presenza di forme sottilmente totalitarie. Hannah Arendt sostiene che nei regimi totalitari il potere non si limita a comandare, ma punta a conquistare il cuore e la mente dei suoi cittadini. Il vero trionfo del potere non è la passiva obbedienza, ma l’attiva partecipazione. In questo senso il green pass è cruciale, perché chiede un’adesione attiva. D’altra parte, quella libertà di pensiero che storicamente era associata alla tolleranza – qualcosa che sembrava ormai acquisito – è oggi sempre più limitata. Si pensi alla difficoltà di ragionare seriamente sugli eventi avversi. Siamo di fronte a una prospettiva dogmatica e bigotta, che condanna sul piano morale ogni dissenziente.
Non sarà anche lei sostenitore del Great Reset o di questo tipo di tesi complottiste?
Quello che penso è che vi una generale convergenza sul piano ideologico e degli interessi: burocrati, politici, organismi internazionali, imprese, sindacati, chiese e via dicendo convergono in maniera naturale a protezione del nuovo potere. Non c’è quasi più spazio per un’economia libera, così come si restringe la possibilità di un pensiero indipendente e scettico. Non c’è allora bisogno di un disegno, perché ci sono tanti interessi sintonizzati tra loro e c’è una comune visione ideologica nelle élites. Ed è già pronto quel che verrà dopo.
E cosa verrà dopo?
La crisi climatica sarà la nuova emergenza, utile a distruggere ancor più il diritto e le libertà individuali.
Aspetti un attimo, cosa c’entra?
La dissoluzione del diritto troverà una straordinaria opportunità su quel versante, e può già contare su un consenso costruito nel corso di decenni. Perché vede prima che vi fosse un’offerta di pandemia c’era una domanda di pandemia.
Ma che significa una “domanda di pandemia”?
Per i governi e le élite a loro connesse la pandemia è stata una straordinaria opportunità: tanto più che abbiamo visto una società che ha chiesto solo di essere guidata, timorosa di morire di Covid e dominata da un’isteria irrazionale. Dal coprifuoco dopo le 10 di sera alle mascherine all’aperto, abbiamo aderito a misure senza senso.
Mi perdoni: quindi secondo lei da Biden a Putin, da Draghi a Merkel, da Aifa a Ema, sono tutti d’accordo in un grande piano interconnesso per controllarci?
I governi esistono e contano molto, le lobby egualmente, e le élite pure. Poi per fortuna c’è qualche defezione: dalla Svezia alla Florida. Ma noi italiani purtroppo abbiamo fornito lo standard, essendo stati il primo paese occidentale a essere stato colpito. E non è un caso che abbiamo prima dato il fascismo all’Europa e poi per decenni abbiamo avuto il partito comunista più grande dell’intero Occidente.
Volete fare un partito anche voi?
Personalmente penso che sarebbe disastroso. Abbiamo idee molto diverse, anche se siamo uniti in difesa dei diritti fondamentali, della libertà di cura e della difesa del pluralismo. Credo che servirebbe una serie di realtà politiche molto diverse, ma in grado di allearsi. Un comitato chiamato a restaurare il diritto e la libertà di espressione.
Ma libertà d’espressione è garantita. Le vostre tesi sono sui giornali, io la sto intervistando, andate in tv.
In genere sono trappole. Basti dire che siamo definiti “negazionisti”, un termine che nacque per chi negava la Shoah, e che poi usato per il clima. Qualunque cosa pubblichiamo su Fb ci becchiamo una sospensione. C’è un’evidente alleanza tra politica, scienza, finanza, media.
Ma nel regime autoritario che denuncia lei è libero di sostenere queste posizioni!
Quanti come me esprimono queste tesi possono farlo, ma sanno che pagheranno un prezzo. Un mio collega, a Verona, a stato allontanato dopo due minuti in televisione. Molti altri quindi tacciono per evitare conseguenze. A me questo non sembra normale.
Fonte: huffingtonpost.it