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Persecuzione contro i fedeli cattolici / Diocesi di Novara: la vicenda di don Alberto e don Stefano

di Marco Bongi

Da ormai diciotto anni, ovvero dall’entrata in vigore del motu proprio Summorum Pontificum, rappresentano il punto di riferimento nella diocesi di Novara per tutti i fedeli vicini alla Santa Messa di sempre: parliamo di don Alberto Secci e don Stefano Coggiola. La loro è stata una lunga vicenda, deflagrata allora e faticosamente ricomposta per molti anni in un equilibrio precario.

Già, perché i due sacerdoti, fin da subito, avevano compiuto una scelta coraggiosa e molto difficile: non il cosiddetto “biritualismo”, assai meglio tollerato, ma la celebrazione esclusiva del rito tradizionale.

Così, dopo lunghe trattative e tira e molla, la curia novarese aveva infine accettato di concedere loro due cappellanie (non parrocchie, si badi bene), con la possibilità di amministrare comunque i sacramenti e di registrarli nelle parrocchie del territorio.

Siamo in Val d’Ossola, terra montana al confine con la Svizzera. Qui resiste una religiosità popolare, profonda e non particolarmente incline alle aperture globaliste. Facendo leva su questi sentimenti autentici dei fedeli i due preti hanno aperto un blog, Radicati nella fede, nel quale spesso pubblicano omelie appassionate, traboccanti di sacro zelo e dove non si lesinano critiche al nuovo corso ecclesiale.

Ma i tempi cambiano dopo la pubblicazione di Traditionis custodes di papa Francesco. Il precario equilibrio raggiunto è presto destinato a rompersi, sembra non tanto per le velleità del vescovo monsignor Franco Brambilla, che tutto sommato si era ormai abituato alla situazione, quanto per le forti pressioni da Roma, dove mal si tollera un precedente di questo tipo.
Ed ecco che alla fine la curia si decide ad intervenire, tentando di usare, invero maldestramente, il classico sistema del bastone e della carota. Da una parte infatti si stabiliscono nuovi centri per la Messa tradizionale, presso il noto santuario di Re e a Verbania, ma dall’altro si richiede fermamente che i celebranti debbano esprimere apprezzamento e stima verso il novus ordo. Richiesta che, come appare ovvio, non potrà essere accolta da don Alberto e don Stefano.

Che cosa succederà allora a partire dalla prima Domenica di Avvento, ovvero dall’entrata in vigore del decreto vescovile? Difficile immaginare che la decisione possa rimanere senza conseguenze. Staremo a vedere.

*

Della vicenda di don Alberto e don Stefano si è occupato anche il sito unavox.it con il seguente articolo.

Da diversi anni, due sacerdoti della diocesi di Novara celebrano seguendo la liturgia tradizionale in due luoghi di Messa: nella chiesa parrocchiale di Santa Caterina d’Alessandria, nella frazione di Vocogno del comune di Craveggia, nella Val Vigezzo, e nella cappella dell’ospedale San Biagio di Domodossola.

I due sacerdoti hanno iniziato queste celebrazioni dopo molte controversie col vescovo di allora, monsignor Renato Corti, che li autorizzò a continuare la celebrazione esclusiva secondo i libri liturgici del 1962, e seguendo quanto stabilito dal motu proprio Summorum Pontificum di Papa Benedetto XVI, del 7 luglio 2007.

L’apostolato di questi sacerdoti cattolici può essere seguito sul sito Radicati nelle Fede

L’1 novembre 2022, l’attuale vescovo di Novara, monsignor Franco Giulio Brambilla, ha emanato un “comunicato sull’applicazione del motu proprio Traditionis custodes” di Papa Francesco.

Con questo comunicato, il vescovo stabilisce che a partire dalla prima Domenica di Avvento, 27 novembre 2022, “il gruppo dell’ospedale di Domodossola si unirà al gruppo della Chiesa di Vocogno, per celebrare la messa secondo il Missale Romanum (1962) nel Santuario di Re”. E precisa: “Il Vescovo concederà la facoltà di celebrare solo a quei presbiteri (art. 5 di Traditionis custodes) che riconoscano esplicitamente la validità, legittimità e fecondità del rito celebrato con il Missale Romanum, Editio Typica Tertia del 2002, e si impegnino a prendersi cura affinché i fedeli partecipino al rito celebrato secondo il Missale Romanum (1962) non con uno spirito alternativo alla forma attuale della Messa romana”.

Prima considerazione. La distanza tra Vocogno e Re è di 9 chilometri, la distanza tra Domodossola e Re è di 25 chilometri.

