“Il Gesù della storia e il Cristo della fede. Ecco le consonanze”

Quarta puntata dell’intervista integrale di Edward Pentin al professor Liberato De Caro, del Cnr, circa i più recenti studi per datare nascita e morte di Gesù.

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Professor De Caro, in altre interessanti ricerche, lei analizza alcuni aspetti matematici dei Vangeli, degli Atti e dell’Apocalisse ed è giunto a stabilire alcune differenze. Cosa l’ha spinta a condurre questa ricerca, a quali conclusioni è giunto e che significato hanno i suoi risultati nella ricerca sulla Sacra Scrittura?

Concentriamo la nostra attenzione sempre sui Vangeli, visto che abbiamo già a lungo parlato di essi. I Vangeli di Matteo, Marco e Luca, chiamati sinottici perché hanno molto materiale in comune, sono molto diversi da quello di Giovanni. Le concordanze e la differenze tra loro hanno prodotto molti studi sulla loro interdipendenza, dando origine al cosiddetto problema sinottico. L’ipotesi tradizionale, risalente ad Agostino di Ippona (IV-V secolo), presuppone che l’ordine di composizione dei Vangeli sinottici sia stato Matteo, Marco, Luca. Alla fine del XVIII secolo, Griesbach propose l’ordine Matteo, Luca, Marco. Alla fine del XVIII secolo, tuttavia, ha preso piede la priorità di Marco, che oggi risulta essere l’ipotesi dominante, per i seguenti motivi.

L’80% dei versetti di Marco si trova anche in Matteo, e il 65% in Luca. Il materiale di Marco in comune con Matteo e Luca è indicato come Triplice Tradizione. Il materiale che condividono Matteo e Luca, circa 220 versi – non presenti in Marco – è indicato come Duplice Tradizione. Molti studiosi condividono l’ipotesi della priorità marciana per la Triplice Tradizione e l’ipotesi della Fonte Q per la Duplice Tradizione. Tale ipotesi, che cerca di spiegare sia la Duplice sia la Triplice Tradizione, è detta Ipotesi delle Due Fonti. L’ipotesi dell’esistenza della Fonte Q si basa sull’indipendenza di Matteo e Luca nell’attingere dal materiale pre-esistente (Marco e Fonte Q). Se, quindi, non è vera l’indipendenza Matteo e Luca nell’attingere dal materiale pre-esistente, cade anche l’ipotesi delle Due Fonti.

La maggior parte degli studiosi considera valida l’Ipotesi delle Due Fonti, anche se essa presenta carenze riguardo alle cosiddette “concordanze minori”, poiché ci sono versetti in cui Matteo e Luca concordano tra loro, ma divergono da Marco. La presenza di questi versetti non sembra essere immediatamente compatibile con la priorità di Marco sugli altri Vangeli. Un’altra soluzione alle “concordanze minori” è di ipotizzare che Matteo, Marco e Luca dipendano da un Vangelo primitivo, combinato con un’altra fonte supplementare, contenente i “detti di Gesù”, come la Fonte Q.

In un recente studio abbiamo analizzato, statisticamente, gli indici linguistici del linguaggio profondo di alcuni testi del Nuovo Testamento – Matteo (Mt), Marco (Mk), Luca (Lk), Giovanni (Jn), Atti degli Apostoli (Ac), Apocalisse (Re) – e di alcuni testi classici greci, presi come riferimento: le Storie di Polibio (Po), le Vite Parallele di Plutarco (Pl), la Guerra Giudaica di Giuseppe Flavio (FJ) e le Favole di Esopo (Ae). Si tratta di proprietà statistiche dei testi, di cui gli autori non erano a conoscenza, dipendenti dal loro stile di scrittura, dalla loro cultura e dalla cultura media degli ascoltatori e dei lettori di questi testi. Dopo aver ricordato come si è sviluppata la punteggiatura nelle lingue classiche, lo studio ha applicato metodi matematici sviluppati specificamente per studiare i parametri linguistici profondi dei testi letterari, come il numero di parole per frase, il numero di caratteri per parola, il numero di parole per interpunzione, il numero di interpunzioni per frase, tutte peculiari allo stile dello scrittore. L’analisi non riguarda la complessità o il significato del contenuto del testo (teologico, dottrinale, filosofico, ecc.), ma la capacità o lo sforzo dell’autore di esprimerlo in maniera semplice dal punto di vista linguistico, per facilitarne l’accesso ad un pubblico più ampio possibile. I risultati ottenuti possono essere riassunti nel grafico di Figura 1, dove Mt2 e Lk2 indicano i versetti della Duplice Tradizione di Matteo e Luca; Mt3, Mk3 e Lk3 indicano i versetti della Triplice Tradizione di Matteo, Marco e Luca; Mt, Mc e Lk indicano l’intero Vangelo; “Mt Own” e “Lk Own” indicano i testi che troviamo solo in Matteo o Luca, come i Vangeli dell’Infanzia o alcune parabole presenti soltanto in un solo vangelo. Più si è a sinistra o in basso nel grafico, più il testo ha una struttura linguistica semplice in termini di lunghezza delle frasi, di numero di caratteri per parola, di numero di parole per interpunzione, di numero di interpunzioni per frase. Il triangolo blu rappresenta graficamente l’estensione della leggibilità linguistica di Luca quando ha scritto il Vangelo. Il triangolo rosso rappresenta l’ulteriore estensione dello stile di scrittura che ha espresso Luca quando ha scritto gli Atti degli Apostoli. Analogamente il triangolo verde rappresenta l’estensione linguistica con cui Matteo ha scritto il Vangelo. È interessante notare come Luca abbia un’estensione di stile di scrittura molto più ampia di Matteo: il triangolo blu (Vangelo lucano) è contenuto nel triangolo verde (Vangelo matteano); il triangolo rosso (Atti) si discosta molto dai primi due. Ciò implica che Luca si sia volutamente limitato nelle sue capacità linguistiche quando ha scritto il Vangelo, verosimilmente perché si è dovuto e voluto attenere a una Tradizione scritta a lui precedente. D’altra parte è lo stesso evangelista a dircelo nel prologo del suo Vangelo (cfr. Lc 1,1-3).

