Testimonianze / Il tesoro della Messa antica. 8

Anche oggi pubblichiamo i vostri contributi. Sono tanti e tutti significativi. Mostrano una porzione della Chiesa viva, che risponde alla sete di Dio insita nel cuore dell’uomo, soddisfatta solo dal Mistero del Santo Sacrificio della Messa.

Ricordiamo l’indirizzo per inviare le testimonianze: venietvide.missa@gmail.com

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Ho iniziato a frequentare la Santa Messa vetus ordo ai tempi in cui nella mia città si celebrava con l’indulto. Poteva essere il 2003 o 2004. Mio figlio allora aveva quattro o cinque anni ed era sempre difficile tenerlo buono alla Messa domenicale. In parrocchia ci mettevamo in fondo, lo facevo pregare, gli spiegavo cosa stesse succedendo, ma il bambino dava frequenti segni d’irrequietezza.

Non so neppure chi mi disse che c’era una cappella di un convento in cui veniva celebrata la Messa antica.

Ci andai, senza conoscerla e senza sapere come si sarebbe comportato il bambino. Era una Messa cantata e alcune parti le conoscevo perché nella mia parrocchia di paese il gregoriano era ancora usato la domenica, ma sempre più di rado.

Sorpresa: il piccolo, in quel clima di silenzio, diventò un agnello, stette buono buono ed io potei pregare.

Poi venne il Summorum Pontificum, il bimbo crebbe e diventò chierichetto. Ora è seminarista e, a Dio piacendo, fra qualche anno assisterò alla sua prima Messa. Vetus odo, of course!

Lettera firmata

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Egregio dottor Valli, grazie per questa possibilità di raccontare il personale incontro di ognuno con la liturgia antica. Leggo molto volentieri le testimonianze che pubblica. Non ne ho ancora letta nessuna di chierichetti e, allora, eccomi qui.

Sono un po’ cresciuto come chierichetto, veleggiando verso i cinquanta, ma, come si dice, in mancanza dei cavalli…

Venni a conoscenza della celebrazione di questa Messa per puro caso: anni fa trovai dei volantini alla libreria cattolica e decisi di andare un po’ a vedere.

Le prime volte me ne stavo in religioso silenzio, cercando di capire cosa si svolgesse sotto i miei occhi. Poi cominciai a scambiare qualche parola col sacerdote e finii con addosso una talare e una cotta, inginocchiato ai piedi dell’altare. E lo sono tuttora, tutte le domeniche e feste comandate. E anche se ogni tanto dimentico qualcosa o confondo qualche desinenza, non lascerei quel posto per nessun motivo al mondo: a un passo dal Mistero dei misteri, contemplo ogni gesto del sacerdote e, quando sono l’unico servente, rispondo a nome del popolo, di mia moglie, degli amici, presenti e anche assenti. A nome loro chiedo perdono nel Confiteor e adoro quell’Ostia Santa innalzata verso il cielo e verso la Croce. Su quei gradini dell’altare sembra proprio di stare ai piedi del Calvario e lo sguardo non può far altro che elevarsi verso la Croce e verso Dio.

Gianluca

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Non entravo in chiesa da secoli e lo feci senza un particolare motivo. Passando, avevo udito del canto e forse per questo entrai. Nella piccola chiesa erano tutti inginocchiati, le donne con un velo di pizzo in testa. Nessuno si volse verso di me ed io, incuriosito, decisi di restare ancora un po’. Il prete stava all’altare e guardava in avanti. Tutti gli altri, seppure ai loro posti, sembrava lo seguissero come Mosè nel deserto.

Non capivo cosa dicessero né cosa dicesse il prete: faceva dei gesti a me ignoti, ma tuttavia eloquenti.

Mi fermai fino alla fine perché non riuscivo ad andare via.

Perché quella gente stava lì in quel modo così composto e solenne? Mai avevo assistito a una cosa simile.

Alla fine chiesi alla signora più vicina: “Ma è un rito cattolico?”. Sorrise e annuì senza aggiungere altro.

La domenica successiva tornai lì, e quella successiva pure. Imparai a poco a poco gesti, risposte, significati, ma tutto era già in quella prima volta: bastava immergersi.

Francesca

Le precedenti puntate sono apparse in Duc in altum il 7, 14, 21, 28 aprile e il 5, 12 e 26 maggio 2022.

 

 

 

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