Seconda considerazione. a Vocogno non esiste un “gruppo”, ma è tutta la comunità parrocchiale ad assistere alla Messa tradizionale e a fruire dei sacramenti secondo il Rito tradizionale. Senza contare che nel periodo estivo si uniscono ai parrocchiani molti dei fedeli che sono in vacanza; e senza contare che si recano a Vocogno e a Domodossola molti fedeli provenienti dalla provincia Verbano-Cusio-Ossola e dalle province vicine. E questo perché tanti fedeli scelgono volutamente di seguire la liturgia tradizionale invece della liturgia moderna.

Terza considerazione. Il vescovo parla volutamente e ambiguamente di “gruppo” di Vocogno per nascondere il fatto, eclatante da anni, che si tratta di migliaia di fedeli che vogliono rimanere legati alla liturgia tradizionale.

Quarta considerazione. Se i sacerdoti devono riconoscere “esplicitamente la validità, legittimità e fecondità del rito celebrato con il Missale Romanum, Editio Typica Tertia del 2002”, per quale patologico motivo avrebbero deciso di seguire esclusivamente la liturgia tradizionale? Sarebbero o dementi o in male fede.

Quinta considerazione. Se i sacerdoti si devono impegnare “a prendersi cura affinché i fedeli partecipino al rito celebrato secondo il Missale Romanum (1962) non con uno spirito alternativo alla forma attuale della Messa romana”, come potrebbero giustificare il loro apostolato fondato esclusivamente sulla liturgia tradizionale? E i fedeli come potrebbero giustificare la loro decisione di seguire esclusivamente la liturgia tradizionale? I primi sarebbero dei mistificatori e i secondi sarebbero dei capricciosi ingiustificabili.

In ogni caso, il detto comunicato manifesta un evidente disprezzo sia per i sacerdoti sia per i fedeli.
Di fronte a questa ennesima manovra per distruggere la liturgia tradizionale praticata dalla Chiesa cattolica da due millenni, invitiamo tutti nostri lettori a:

– comunicare il loro caloroso sostegno ai sacerdoti interessati

don_secci@libero.it

stefanocoggiola@libero.it

– esprimere al vescovo, monsignor Franco Giulio Brambilla, le loro rimostranze, sia usando la posta elettronica segreteriavescovo@diocesinovara.it sia scrivendo al vescovo:

Via Puccini, 11

28100 Novara.

Riportiamo un esempio di lettera da inviare al vescovo (lettera in pdf):

A sua Eccellenza Reverendissima, Mons. Franco Giulio Brambilla, Vescovo di Novara

Via Puccini, 11

28100 Novara

Eccellenza Reverendissima,

Le scrivo in merito al Suo comunicato del 1 Novembre, in particolar modo riguardo la Sua decisione di eliminare le celebrazioni in rito tradizionale di Domodossola e Vocogno, pregandola di rivedere la Sua decisione.

Sono … …, ho … anni ed è dal … che tutte le Domeniche e nelle feste di precetto faccio volentieri molti chilometri per recarmi alla Santa Messa celebrata alla cappella dell’ospedale San Biagio e, nelle celebrazioni solenni, nella chiesa di Santa Caterina a Vocogno.

Dal … ho iniziato a parteciparvi con mia moglie, e portiamo con gioia anche i nostri figli; è anche a nome loro che Le scrivo questa lettera.

Se molti fedeli, dopo tutto questo tempo, sono ancora legati a questi centri di Messa, è anche grazie al lavoro quotidiano di don Stefano Coggiola e don Alberto Secci, che mantengono viva la Fede di queste comunità con le preghiere pubbliche, gli incontri di dottrina cattolica, i sacramenti amministrati ai malati in ospedale, l’insegnamento a scuola (quando ancora ne avevano la possibilità), e, soprattutto, la Santa Messa quotidiana.

Limitando le celebrazioni alla sola Santa Messa domenicale è evidente che la Sua decisione è stata presa per distruggere tutto ciò che è stato costruito in questi anni. La ritengo infatti troppo intelligente per non capire le conseguenze di questa scelta sulle anime dei fedeli.

Io e la mia famiglia non possiamo accettare di essere allontanati dai sacerdoti che il buon Dio ha messo sui nostri passi, uomini di grande fede. Abbiamo quindi intenzione di appoggiarli nelle decisioni che prenderanno e di seguirli nelle loro scelte.

In conclusione, La supplico di fare un passo indietro, e lasciare a don Stefano e a don Alberto la cura delle anime nei luoghi dove hanno servito il Signore fino ad oggi.

Le conseguenze, se così non fosse, saranno disastrose.

Le ricordo umilmente che se anche solo un’anima si disperdesse e si allontanasse dalla Fede cattolica, Lei dovrà risponderne davanti a Nostro Signore.

Per questo prego per Lei e per la diocesi.

Firma

Fonte: unavox.it

Nella foto: Santa Messa a Vocogno

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