Monsignor Strickland / La situazione attuale nella Chiesa e le sue cause. “Siamo al culmine di un processo che è stato diabolicamente pianificato”

di monsignor Joseph E. Strickland

Cari fratelli e sorelle in Cristo,

in questo periodo dell’anno vorrei attirare l’attenzione su san Giuseppe, una persona per lo più silenziosa ma molto importante nell’Avvento di Nostro Signore. Conosciamo san Giuseppe come falegname perché Matteo e Marco per descrivere il suo lavoro usarono il termine greco tekton, parola che indica un costruttore le cui abilità includono unire insieme diversi pezzi di legno. Ed ecco perché i padri latini interpretarono questa parola come “falegname”.

Falegname è parola davvero adatta a san Giuseppe perché egli in molti modi fu chiamato a essere un costruttore di scale che fornivano i gradini adatti affinché il cielo fosse unito alla terra e la terra al cielo. La Beata Vergine Maria fu chiamata a essere la Madre di Dio e san Giuseppe costruì una scala offrendo il suo matrimonio e una casa in cui il Bambino Gesù potesse vivere sulla terra. Gesù Cristo dimorò nella casa che san Giuseppe fornì e, sebbene la casa e tutti i gradini che Giuseppe costruì fossero fatti di materiali terreni, il cielo camminò su di essi. Quindi si potrebbe proprio dire che Giuseppe costruì una scala santa che collegava cielo e terra.

Quando pensiamo alle scale e a ciò che unisce cielo e terra pensiamo naturalmente alla Chiesa di Cristo, perché, come cattolici, siamo proprio su una scala costruita da Cristo stesso. I gradini di questa scala sono i sacramenti che colmano l’abisso che separa il Creatore dal creato, e il Deposito della Fede è la struttura portante. Finché stiamo saldamente su questa scala, tutti noi, come Maria che tiene in braccio il bambino Cristo, possiamo guardare il volto di Dio. Perché nella sua Chiesa Cristo ci incontra veramente già sulla terra, in quanto nella sua Chiesa è veramente presente. I sacramenti sono segni efficaci perché portano veramente sulla terra (e uniscono) ciò che simboleggiano. Ma affinché ciò accada, i simboli devono essere corretti. La scala deve essere costruita con i materiali giusti, per quanto riguarda sia la forma sia la materia. Se la forma (le parole pronunciate) o la materia (la parte fisica del sacramento) è cambiata, la validità viene distrutta. Ogni pezzo di questa scala è quindi parte integrante dell’insieme.

Nel corso della storia della Chiesa questa scala, che collega la terra al cielo, è sempre rimasta salda, nonostante i continui attacchi dall’esterno. Ora vediamo però attacchi che hanno origine all’interno della Chiesa stessa, da parte di qualcuno che afferma di avere l’autorità di scatenare questa guerra. Ciò che sta accadendo è il culmine di qualcosa che, con intento diabolico, è stato sistematicamente pianificato, come profetizzato da molti santi nel corso della storia della Chiesa.

Le assi di legno con cui è fatta la scala sono state fornite da Cristo stesso, e qualsiasi materiale sostitutivo che venga messo al loro posto non sopporterà il peso di ciò che ci è stato dato. Pertanto, è di grave preoccupazione per me, come vescovo, che i fedeli non perdano di vista la vera scala, col rischio di trovarsi su una scala costruita con materiali sostitutivi e chiedendosi perché la loro Chiesa sembri così vuota. Cristo sarà sempre presente nella sua Chiesa, in piedi sulla scala che ha voluto e costruito, ma dobbiamo essere sicuri che anche noi ci troviamo lì, e non siamo stati preda della “scimmia della Chiesa”, come l’ha giustamente chiamata l’arcivescovo Fulton Sheen.

Come vescovo, ho promesso di restare saldo a qualunque costo sulla vera scala che è stata data da Cristo e poggia su di Lui, e la cui struttura è il Deposito della Fede. Ho promesso di proteggerla da chiunque tenti di scalzarne le assi. Sono chiamato a ricordare che il prezioso sangue di Cristo inzuppa questa scala, macchiata anche dal sangue dei martiri, e che io stesso devo essere disposto a versare il mio sangue per proteggerla. Perché Cristo morisse per noi, era necessario che Lui diventasse uomo e si arrendesse all’atrocità della morte mentre deteneva la chiave stessa della vita. Ciò ha richiesto una volontà senza pari, ha richiesto la Volontà di Dio. Ed è così che Egli chiama ciascuno di noi: a camminare completamente nella Volontà di Dio.

Quando è iniziato il tentativo di distruzione di questa scala? Molti indicano come colpevole il Vaticano II.

Io sono nato nell’ottobre del 1958, lo stesso anno e mese in cui papa Giovanni XXIII fu eletto alla Cattedra di san Pietro come Pontifex Maximus, ovvero sommo pontefice, grande costruttore di ponti. Lo ricordo perché molto spesso il 1958 viene evidenziato come l’inizio del tumulto che oggi vediamo ribollire nella Chiesa in innumerevoli modi. Il pontificato di Giovanni e la sua decisione di convocare il Concilio Vaticano II sono stati un momento cruciale nella storia della Chiesa. Papa Giovanni XXIII aprì il Concilio l’11 ottobre 1962, ma nel giugno del 1963 morì e fu Paolo VI, il suo successore, a penderne il posto. La quarta e ultima sessione del Concilio si concluse nel dicembre del 1965.

