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Francia / Ucciso “in nome di Allah”. Ma non fa notizia

La morte del dottor Alban Gervaise, radiologo quarantenne, di Marsiglia, accoltellato più volte fuori dalla scuola dei suoi figli il 10 maggio e morto il 26 maggio a causa delle ferite riportate.

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di Giulio Meotti

meotti.substack.com

“Gli attacchi terroristici e le intimidazioni continueranno, ma le società postmoderne tecnologizzate si reputeranno così forti, la loro capacità di assorbimento culturale così estesa, che nulla impedirà loro di credere di poter assimilare anche l’atto terroristico come si fa già con gli incidenti automobilistici e i disastri naturali. Lo scenario più probabile sarà quello in cui non succede nulla e tutto continua così, con la frattura interna dell’Occidente, la nascita di due società parallele, il continuo svilimento della cultura, fino alla sua irrilevanza. Ci trincereremo ancora di più dietro le nostre illusorie linee Maginot, distraendoci con gli psicodrammi sul razzismo dell’America a Ferguson, la corretta dicitura nei documenti dell’identità del genere, i bagni per i trans e il gossip sulle celebrities. L’Islam radicale sa che finché eviterà un altro grande massacro come l’11 settembre potrà continuare a portare via un po’ di vite umane e a insidiare l’Occidente senza risvegliarlo dal sonno”.

Quattro anni fa concludevo così un mio libro, Il suicidio della cultura occidentale. Ci ho ripensato leggendo una notizia proveniente dalla Francia.

Cosa sarebbe successo se in Francia un medico musulmano, davanti alla scuola dei figli, fosse stato pugnalato a morte da un cristiano al grido di “Gesù è grande”? Possiamo immaginare la classe politica, i giornali e i cosiddetti “intellettuali”. A parte inverse è successo, ma la classe politica, i giornali e i cosiddetti “intellettuali”. non hanno minimamente parlato della notizia.

“La morte di Alban Gervaise relegata nelle pagine delle notizie varie”. Così il magazine Causeur sintetizza la storia allucinante da Marsiglia. Il medico militare Alban Gervaise è stato pugnalato alla gola una dozzina di volte al grido di “Allahu Akbar” mentre andava a prendere alla scuola cattolica due dei suoi figli di 3 e 7 anni. L’aggressore si chiama Mohamed. I media francesi hanno sostituito “Allah” con “Dio”.

Perché tanta omertà? “Rifiuto. Viltà. Complicità. Collaborazionismo”. Così Sarah Cattan su La Tribune de Juive. “Perché la morte di Alban Gervaise, sgozzato davanti alla scuola dove aveva appena preso i due figli di 3 e 7 anni, è rimasta nel sottosuolo dell’informazione?”, si è chiesta L’Union: “Alban Gervaise, un nome che non vi dirà niente. Sembra assodato che, d’ora in poi, nessuno si offenderà che un padre di famiglia possa essere accoltellato ‘in nome di Allah’. La paura di essere accusati di islamofobia acuta o, peggio, di appartenere alla fasciosfera zemmouriana, soffoca l’indignazione collettiva. L’epoca in cui viviamo non è molto gloriosa. In pochi giorni Alban Gervaise passerà dall’indifferenza all’oblio. Fatta eccezione per sua moglie e i suoi figli”.

Dice molto, se non tutto, lo storico e saggista Maxime Tandonnet: “Per tre giorni la cronaca nazionale si è concentrata sui disordini a Saint Denis. Il dio del calcio è stato molestato da teppisti provenienti dalle città ‘sensibili’ e l’immagine della Francia, che ha ospitato la partita di calcio tra ventidue miliardari, è stata seriamente offuscata. Ma l’omicidio di un medico di 41 anni a Marsiglia, padre di tre figli, è caduto nell’indifferenza. È questo silenzio, il silenzio della banalizzazione, che ti fa venire i brividi lungo la schiena. Forse che la Francia, detta ‘dall’alto’, politica e mediatica, si è mobilitata di comune tacito accordo per cancellare il più possibile la terribile tragedia? I circoli dominanti o influenti amano fare false guerre contro i virus per tenere le persone al palo. Ma la vera guerra sul territorio, quella che continua i suoi massacri, con o senza follia, noi preferiamo negarla vigliaccamente per nascondere il crollo che rivela e le ore buie che annuncia”.

L’ex consigliere speciale di Nicholas Sarkozy, Henri Guaino, ieri ha persino detto che “la guerra civile può arrivare in Francia”.

