Quando Hans Küng mi disse: “Ratzinger? Il numero uno”

di Aldo Maria Valli

Ci si rende conto del proprio invecchiare quando la maggior parte delle persone di cui si parla, e che hanno significato qualcosa per noi, non ci sono più.

Come ho detto e scritto in molteplici occasioni, l’aver potuto incontrare Joseph Ratzinger è stato un grande dono. Ma in questi giorni segnati dal lutto per la morte di Benedetto XVI mi viene naturale andare con il ricordo anche a colui che sotto molti aspetti potrebbe essere ricordato come l’anti-Ratzinger.

Mi riferisco ad Hans Küng (1928 – 2021), il teologo di Tubinga collega e coetaneo di Ratzinger. Un uomo, Küng, il cui percorso umano e professionale si intrecciò con quello di Ratzinger, dando vita a un rapporto che fu al tempo stesso conflittuale e di stima.

Se Ratzinger sarà ricordato come il cardinale e il papa che cercò di rimettere in linea di galleggiamento la barca di Pietro dopo la tempesta conciliare, Küng fu invece il capofila dei teologi per i quali il Concilio Vaticano II avrebbe dovuto essere ben più rivoluzionario di quel che fu. Divaricazione totale, quindi, alimentata soprattutto dal risentimento di Küng verso la Congregazione per la dottrina della fede, che nel 1979, due anni prima dell’arrivo di Ratzinger, per punizione gli revocò la missio canonica come docente.

Tuttavia, nonostante questi contrasti, durante gli incontri che ebbi con Küng (e nel corso dei quali il teologo di origini svizzere non mancò di attaccare aspramente Giovanni Paolo II) non uscì mai una parola dura contro Ratzinger.

Vado con la memoria al 2008. Siamo nella graziosa villetta di Küng sopra Tubinga. Il teologo ha da poco compiuto ottant’anni ma è in una forma smagliante. Devo realizzare uno Speciale Tg1 sul Concilio ed è dunque inevitabile parlare anche di Ratzinger, che al Concilio fu perito del cardinale Frings.

Küng e Ratzinger si conobbero nel 1957 a un convegno, a Innsbruck, e poi, proprio su iniziativa di Küng, furono colleghi nella facoltà di Teologia a Tubinga. Il teologo di Sursee lo ricordava con un pizzico di civetteria: “Professori bravi chiamano professori bravi. Per questo negli anni Sessanta chiamai Ratzinger a Tübingen sulla cattedra di Teologia dogmatica. Era il numero uno, e non ho mai cambiato il mio giudizio”.

La stima nasceva dallo studio e dalla ricerca teologica, proprio quelle capacità che Küng non riconobbe mai a papa Wojtyła: “Giovanni Paolo II teologicamente era debole, e per questo, credo, non mi rispose mai. Aveva paura del confronto con me”.

A differenza di Karol Wojtyła, il professor Ratzinger, divenuto successore di Pietro, nell’estate del 2005 chiamò il vecchio collega e decano di facoltà invitandolo in Vaticano. Quattro ore fitte di dialogo e una cena a tu per tu, nella residenza papale di Castel Gandolfo. Un incontro che rafforzò in Küng la stima per Ratzinger: “Benedetto XVI non solo non ha avuto paura di me, ma mi ha chiamato, mi ha accolto, mi ha parlato. E soprattutto mi ha ascoltato”.

Non ignoro che nella sua autobiografia Küng ha usato parole tutt’altro che tenere verso Ratzinger, definito fra l’altro “il figlio del gendarme”. Né ignoro gli attacchi di Küng alla Dominus Iesus voluta da Ratzinger nel 2000. Ma nei confronti di Ratzinger il professor Küng non mostrò mai il disprezzo che nutriva verso Giovanni Paolo II. Certo, sottolineava la diversità di carattere (“io a Tubinga giravo su una rombante Alfa Romeo, Ratzinger andava in bicicletta, io ero spontaneo e diretto, lui era timido e aveva modi un po’ affettati”), ma precisava: “Joseph Ratzinger è stato un mio caro collega, qui a Tubinga, per tre anni. Fui proprio io, come decano, a chiamarlo da Münster, e sono convinto di aver chiamato il migliore. All’epoca Ratzinger non aveva neppure quarant’anni ma era già un numero uno. La nostra collaborazione è stata molto proficua e fra l’altro abbiamo lavorato insieme a una iniziativa editoriale sull’ecumenismo. Durante il Concilio fummo entrambi in prima linea con la maggioranza progressista, contro le tendenze conservatrici della curia romana. Fu proprio Ratzinger a scrivere il discorso con cui il cardinale Frings di Colonia chiese con forza la riforma del Sant’Uffizio ricevendo alla fine un applauso fragoroso”.

E poi? “A un certo punto le nostre strade si sono separate e sono diventate molto diverse. La frattura risale al Sessantotto. La ribellione studentesca, che sotto molti aspetti fu spiacevole anche per me, determinò in Ratzinger un vero e proprio choc. Dopo l’irruzione di un collettivo studentesco a una sua lezione non fu più il Ratzinger che conoscevo. Scoprire che i contestatori erano anche nella sua stretta cerchia di amici lo lascò allibito. E lui, che non era certo disposto a fare a pugni per tenere il microfono, preferì scegliere un’altra strada. Di fronte al crollo di un mondo e di un ordine, se ne andò a Regensburg, si allineò sempre più a una carriera gerarchica e da progressista divenne conservatore”. Una fase segnata dal passaggio alla rivista Communio, di cui faceva parte con Von Balthasar e De Lubac, contraltare della più progressista Concilium di Küng, Rahner, Schillebeeckx, Congar, Metz.

Chiesi al professor Küng: quando vi siete visti a Castel Gandolfo vi siete abbracciati? Risposta: “Diciamo che ci siamo scambiati un saluto in modo molto cordiale. È stata una conversazione amichevole, aperta, come facevamo quando eravamo colleghi all’università. E tutto questo, devo dirlo, a differenza di quanto ho sperimentato con il suo predecessore, che in ventisette anni di pontificato non ha mai dato una sola risposta alle mie lettere”.

Chiesi ancora: con Benedetto XVI avete ripercorso il conflitto fra lei e il Vaticano? “No, no, non abbiamo parlato del passato. Io stesso ero stato chiaro con il papa: non serve a niente riaprire discussioni e polemiche che ci vedono su posizioni diverse. Durante il colloquio ci siamo occupati di questioni di fondo. Abbiamo parlato di scienza e fede, dell’importanza del dialogo interreligioso e soprattutto dell’argomento che oggi mi sta più a cuore: la necessità di un’etica mondiale costruita attorno a valori validi per tutti, e in questo senso ho verificato che tra papa Benedetto XVI e me non c’è alcuna opposizione”.

Ecco, questo il mio ricordo. Küng se n’è andato nell’aprile 2021, Ratzinger pochi giorni fa. Quel che posso aggiungere è che non vedo più attorno a me personaggi di quella levatura. Ma naturalmente questi sono i discorsi di un vecchio.

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