Dunque, fu questo l’inizio della caduta? In effetti, sembra che lì ci sia stato un tentativo sistematico di demolizione di ciò che prima del Vaticano II era stato considerato irriformabile. Ma come fecero a distruggere ciò che è eterno?

Lo fecero tentando di limitare ciò che era del cielo. Anzi, tentando di sostituire i materiali dati dal cielo con quelli dati dall’uomo. Ma quando, come nel caso della Chiesa, le fondamenta sono sia in terra sia in cielo, l’uomo non può distruggere nulla. Ciò che può fare è solo oscurare la Verità mettendo la “scimmia della Chiesa” al suo posto.

Non c’è dubbio che molto sia cambiato dopo il Vaticano II. L’enfasi è stata posta sulla Chiesa che cammina con il mondo, e questo ha sicuramente aperto la porta a visioni teologiche che hanno compromesso l’identità della Chiesa. Idee come l’ecumenismo hanno colpito la scala santa, perché Cristo non ha mai detto che la sua Chiesa dovesse essere una parte del mondo. In effetti, ha detto esattamente il contrario.

Con il Vaticano II, un movimento mirato ad hoc ha iniziato a incoraggiare la Chiesa a impegnarsi nel “dialogo” con altre denominazioni. Ma devo chiedere: su cosa c’era da dialogare visto che Cristo stesso ci ha dato la Chiesa? Oggi è chiaro che il punto a cui siamo arrivati, con il papa che dichiara che “tutte le religioni sono percorsi verso Dio”, è il risultato logico di un processo iniziato allora.

A fronte di tale situazione la maggior parte dei vescovi e cardinali si limita ad annuire, senza mai dire una parola, ma essi sanno – non possono non saperlo – che in questo modo stanno abbandonando la scala che hanno promesso di proteggere. La stessa scala rispetto alla quale Bonifacio VIII ha infallibilmente insegnato nella sua bolla Unam Sanctam (1302): “Siamo costretti in virtù della nostra fede a credere e sostenere che c’è una sola Chiesa cattolica, e una sola Chiesa apostolica. Questo crediamo fermamente e professiamo senza riserve. Fuori da questa Chiesa non c’è salvezza e remissione dei peccati. Così, lo sposo proclama nel Cantico: Una è la mia colomba, una è la mia perfetta. È l’unica di sua madre, l’eletta di colei che l’ha generata (Ct 6,8). Ora questa eletta rappresenta l’unico corpo mistico il cui capo è Cristo, e il capo di Cristo è Dio. In lei c’è ‘un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo’ (Ef 4,5). Perché al tempo del diluvio esisteva una sola arca, la figura dell’unica Chiesa”.

Sulla scala troviamo molte parole divinamente ispirate che ci portano a concludere senza eccezioni che no, non è vero che tutte le religioni sono sentieri verso Dio. Perché, come ha affermato papa Benedetto XV nella sua enciclica Ad beatissimi (1914): “Tale è la natura del cattolicesimo che non ammette il più o meno, ma deve essere tenuto nel suo insieme o nel suo insieme respinto: questa è la fede cattolica, che se uno non crede fedelmente e fermamente, non può essere salvato (Credo di Atanasio). Non c’è bisogno di aggiungere termini qualificativi alla professione del cattolicesimo: è più che sufficiente che ciascuno proclami: cristiano è il mio nome e cattolico il mio cognome, solo che si sforzi di essere in realtà ciò che dice di sé”.

La Chiesa cattolica ha sempre condannato la falsa credenza che tutte le religioni siano buone e volute da Dio. Questa è la falsa dottrina dell’indifferentismo religioso, e si tratta di un legno che non dovrebbe mai essere utilizzato per la costruzione della sacra scala. Ci sono stati molti altri pezzi di legno che gli uomini hanno tentato di posizionare sulla scala dal Vaticano II in poi, legni creati dall’uomo. Alcuni hanno tentato di sostituire i materiali celesti con quelli fatti dall’uomo perché pensavano che i materiali originali fossero “fuori moda”. Ma ciò che è costruito dal cielo non va mai fuori moda.

Molto di ciò che è uscito dal Vaticano II ha preteso di sostituire la Chiesa cattolica con la chiesa conciliare. Particolarmente tragico è che a questo punto non si cerca più di portare il mondo a Cristo, tuttavia per la scala santa nulla è stato così distruttivo come i cambiamenti avvenuti nel Santo Sacrificio della Messa. Sembra che ora gran parte della Chiesa si chieda, con santa Maria Maddalena quando incontrò la tomba vuota: “Dove l’hanno deposto?” I cambiamenti nel Santo Sacrificio della Messa dal Vaticano II in poi hanno fatto sì che molti non sappiano dove Egli si trovi e siano inconsapevoli del Suo sacrificio d’amore per tutta l’umanità, poiché la fede nella Presenza Reale è diminuita sostanzialmente.

