Sulla Comunione in bocca. Una testimonianza e qualche idea

di Lorenzo Mannello

Caro Valli,

desidero ringraziarla per aver pubblicato [qui] la preziosa e illuminante testimonianza del lettore che si interroga in coscienza sul come comportarsi a fronte delle linee adottate dalla sua diocesi, riguardo la distribuzione della Santa Comunione in bocca. Premetto che non sono un teologo né tantomeno una persona ferrata in dottrina, ma leggendo il caso di coscienza, come lo chiama il lettore, sento la necessità di portare una mia piccola testimonianza che, forse, potrebbe contribuire seppur minimamente a dipanare i dubbi del gentile lettore di Milano.

Comincio col dire che non ho mai voluto prendere la Comunione in mano, cosa che a molti miei conoscenti appariva come irrilevante. Pertanto nel comunicarmi davanti al sacerdote, in automatico aprivo la bocca et voilà. Con la pandemia, quel gesto così naturale e per me scontato d’improvviso mi è stato vietato. Non voglio entrare ora nel merito di questa direttiva sciagurata, ma solo soffermarmi sulla sensazione di smarrimento che provai nel sentirmi privato della Santa Comunione in bocca: “E adesso come faccio?” mi chiesi.

Il periodo di pandemia mi spinse inconsapevolmente ad approfondire la mia conoscenza sul significato del Corpo di Cristo, sulla presenza reale di Gesù nell’Eucaristia e, d’improvviso, ho dato sostanza a quell’istinto che mi aveva guidato negli anni a non accettare la Comunione in mano. Mi sono infatti chiesto: “Come posso io, indegno peccatore, solo pensare di sfiorare il Corpo di Cristo?”.

In quei mesi mi capitò di sentire, credo in una catechesi on line, la storia di un santo sacerdote a cui caddero involontariamente alcune particole sul pavimento ed egli, inginocchiatosi immediatamente, le raccolse una ad una e fece otto giorni di digiuno riparatore per quel sacrilegio, pur se non voluto.

Capii che la mia conoscenza della dottrina cattolica era proprio debolissima di fronte al mistero del Santo Sacramento, e questa consapevolezza mi diede il coraggio di rivolgermi al mio parroco. Per non mettere in imbarazzo me e lui, lo avvicinai alla fine della Messa, in sacrestia, chiedendogli se mi poteva comunicare in bocca. Lui purtroppo rispose che non si poteva fare, e così lo ringraziai e andai via. Non ebbi il coraggio di controbattere, probabilmente perché conscio della mia debolezza dottrinale. Ci riprovai una seconda volta in un’altra parrocchia. Durante la Messa mi sedetti in fondo, e quando giunse il diacono per portare la Santa Eucaristia chiesi quasi sottovoce se poteva darmela in bocca, ma egli garbatamente mi rispose di no e passò oltre. Dopo, con mio stupore, mentre tornava verso l’altare, ripassò da me, quasi a scusarsi, per spiegarmi che era vietato dalle disposizioni del vescovo.

Mi sentivo perso e chiedevo a Dio di farmi incontrare un santo sacerdote. Volevo capire se sbagliavo, se a non voler fare quello che in definitiva tutti facevano peccavo di presunzione. Un giorno, dopo un giro in centro, entrai in una chiesa e trovai un sacerdote che confessava. Decisi di accostarmi al sacramento e dopo l’assoluzione, preso coraggio, gli dissi che non ricevevo la Comunione in mano e non sapevo cosa fare. Egli, serafico, mi rispose che la distribuiva in bocca e a questo fine faceva formare ai fedeli due file: una per la distribuzione in mano, l’altra per la Comunione in bocca. Ricordo che rimasi di stucco. Quando avevo oramai perso le speranze, una gioia incontenibile mi pervase. Avevo trovato quello che cercavo.

Le ho raccontato quanto mi è capitato per poter dare due spunti al suo lettore, contribuendo, seppur minimamente, a dipanare il giusto dilemma che sta vivendo.

1) Il lettore proponga al suo parroco di formare due file e si offra volontario a occuparsi di quella che distribuisce la Comunione in bocca; non si scoraggi se le prime volte si accosteranno in pochi. È normale. I frutti non tarderanno ad arrivare e la sua perseveranza sarà ripagata.

2) Non perda la speranza di trovare una parrocchia dove il celebrante dà la Comunione in bocca. Alcuni parroci non lo pubblicizzano per non incappare in ritorsioni (questi sono i tempi che stiamo vivendo), ma non dobbiamo demoralizzarci: nostro Signore farà incontrare sicuramente il sacerdote giusto al momento giusto.

Infine, rispetto al comunicato della diocesi, ai suoi interlocutori il lettore ricordi Matteo 5,37: “Sia invece il vostro parlare: sì, sì, no, no; il più viene dal maligno”. Le ambiguità sul sacramento più importante per un credente sono veramente inaccettabili.

 

 

 

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