E questo ha anche a fare con quanto successo durante la finale di Champions League, il caos e la violenza fuori dallo stadio alla periferia di Parigi, il ritardo di un’ora al fischio finale. Eric Zemmour con la sua penna inimitabile spiega: “La Francia ha organizzato l’evento sportivo più seguito dell’anno in tutto il mondo. In termini di popolarità, la finale di Champions League è seconda solo a una finale di Coppa del Mondo. Nei cinque continenti è attesa con passione. Il numero di telespettatori supera il miliardo. Ma la festa internazionale si è trasformata in una guerra civile locale. I media li chiamano ‘i giovani’. Un’orda. O più esattamente: un esercito. Perché, se possono avere un vago desiderio di assistere alla partita senza pagare, la loro prima, profonda motivazione è seminare il caos, depredare e confrontarsi con le forze dell’ordine. La follia si è diffusa intorno allo Stade de France, che era francese solo di nome. Le immagini sono spaventose. È stato un raid con saccheggio e violenza. I tifosi vengono picchiati, maltrattati e derubati. La violenza è totale. In tutti i paesi i media sono unanimi: non hanno mai visto scene del genere a una partita, la Francia è descritta come un paese del Terzo Mondo. Rifiutandosi di puntare il dito contro i veri colpevoli – la feccia apertamente antifrancese – la ‘Macronie’ sta dando prova di un indicibile codardia e una negazione della realtà che rasenta la cecità volontaria. Perché, lo sappiamo benissimo, l’esercito di teppisti che ha preso d’assalto lo Stade de France è una diretta conseguenza dell’immigrazione: i fermi di polizia a Saint-Denis non comprendevano un inglese e uno spagnolo, ma una maggioranza di algerini (18), tunisini (2) e marocchini (2), oltre a ‘nove francesi, di cui sette di nome nordafricano’, come confida a Valeurs Actuelles una fonte della polizia. La guerra civile condotta dai barbari contro il nostro popolo è in pieno svolgimento. Non ha più nulla di nascosto o sotterraneo. Questa guerra, voglio ricordarvi, non l’abbiamo mai voluta: abbiamo fatto di tutto per evitarla, ma ci è stata imposta. La feccia ce l’ha imposto con l’aiuto degli ideologi dell’islamo-sinistra, che sono i loro primi sostenitori. C’è e va fermato. In caso contrario, la Francia sarà eliminata, non solo dalla scena internazionale, ma anche dalla sua stessa storia”.

Il silenzio su Alban Gervaise appena settantadue ore prima lo avevamo visto all’opera sull’uccisione di René Hadjadj, un anziano ebreo gettato dal diciassettesimo piano del suo palazzo dal vicino di casa musulmano. Ora non è più esclusa l’ipotesi di una matrice antisemita nell’uccisione di Hadjadj.

Lo stesso silenzio che abbiamo osservato sui professori minacciati di morte e finiti sotto scorta: “Caroline L.”, una docente universitaria proprio di Marsiglia, che ha ricevuto minacce di morte e l’accusa di “islamofobia” per aver spiegato ai suoi studenti che “non c’è libertà di coscienza nell’Islam”; il professore di liceo che ha dovuto lasciare la scuola e chiedere il trasferimento per minacce islamiste; il liceo di Riom che è stato addirittura chiuso a causa di “minacce di morte” contro gli insegnanti…

In Francia ogni giorno sono vandalizzate due chiese

Lo stesso silenzio che si sente da anni sulle chiese che bruciano. “Il più delle volte non suscitano neanche emozione”, scrive il celebre storico Marc Knobel in una straordinaria inchiesta pubblicata da La regle du jeu. “I fatti sono riportati molto sobriamente dalla stampa locale, più raramente dai quotidiani regionali. Nella maggior parte dei casi, gli articoli sono pubblicati fra le ‘notizie varie’. Articoli brevi, cosparsi di poche citazioni, un sindaco, un prete, un agente di polizia, un fedele. Settecentocinquanta chiese vandalizzate e dissacrate in un anno. Una media di due chiese al giorno”.

Ma tutto procede secondo copione. Un famoso cretino che scrive sul Corriere della sera, Carlo Rovelli, ha spiegato che sul terrorismo islamico si deve fare così: “Esiste una ricetta semplice per sconfiggere il terrorismo: smorzare la parossistica reazione che gli accordiamo e trattarlo come trattiamo i mariti che uccidono le mogli, i pirati della strada e i rapinatori che sparano”.

Il filosofo francese Julien Freund aveva un professore, Jean Hyppolite, che gli disse che non voleva leggere una tesi di laurea che difendesse l’idea che non possa esserci politica senza nemico. “Se ha davvero ragione – disse Hyppolite a Freund – non mi resta che coltivare il mio giardino”. Freund gli rispose: “Ascolti Hyppolite, lei sta facendo un errore, perché pensa di essere lei a designare il nemico e che finché non vogliamo nemici non li avremo. Ma è il nemico che ci designa. E se vuole che tu sia suo nemico, puoi fargli le migliori offerte di amicizia, ma finché vuole che tu sia il nemico, lo sarai. E ti impedirà anche di coltivare il giardino”.

Ma il fisico Rovelli, la classe politica europea e i nostri cari media si illudono di poter coltivare il giardino. Almeno fino a quando riusciranno a nascondere le erbacce.

Fonte: rassegnastampa-totustuus.it

Aldo Maria Valli:
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