Una torta per Benedetto XVI / Ricordi di un papa baluardo

di Aldo Maria Valli

Se penso a Benedetto XVI, per prima cosa mi vengono in mente non tanto le grandi celebrazioni o i viaggi, quanto gli incontri che ho avuto con lui assieme alla mia famigliona.

Il primo, a Castel Gandolfo, una domenica, dopo l’Angelus. Non sapevamo che cosa portare in regalo al papa e mia moglie optò per una torta fatta da lei, una crostata ai mirtilli. Quando fu il momento di incontrare il pontefice, Serena gli mise in mano la scatola con dentro la torta. Lui chiese che cosa fosse e, saputo della crostata ai mirtilli, ringraziò come se avesse ricevuto il regalo più prezioso del mondo. Poi, quando gli presentai i sei figli, ebbe per tutti un sorriso e una parola. I tempi erano contingentati, ma lui fece il possibile per dimostrare attenzione.

Un’altra volta lo incontrammo nei giardini vaticani, dove passeggiava e pregava con monsignor Gänswein. All’epoca era già papa emerito e anche in quell’occasione eravamo in tanti, compresa la moglie di mio figlio e la loro bambina sul passeggino. Una volta ancora Benedetto XVI fu gentilissimo e accogliente. Volle sapere del percorso scolastico di tutti i figli, si interessò al liceo e all’università, fece domande sulle tesi di laurea. Lì vedemmo, insieme al papa, il professore, e intuimmo la sua passione per il mondo degli studi.

Gli portai i saluti di mio papà, classe 1923, e lui ebbe parole dolcissime: “1923. Io 1927. Siamo quasi coetanei. Ha vissuto anche lui la guerra. È stato difficile. Gli dica che lo ricordo”.

Anche lì, nei giardini vaticani, Benedetto XVI fu, ancora una volta, di una cortesia squisita. Perché lui, a dispetto di come lo dipinsero, era così. E ricordo che in entrambe le occasioni, conoscendo l’ambiente della curia romana, fui colto da un pensiero: “Di un uomo così, temo, ci si può approfittare facilmente”.

Ci sarà modo e tempo per tornare sulla figura di Benedetto XVI, sulla sua opera come teologo, come pensatore, come papa. Credo di non esagerare se dico che è stato l’ultimo baluardo contro l’avanzare della modernità, intendendo come modernità il soggettivismo assoluto, il relativismo morale e l’identificazione della verità con la mera esperienza individuale. Per questa sua strenua difesa dobbiamo essergli grati tutti, non tanto come cattolici ma come persone.

Come sappiamo, Benedetto XVI fu anche attaccato in un modo che non so come definire se non spregevole. A lui e al dramma del suo pontificato ho dedicato libri come Il pontificato interrotto (Mondadori), La verità del papa (Lindau) e Uno sguardo nella notte (Chorabooks). Ho scritto molto su di lui perché il suo pensiero rappresenta un lascito che dovremo custodire con il massimo impegno. Proprio rileggendolo e studiandolo mi sono reso sempre più conto di come nel suo insegnamento, accanto alla difesa del pensiero cattolico e della retta dottrina, ci sia stata una componente, eredità del Vaticano II, quanto meno problematica, e anche questo sarà argomento da approfondire.

Sinceramente, pur volendogli bene, tante volte, pregando per lui, mi sono permesso di chiedergli: “Caro Benedetto XVI, perché hai rinunciato al pontificato? Così facendo, non hai forse ceduto a una visione efficientista dell’incarico ricevuto sotto l’impulso dello Spirito Santo? Così facendo, non hai forse contribuito a secolarizzare il papato? Proprio tu!”.

Ho raccontato in diretta la sua elezione e il suo ultimo viaggio, in elicottero verso Castel Gandolfo. 2005 – 2013. In mezzo, per me, un’esperienza esaltante, come vaticanista, specie dal punto di vista intellettuale. Esperienza segnata da grandi discorsi come quello di Ratisbona, una lezione di valore storico ignobilmente strumentalizzata dai fanatici, dagli ignoranti e dai violenti, e come quello che avrebbe dovuto tenere all’Università La Sapienza se anche in questo caso l’ideologia di un manipolo di intolleranti non gli avesse impedito di entrare nell’ateneo fondato da un papa.

Ma, ripeto, in queste ore prevale il ricordo del contatto personale, del suo sorriso. Perché in compagnia del professor Ratzinger si stava bene.

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Foto Imagoeconomia

 

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