Lettera / Così io, seminarista non vaccinato, vivo nella chiesa che si è piegata alla narrazione dominante.

Cari amici di Duc in altum, ricevo e vi propongo la lettera di questo seminarista che racconta la sua esperienza di non vaccinato. Mi ha chiesto di omettere i dati che lo possano identificare e l’ho fatto. Lasciatemi dire però che è molto triste che chi ha certe idee e fa certe scelte sia costretto all’anonimato, a causa delle ritorsioni. Tutto ciò non dovrebbe succedere nella Chiesa. 

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Caro Valli,

sono un seminarista. Anzitutto la ringrazio per il suo blog Duc in altum, sempre molto puntuale.

Le scrivo in merito alla questione “vaccini e seminaristi”, trattata dal suo blog recentemente. Vorrei testimoniare la mia vicenda.

Fin dall’inizio della pandemia ho cercato di informarmi approfonditamente sul tema, scoprendo le molte contraddizioni che un flusso maggioritario di pensiero e di informazione portava avanti.

Ho fatto dunque la scelta di non vaccinarmi, e per più ragioni: l’origine dei vaccini; alla mia età gli effetti di un contagio sono statisticamente limitati; la contagiosità è la medesima; possono verificarsi effetti avversi pesanti; conosco direttamente persone che hanno avuto effetti avversi post vaccinazione.

Queste sono le ragioni che – sempre con pacatezza e “basso profilo” – ho manifestato nel mio luogo di formazione in tempi, luoghi e a persone opportuni.

Ciononostante la cosa non è andata giù. Come se le ragioni addotte fossero inconsistenti.

Per un intero anno nel nostro seminario quello della vaccinazione è diventato tema quasi unico nella direzione spirituale. Sempre in direzione spirituale, mi viene detto che alcuni compagni sono contrariati dalla mia scelta. Interpellati da me, mi dicono che non è così. Tempo dopo ribadisco la cosa al superiore, che ammette a denti stretti di aver sbagliato, ma di non potermi dire di più, per riservatezza.

Seguono colloqui mirati dai toni paternalistici.

Mi sono dovuto pagare alcuni mesi di tamponi trisettimanali per accedere allo studio teologico, con tanto di controllo della carta verde, e battutine serafiche del tipo: “Stai fungendo da sentinella”. A spese mie, però. Poi ho preso il Covid anch’io, completamente asintomatico, e gestito con supervisione dei medici del servizio Covid-healer fondato dal dottor Stramezzi. Quindi poi con la carta verde ero a posto.

Mi è stato fatto pesare molto il fatto che nelle ultime estati ho perso alcune esperienze, a cui non ho potuto partecipare perché non vaccinato.

Nel frattempo viene a mancare un mio familiare. La mia famiglia sceglie di celebrare le esequie in una chiesa diversa da quella parrocchiale di origine; molti parrocchiani l’hanno infatti abbandonata a causa di uno stile pastorale “2.0”.

Ebbene: questa scelta, unita alla precedente, ha fatto alzare le antenne su di me: “Eccessiva autonomia, da valutare nel tempo”. Per cui mi è stata posticipata di un anno una tappa – la celebrazione di un ministero – esplicitamente a causa di questi due motivi.

Qual è la mia riflessione? Ecco, io ritengo che non “devo per forza andare avanti”; la vocazione non è un “mio possesso”. È una risposta a una chiamata avvertita. Ho detto esplicitamente ai superiori che se mi avessero costretto a questo trattamento sanitario, avrei lasciato il seminario: quella era una soglia che, se oltrepassata, avrebbe configurato violenza. Mi è stato detto che questo ragionamento era totalmente sbagliato. Ma per me, in coscienza, non lo è.

La mia è stata una scelta totalmente non compresa. Ci può stare. Mi sorprende però l’accanimento, respirato e senza discernimento appreso dai mass media da cui la quasi totalità del clero attinge. Mass media cristiani inclusi.

Quanto ho vissuto è stata per me una violenza morale. Se avessi lasciato, in coscienza non me ne sarei sentito responsabile. Ciascuno poi – io compreso – ne avrebbe risposto un giorno davanti a Dio. Più volte sono stato portato al limite di andarmene. Del resto non sono “costretto” a diventare prete, tantomeno lì. Sono rimasto solamente per una fedeltà alla chiamata avvertita.

Mi rimane una grande amarezza. E dopo la risposta di Janine Small del 10 ottobre 2022 al Parlamento europeo – colpevolmente ignorata dai maggiori mass media – sale ancora più la rabbia.

Rabbia, amarezza e risentimento. Questi i sentimenti che mi rimangono. Che non mi piacciono. Non sono né umani né cristiani.

Tuttavia, solo quando la Chiesa avrà il coraggio di chiedere perdono per aver fatta propria la discriminazione tra sierati e non sierati potrà riavere credibilità, almeno davanti a quella sparuta minoranza di credenti rimasti “non credenti” alla nuova indubitabile fede. E qualche vescovo inizia a esporsi, finalmente.

Mi sorprende infine che la sponsorizzazione di Big Pharma sia stata così zelante nonostante – almeno ai piani più bassi della gerarchia – sia avvenuta a titolo gratuito! Un bel caso da studiare, in caso di crisi di vendite in altri settori.

Ora sto procedendo nel cammino, ma un velo di amarezza rimane, e il mio sguardo su questo seminario non sarà più lo stesso.

Cordiali saluti a Lei e a tutti i lettori di Duc in altum

Lettera firmata

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