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Nessuno ama il papa tiranno

di The Wanderer

Una cosa è sentirselo dire, un’altra è vederlo. Negli ultimi giorni ho provato una certa tristezza nel verificare questa verità. Alcuni amici romani spesso mi raccontano ciò che accade all’interno delle mura vaticane, e anche Specola, che è molto ben informata, ci riferisce quotidianamente questo tipo di notizie. Ma è ben altra cosa toccare con mano i fatti personalmente e confermare la conclusione che tutti conosciamo: papa Francesco non è amato da nessuno, né dai vescovi, né dai sacerdoti, né dai fedeli, ovunque essi siano. Ma al di là del fatto che non amiamo particolarmente il romano pontefice, è molto triste vedere il profondo rifiuto della sua figura, perché, che ci piaccia o no, egli è il Vicario di Cristo.

Nelle ultime settimane ho avuto modo di parlare con sacerdoti di tutti i tipi. Non c’è bisogno di esporre qui le opinioni dei conservatori e dei tradizionalisti. Tutti le conoscono. Ciò che mi ha colpito è che i sacerdoti più progressisti, che di solito sono anche i più anziani, nutrono verso Bergoglio la stessa antipatia dei loro confratelli più giovani. Non si tratta più di una questione dottrinale che contrappone tradizionalisti e progressisti: è qualcosa di più elementare ed ha a che fare con l’umano e l’istituzionale. I preti non riescono a capire, ad esempio, la costante aggressività del papa nei loro confronti. Da entrambe le parti c’è stupore per il fatto che ogni volta che si riferisce ai sacerdoti il papa lo fa in termini fortemente negativi: li accusa di essere carrieristi, avidi, scontrosi, proselitisti, criminali, di guardare la pornografia, di avere problemi psichiatrici, e così via. Mai una parola di incoraggiamento, mai un’espressione benevola. È come se a parlare fosse il nemico, e non il padre che dovrebbe confermarli nella fede. Qualcuno, più malvagio o forse più acuto, mi ha fatto notare che questo è un tipico caso di proiezione: Bergoglio proietta sui sacerdoti – e lui stesso lo è – le caratteristiche che inconsciamente sa di possedere e detesta. In altre parole, rifiuta gli altri perché si rispecchia in loro.

Nella Curia vaticana vivono nel terrore. Un’espressione che si sente con una certa frequenza tra le sacre mura è questa: “Il cretino gloriosamente regnante”. Ma la parola più ricorrente è, appunto, terrore. A causa del regime che il papa argentino vi ha instaurato.

Nessuno sa quanto egli resterà in carica ma, peggio ancora, nessuno sa chi spia chi, perché questo è un altro dei metodi bergogliani: spiare per scoprire cosa pensa e dice ciascuno dei prelati che girano per il sacro palazzo. Lo stesso metodo, del resto, fu da lui applicato in Argentina quando era arcivescovo di Buenos Aires e gestiva spie in tutte le diocesi e le congregazioni religiose. Ma a Roma Bergoglio si fida ciecamente di quello che gli dicono i suoi informatori, e così ci sono diversi curiali che dopo aver ricevuto il fatidico messaggio – “Il Santo Padre vuole parlarti” – nel giro di mezz’ora si sono ritrovati per la strada, privati di tutto.

Un’altra circostanza che lascia perplessi e fa infuriare tutti è ciò che Bergoglio sta facendo con il collegio cardinalizio e il collegio episcopale. Insisto: questi commenti non provengono da settori conservatori, ma, al contrario, dai progressisti. Perché qui non è in gioco lo schieramento, ma è una questione istituzionale. Non è possibile, mi hanno detto alcuni sacerdoti italiani, che le sedi più antiche e prestigiose del Paese, come Milano, Napoli, Venezia, Palermo o Torino, non abbiano cardinali e che, invece, le sedi nuove e insignificanti ne abbiano. Questo fa infuriare non solo i titolari di queste sedi, che rimangono senza berretta, ma anche i fedeli, che si sentono comprensibilmente feriti di fronte a un pontefice che nega loro un privilegio che possiedono da secoli.

Quello che vediamo in Argentina con le nomine episcopali sta accadendo in tutto il mondo. Nel nostro Paese, Francesco ha nominato uno sciame di vescovi scelti tra i sacerdoti meno preparati e qualificati per il ministero episcopale, e le conseguenze di tali decisioni si vedranno nel corso degli anni. Lo stesso vale in gran parte del mondo. Persone che lo conoscono molto bene e da molti anni mi hanno detto che il vescovo Robert Prevost, che poche settimane fa è stato nominato prefetto del Dicastero dei vescovi, una delle posizioni più importanti e potenti della Chiesa, è una nullità. Non è che sia progressista o conservatore: è insignificante, uno preso dal mucchio, limitato, scarso. E sarà questo bravo signore a nominare i vescovi di tutto il mondo!

Infine, un gruppo di sacerdoti nordamericani, moderati e per nulla tradizionalisti, mi ha raccontato dell’enorme disagio causato in California dalla nomina cardinalizia del vescovo di San Diego, una piccola diocesi suffraganea, mentre non ha la berretta l’arcivescovo di Los Angeles, il suo metropolita. E il problema non è solo chi indossa la porpora; il problema è che il cardinale Robert Mc Elroy di San Diego è estremamente progressista, troppo progressista persino per la sua gente.

In definitiva, papa Francesco non sarà pianto da nessuno. Solo i suoi compari, quelli che con la sua morte perderanno le loro ignobili cariche e funzioni, saranno tristi.

Fonte: caminante-wanderer.blogspot.com 

Titolo originale: Tristezas romanas

Traduzione di Valentina Lazzari

Aldo Maria Valli:
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