Terra bruciata attorno alla Comunione in bocca. Un caso di coscienza. Aggiornamento.

Cari amici di Duc in altum, il bello del blog è che molti lettori qui si sentono a casa, per cui non solo raccontano in libertà le loro esperienze ecclesiali, spesso sconfortanti, senza paura e nella certezza di essere compresi, ma si scambiano anche consigli. È il caso del lettore Lorenzo Mannello, che ha scritto (qui) rivolgendosi al lettore di Milano che si firma il Maccabeo, il quale tempo fa (qui) narrò il suo contrasto con il parroco circa la Comunione in bocca e ora ci aggiorna sulla vicenda.

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di il Maccabeo

Caro Aldo Maria, avevo deciso di non dare seguito al mio intervento pubblicato in Duc in altum, ma le osservazioni del lettore Mannello – che ringrazio – mi inducono a questo aggiornamento sulla vicenda.

Dopo il confronto del quale ho parlato, mi sono rivolto nuovamente al parroco, placcandolo in sacrestia subito dopo la Messa, nello slot di pochi secondi che precede la sua consueta velocissima ritirata nella propria abitazione.

Lo scambio è stato serrato, ma, grazie a Dio, nella carità. Ed ecco i passaggi sostanziali della conversazione.

Io – “Don…,  hai potuto fare le verifiche sul decreto di Curia di Milano che riammette la Comunione sulla bocca?”

Don [in evidente disagio perché colto di sorpresa ] – “Ma, veramente, non ho avuto tempo; e comunque il Decreto non è chiaro…”

Io – “Ma, come ho già detto, è semplice: basta fare una telefonata all’Avvocatura della Curia…”

Don – “Sì, ma io rimango dell’idea che la Comunione sulla mano sia il modo più sicuro”.

Io – “Scusa, don, ma se perfino la Curia di Milano, che è sempre stata molto, diciamo, attenta e prudente nelle cautele sul Covid, ha disposto così, vuol dire che ha già valutato i rischi sanitari. Mi spiace dirlo, ma tu non hai alcuna discrezionalità riguardo a questa disposizione.”

Don – “Scusa, ma perché tieni così tanto alla Comunione in bocca? È la seconda volta che me ne parli…”.

Io – “Non ti chiedo, ora, di entrare nel merito dei documenti teologici e canonici, che comunque parlano chiaro. Ti dico semplicemente come la vivo io: supponiamo  che nell’Ostia ci sia Gesù in carne, sangue e ossa…”.

Qui il don, colpito dalla stoccata, ha fatto un sobbalzo e ha esclamato: “Ma è proprio così!”. Al che io (trattenendomi dal dirgli: ah, ma quindi ci credi anche tu) ho replicato: “Ma allora tiriamone le conseguenze: è lo stesso Gesù che viene a noi per risanarci toccandoci; che per il cieco nato ha preso del fango e ci ha sputato sopra. E noi lo accogliamo con gel e mascherina!”

Don – “Ma guarda che mano o bocca è la stessa cosa. Devi guardare all’essenziale: all’incontro con Gesù”.

Io – “Va be’. Però senti: a questo punto, in forza del decreto della Curia, ti chiedo formalmente di riammettere la Comunione sulla bocca. Così come dovrei anche chiederti di rimettere l’acqua nelle acquasantiere.”

Ma il tempo era scaduto. Nessuna replica. Incrocio di sguardi e vago, reciproco, saluto.

E adesso, che fare, concretamente?

Ho evitato prese di posizione formali nei confronti del parroco che, peraltro, umanamente è veramente un brav’uomo. Sto mettendo in atto un tacito distacco, che non risulti ricattatorio o provocatorio. Ad esempio, nei miei turni di sostituto-sacrista, continuo a preparare e “sparecchiare” l’altare, ma, per quanto mi riguarda, la Messa vado a parteciparla altrove, in un altro orario della giornata.

Anche perché la faccenda della Comunione in bocca è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso di un ampio repertorio di consolidate derive liturgiche.

Rimangono tanti altri problemi. Pensieri e incertezze si riaffacciano quotidianamente alla mia mente. Ad esempio: sarà il caso di fare solamente la Comunione spirituale? Non me la sento. Risultato: qualunque sia la mia posizione, che in pratica valuto ogni giorno, mi sembra di essere sempre fuori posto: manca sempre un pezzo (di Verità).

Grazie a Dio c’è sempre il sacramento della Penitenza e Riconciliazione. Anche se pure qui, a dirla tutta, trovare un sacerdote in grado di prendere sul serio questo ordine di questioni, normalmente “inconfessabili”, è un terno al lotto!

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