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Caro Aldo Maria, ti scrivo / Cronache dal clero. Preti e vaccini. A tavola con il parroco

Cari amici di Duc in altum, dopo la prima puntata (qui) torna padre Mario Begio con le sue cronache (vere) dal clero. 

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di padre Mario Begio

Caro Aldo Maria,

l’altro giorno il parroco è entrato in ritardo a cena con un foglio svolazzante tra le mani: “Chi è interessato può prenotarsi per la vaccinazione antinfluenzale, lascio qui il modulo”. E si sono aperte le danze.

Eravamo in cinque: il parroco, io, il nostro seminarista, un suo compagno di corso che presta servizio nella parrocchia vicino a noi e un devoto fedele.

“Ah, quest’anno si fa? L’anno scorso ci siamo dimenticati” bofonchia il gruppo.

Ci siamo dimenticati? “Ma c’è stata l’influenza, l’anno scorso?”.

Confusione, c’è molta confusione. Ma, devo dire, anche libertà. D’improvviso è come fare un salto indietro nel tempo e vedere le persone che ricominciano a ragionare, a esprimere i propri pensieri e dubbi, a pensare e a dire quello che pensano.

Ma attenti, perché il bello deve ancora venire.

“Io non mi vaccino!”. Il giovane lo dice chiaramente. Una frase che ormai sa di bestemmia. “Io l’antinfluenzale mi sa che non la faccio”, corregge. Ma il senso è quello.

“Io è da anni che non faccio l’antinfluenzale” dice l’altro.

Al che reputo sia venuto il mio momento di scendere in campo: “Io l’ultima influenzale l’ho fatta quando ero seminarista”.

“E perché?” chiede fulmineo uno dei due diretti interessati.

“Perché ci obbligavano e si sa che in seminario sei costretto a obbedire”.

“Ma non ha senso” gli fa eco il compagno. “Come si può obbligare uno a farsi il vaccino, se non se la sente?”.

Mentre pronuncia queste parole è terribilmente sincero e terribilmente libero. Ma soprattutto terribilmente e completamente dimentico di aver subito poco tempo fa ben di peggio, di esser stato obbligato a farsi un vaccino di dubbia composizione chimica, di dubbia efficacia, di sospettissima nocività.

Caro Aldo Maria, non scherzo. Non mi invento raccontini di fantasia. Ricostruisco fatti reali e la realtà è questa, la realtà di un lento risveglio: scopriamo di aver vissuto per due anni come dissociati. Ma rischiamo di sotterrare tutto nell’inconscio. Serve qualcuno che ci tenga desti, che ci venga a riportare fuori dalla caverna (hai presente il mito di Platone?). E niente, questa volta non ho taciuto: ho deciso che quel qualcuno ero io.

Guardo negli occhi i due giovanotti, mi assicuro di avere la loro attenzione e poi lo dico: “Però sempre!”. Silenzio, tutti si voltano verso di me.

“Sempre cosa, padre Mario?”.

“Tu hai detto che non ha senso obbligare a una vaccinazione. Ecco, io dico che è sempre insensato obbligare a farsi un vaccino, quale che sia il vaccino in questione. Mi capite bene, vero?”.

E qui il gelo. Tutti hanno capito e hanno capito bene, soprattutto i giovani che sono ancora estranei agli usi abitudinari, come quello dell’inutile antinfluenzale annuale. E d’improvviso è come se una luce fosse entrata in cucina (in realtà non è entrata nessuna luce: ormai mangiamo al buio per risparmiare, e vabbè).

Il parroco comunque appende il foglio e poi inizia a mangiare la sua pastasciutta. Parliamo del governo, del clima. Di Gesù è raro che si parli a tavola. Ma mentre parliamo intuisco che ognuno pensa a quelle due parole che ho detto: “Però sempre!”.

E mi fermo qui. Per oggi.

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Aldo Maria Valli:
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