Figura 1: Rappresentazione bidimensionale della leggibilità di alcuni testi del Nuovo Testamento e di alcuni scrittori greci classici. Più ci si sposta verso l’alto o verso destra, più il testo è complesso dal punto di vista della leggibilità. Resta da capire se la Tradizione a lui precedente fosse:

– o un proto-vangelo che, a questo punto, in base a quanto ottenuto dalla rappresentazione grafica della leggibilità dei testi riassunta in Figura 1, dovrebbe essere di Matteo, scritto in lingua aramaica, come ricordato, peraltro, da Eusebio, riferendosi a quanto asserito da uno dei più antichi padri della Chiesa, Papia di Gerapoli;

– oppure la Fonte Q e il Vangelo di Marco, secondo quanto suggerito dall’Ipotesi delle Due Fonti. Resta da verificare, cioè, la possibilità che Marco e la Fonte Q abbiano potuto ispirare, indipendentemente, sia Luca sia Matteo. Per questa verifica si può sempre far riferimento alla Figura 1, al triangolo giallo che unisce Marco alla Fonte Q. Quest’ultimo triangolo non è sovrapponibile né a quello blu (Vangelo lucano) né a quello verde (Vangelo matteano).

Ciò implica che Luca e Matteo, nello scrivere il vangelo, non si sarebbero attenuti alle caratteristiche matematiche dei testi contenuti nella presunta Fonte Q e in Marco. Ciononostante, però, secondo l’Ipotesi delle Due Fonti, pur avendo Matteo e Luca attinto dalla Fonte Q e da Marco in maniera indipendente, i loro due Vangeli sono perfettamente sovrapponibili, come mostrato dall’analisi riassunta in Figura 1. Vista l’ipotizzata indipendenza dell’uso delle fonti a loro precedenti, Matteo e Luca avrebbero dovuto, invece, mostrare tra loro delle differenze nella struttura matematica dei testi ed essere, nel contempo, maggiormente sovrapponibili a Marco e alla Fonte Q. La Figura 1, però, mostra chiaramente che ciò non è verificato. In base a questi risultati, quindi, l’ipotesi della priorità marciana si dovrebbe escludere, rafforzando l’ipotesi di un proto-Matteo. Quest’analisi permette di confermare la fedeltà alla Tradizione prima orale e poi scritta che ha accompagnato chi ha scritto i testi sacri, mentre erano ancora in vita alcuni dei testimoni oculari degli avvenimenti narrati. L’ultimo testimone oculare è stato l’apostolo Giovanni, che ha guidato la vita della primitiva comunità cristiana per tutto il I secolo. E i quattro Vangeli, giunti sino a noi, sono stati scritti tutti ben prima della fine del I secolo. Gli avvenimenti narrati, quindi, sono fatti realmente accaduti. Una deriva razionalistica di molti teologi ed esegeti contemporanei, invece, tende sempre più a separare il Gesù della storia dal Cristo della fede, una pericolosa dicotomia che rischia di ridurre le testimonianze riportate nei Vangeli a mito.Lei mi chiedeva il perché di questi studi. Con il prof. Emilio Matricciani, del Politecnico di Milano, è iniziata da qualche anno una fruttuosa collaborazione su questi temi di ricerca partendo da un’analisi critica degli scritti di una mistica italiana, Maria Valtorta che, a riguardo dell’argomento qui discusso, ha scritto della priorità del vangelo matteano sugli altri. Le sue affermazioni ci hanno incuriosito e abbiamo voluto porle al vaglio delle scienze galileiane. Il risultato della nostra ricerca ha portato alla pubblicazione di uno studio dedicato all’origine dei Vangeli e, più, in generale, anche di altri importanti scritti del Nuovo Testamento.

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Per saperne di più:

E. Matricciani and L. De Caro, A Deep-Language Mathematical Analysis of Gospels, Acts and Revelation, Religions 10, 257 (2019): https://www.mdpi.com/2077-1444/10/4/257

4. continua

 

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