Testimonianze / Il tesoro della Messa antica. 7

Cari amici di Duc in altum, dopo la pausa della scorsa settimana riprende la pubblicazione delle vostre preziose testimonianze sulla Messa antica.

Mi raccomando: inviate testi brevi, per poter dare spazio a più interventi. Continuate a spedire a: venietvide.missa@gmail.com

Grazie!

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Da tempo nutrivo in cuor mio la semplice curiosità di scoprire com’era la Santa Messa celebrata ai tempi dei nostri nonni.

Dopo aver rimandato diverse volte per svariati motivi ed essermi anche scontrato più volte con pregiudizi di amici e parenti, finalmente domenica 20 ottobre 2019 mi recai al Santuario della Madonna della Neve a Bergamo per la Messa delle 9.

Entrato alle 8:30, fui subito colpito dall’atmosfera di silenzio durante l’attesa. Una voce maschile iniziò a guidare il Rosario in latino e tutti parteciparono all’unisono. Entrò il sacerdote e due giovani lo accompagnavano. Intonarono il canto Asperges me e cominciarono ad aspergere l’acqua santa sui presenti e mai prima d’allora avevo assistito a una tale partecipazione di popolo. Non c’era nulla da capire. Durante tutta la celebrazione contemplai semplicemente la discesa del Cielo in terra. Uscii da lì con le mani atte a coprirmi il volto in lacrime e domandandomi continuamente: “Mio Dio, come abbiamo potuto rinunciare a tutto questo?” Da allora, per me, andare a Messa è l’unum necessarium. Grazie, Gesù.

Giuseppe

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Era il 2018. La bellezza dei social… sì, perché i social, come tutto il progresso, possono essere un bene o un male: dipende solo dall’uso che ne facciamo. Per me Twitter è stato un bene perché, oltre ad aver incontrato tante belle persone, è lì che ho conosciuto la Messa Ccttolica. Sì, proprio lei, quella che il Concilio Vaticano II e il post Concilio avevano rinchiuso nelle segrete del castello del cattolicesimo modernista, la Messa abiurata, in nome di un falso ecumenismo, perché vera e cattolica. Ho dunque conosciuto la Messa apostolica attraverso sprazzi di Twitter e da lì il mio Signore mi ha chiamato nella Chiesa di Trinità dei Pellegrini a Roma, della quale, fino a quella data, non conoscevo l’esistenza.

Ci vado pensando di trovare una pletora di vecchiette velate intente a snocciolare rosari, e invece trovo l’Infinito, trovo il cattolicesimo che sacerdoti post conciliari mi avevano nascosto per tutti i miei, a quel tempo, 49 anni. Trovo Cristo, trovo la Verità, la Via e la Vita, trovo una marea di giovani, trovo gente di tutto il mondo intenta a rendere onore a Cristo all’unisono con un’unica lingua. Trovo il perché della mia insoddisfazione nel frequentare le “Messe” di oggi, trovo la Messa apostolica che è altra cosa rispetto alla Messa di oggi e non solo per il latino.

E non mi sono più allontanato. Perché, quando si trova la Verità, come abbandonarla?

Invito chi sta leggendo queste poche righe a fare esperienza di tale grandiosità, di tale infinita grazia. Certamente i sacerdoti che celebrano il vetus ordo sono pochi e spesso lontani dalle nostre abitazioni, ma la distanza può essere un valido impedimento per non essere riempiti di Verità e di bellezza, in una parola di Cristo?

Grazie dello spazio, caro Valli, e ad maiora semper.

Massimo

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Facciamo sessanta chilometri per assistere alla Messa in rito antico, in una diocesi vicina, perché nella nostra non viene celebrata. Entrando in questo bellissimo santuario mariano, in muratura e pietra, grandi colonne, archi e volte, la luce diffusa dei lampadari di Murano al posto di quella invadente e accecante dei riflettori, tre navate spaziose e lunghe file di banchi con inginocchiatoio, si viene accolti nella casa di Dio, come nel Tempio di Gerusalemme, come nelle basiliche cristiane sorte sulle fondamenta dei templi profani, come nelle chiese delle nostre parrocchie che accoglievano i fedeli fino alla rivoluzione post-conciliare e postsessantottina.

Poi, dopo la Messa, l’altare viene “smontato”, suppongo obtorto collo, dai religiosi devoti e decorosi di questo santuario, per trasformarlo in mensa eucaristica per la Messa successiva

Claudio

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Egregio dottor Valli, ho scoperto in ritardo questa bella rubrica. Le racconto che sarò per sempre grato alla Provvidenza per la grazia della Messa di sempre, vero compimento della mia vita di battezzato. Ci capitai verso i diciannove anni agli albori del millennio, dopo un periodo di ricerca spirituale tra associazioni cristiane di volontariato, discussioni con un professore di filosofia ateo ma onesto e navigazioni in un internet ancora primitivo ma ricco di personalità, come peraltro questo sito.

Ricordo la mattina di giugno della prima volta e lo stupore della scoperta che la diversità non stava solamente nella lingua usata: era una celebrazione semplice e raccolta di poche persone, in una cappella privata con fedeli diversi per origine, lingua e ceto, eppure il rito si rivelava così trionfante nei suoi silenzi e invitante alla preghiera. Non conoscevo le finezze degli esegeti né della dottrina cristiana ma fui presto legato da questo laccio d’oro: nel tempo ho compreso come pur nella potenza della comunità dei santi la Messa sia capace di coinvolgerti personalmente e decisivamente, lungi dalle continue spiegazioni del celebrante, le irriverenze degli astanti e l’assenza di momenti di preparazione e ringraziamento alla comunione tipici del rito nuovo, che purtroppo sta modificando e smorzando la fede in molti conoscenti.

La domenica mattina è divenuto il momento che più aspetto, per cui mi sveglio con gioia anche prima di quanto mi è solito durante la settimana pur di raggiungere la Messa, primizia da offrire nella luce pura del giorno nascente. La frequenza ai sacramenti, la vita di grazia e l’amicizia con Gesù e Maria sono stati per me i frutti della Messa.

Un caloroso saluto e un ringraziamento a chi ospita questo scritto e a coloro che mi hanno preceduto nelle loro preziose testimonianze: continuiamo a diffondere questo inesauribile tesoro alle anime cui viene nascosto, a presto dunque all’altare di Dio che rallegra la nostra giovinezza!

Viva Gesù, viva Maria!

Giovanni

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Caro Valli, ricordo molto bene quando un amico, nel mezzo di un’accesa ma fraterna discussione teologica, se ne uscì all’improvviso con questa domanda un pizzico impertinente: “Mi vuoi spiegare una buona volta, tu che non ci vedi, cosa ci trovi di affascinante nella Messa antica? Si tratta di un rito essenzialmente gestuale, quasi senza parole. Spesso mi hai detto che ami gli audio-libri, le descrizioni delle scene nei film, le guide sonore nei musei… La nuova liturgia in fondo contiene un po’ ti tutto questo, ma quella tradizionale non capisco proprio che beneficio spirituale ti possa portare!”

Sul momento non nego che la provocazione mi mise abbastanza a disagio. Sentivo che il mio amico stava sbagliando ma non riuscivo, nell’immediato, a concettualizzare le ragioni reali di tale inesattezza.

Replicai quindi istintivamente e solo a distanza di tempo compresi con chiarezza che la mia risposta era centrata: “È semplice, caro mio” dissi quasi di getto. “Il fatto è che la Santa Messa non è un film, né un museo, né un libro, né tanto meno uno spettacolo teatrale”.

Tirai quindi il fiato e, dopo qualche istante, proseguii cercando di dare più corpo alla mia enunciazione: “Se dovessi, ad esempio, assistere all’esecuzione di un condannato a morte, una esecuzione vera e non rappresentata su una scena, certo non gradirei ascoltare un cronista che, da un altoparlante, mi descriva nei minimi particolari il supplizio. Preferirei di gran lunga pregare in silenzio, magari inginocchiato, come faceva del resto san Giuseppe Cafasso dopo aver confortato religiosamente, fino all’ultimo, i condannati a lui affidati”.

E la Santa Messa, come dovremmo tutti sapere, è essenzialmente un sacrificio che riattualizza la Passione e morte del Signore. Un’azione tragica, che si è resa necessaria a causa dei peccati di ognuno di noi, il versamento di un vero sangue che ci può rigenerare. La risurrezione gloriosa è ancora sullo sfondo ma, anche se dovessimo assistere a quella, l’indicibile stupore ben poco potrebbe lasciare spazio a parole umane.

Quando dunque assisto alla Santa Messa di sempre provo sensazioni spirituali assolutamente indescrivibili. Il silenzio, tanto per fare un esempio, è comunque una sensazione acustica, un’assenza di rumore che ti costringe quasi alla contemplazione, alla riflessione e alla meditazione sulla nostra pochezza di fronte alla Maestà di Dio.

Gli psicologi spesso insistono sull’importanza di trovare momenti per stare soli con sé stessi. Io, al contrario, preferisco stare solo al cospetto del mio Dio. Non mi importa se posso non comprendere alcune parole, mi basta sapere a quale scena sto assistendo e ciò basta alla mia anima.

La mia esperienza, in ogni caso, risulta in parte diversa rispetto alle testimonianze che leggo abitualmente. Mi avvicinai alla Santa Messa tradizionale già negli anni Settanta e imparai ad amarla e ad apprezzarla.

Poi, a causa delle pressioni ricevute dopo le consacrazioni episcopali del 1988, pensai che sarebbe stato più “cattolico” allontanarmi da certi ambienti che mi venivano dipinti come estremisti, rigidi e superati. Per ben dodici anni navigai a vista, cercando inutilmente figure sacerdotali di riferimento, celebrazioni dignitose, chiese meno peggiori di altre. Era una ricerca inquieta e quasi sempre seguita da cocenti delusioni.

Arrivò così il Giubileo del Duemila e decisi, per un moto interiore che oggi riconosco come provvidenziale, di partecipare al pellegrinaggio romano della Fraternità san Pio X. Fu un’esperienza davvero sconvolgente, mi sentii come un figliol prodigo che aveva vagato per dodici anni a pascolare i porci. Ebbene, da allora non mi sono più allontanato dalla Santa Messa di sempre.

Marco Bongi

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Le precedenti puntate sono apparse in Duc in altum il 7, 14, 21, 28 aprile e il 5 e 12 maggio 2022.

 

 

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