Quando la Messa antica fu soppressa, nel 1970, molti cattolici abbandonarono la Chiesa, poiché papa Paolo VI accusò chiunque osservasse la Messa antica di essere un ribelle al Concilio. Mentre rifletto sui cambiamenti che si verificarono nella Messa in seguito al Vaticano II, mi viene in mente l’arcivescovo Marcel Lefebvre, il fondatore della Fraternità di San Pio X (la FSSPX), una società sacerdotale tradizionalista. Etichettato come disobbediente, ribelle e persino scismatico negli anni Settanta e Ottanta per essersi rifiutato di celebrare la Nuova Messa, Lefebvre sentiva che la Chiesa stava vivendo una profonda “crisi di fede” a causa dell’infiltrazione del modernismo e del liberalismo. Sentiva che c’era un tentativo reale di staccare le assi della scala santa per sostituirle con assi volute e costruite dal mondo. Lefebvre consacrò quattro vescovi fedeli alla tradizione senza l’approvazione papale (sebbene l’avesse ripetutamente cercata dopo che gli era stato assicurato che sarebbe stata concessa) perché riteneva che senza vescovi che sostenevano gli insegnamenti tradizionali e la Messa latina tridentina la continuità della tradizione della Chiesa sarebbe stata a rischio. Così si assicurò che la scala fosse preservata intatta.

Nel 1976, quando Lefebvre stava per ordinare tredici sacerdoti, l’arcivescovo Giovanni Benelli della Segreteria di Stato vaticana gli scrisse chiedendogli fedeltà alla chiesa conciliare, e l’arcivescovo Lefebvre rispose: “Qual è quella chiesa? Non conosco una chiesa conciliare. Sono cattolico!”

Io stesso, essendo stato in seminario in un’epoca in cui il latino non era nemmeno insegnato, e avendo sempre celebrato come sacerdote e vescovo il novus ordo, ho intrapreso un viaggio per comprendere questo problema. Vorrei esortare tutti noi a riconoscere, come ho imparato, che i problemi con la santa Messa sono iniziati a causa del tentativo di allontanare l’attenzione da Gesù Cristo e dal Suo sacrificio.

Credo che in questo ventunesimo secolo dovremmo tutti sforzarci di essere come cristiani del primo secolo, specie per quanto riguarda la santa Messa. All’alba della Chiesa la celebrazione della santa Messa, l’Ultima Cena, rendeva presente il sacrificio di Cristo. Racconti come quello di san Giustino martire ci offrono descrizioni molto antiche di ciò che accadeva durante la santa Messa, e la bellezza di questi resoconti sta nel fatto che sono temporalmente molto vicini al sacrificio di Gesù. Anche noi, come i primi cristiani, dobbiamo fissare l’attenzione su Gesù Cristo, in modo che la distanza temporale dal Suo Sacrificio non abbia importanza, perché siamo concentrati sullo stesso Signore crocifisso e risorto.

Non c’è dubbio che con la nuova Messa ci sia stata una minore attenzione a Gesù Cristo. In molti casi, dopo il Vaticano II abbiamo anche assistito a una totale negligenza circa la Presenza reale di Gesù Cristo, fino al livello della bestemmia. Quando la liturgia ha spostato la sua attenzione da Gesù al popolo è stata aperta la porta a un’estrema incuria e alla trascuratezza circa la sua Presenza reale.

È interessante notare che, sebbene il novus ordo sia solitamente celebrato in lingua volgare, la lingua comune del paese in cui viene celebrato, mentre la Messa tradizionale è celebrata in latino, la lingua normativa del novus ordo è il latino. Sebbene siano state prese disposizioni affinché la Messa fosse celebrata in lingua volgare per ragioni pastorali, si è sempre dato per scontato che la Messa avrebbe continuato a essere celebrata in latino, e papa Benedetto XVI in effetti ha sollecitato la reintroduzione del latino nel novus ordo.

Quando fu introdotto il novus ordo furono rimosse le balaustre davanti all’altare, quelle balaustre che per secoli ci avevano aiutato a mantenere la distinzione tra il santuario (dove si trova l’altare e rappresenta il cielo, vertice della nostra scalinata) e i fedeli (la terra, punto di partenza della scala). Nella Messa latina tradizionale, i comunicanti si inginocchiano alla balaustra dell’altare (la porta del cielo) e ricevono l’Eucaristia sulla lingua dal sacerdote.

Sebbene anche nel novus ordo ci siano molte belle messe, celebrate in modo coerente, è un dato di fatto che la nuova Messa ha rappresentato una rottura rispetto a secoli di continuità liturgica. E con ciò è arrivato un massiccio declino nella partecipazione alla Messa, nelle vocazioni e nella fede negli insegnamenti cattolici fondamentali.

Papa Benedetto XVI ha affrontato queste preoccupazioni con il suo motu proprio Summorum Pontificum del 2007, con il quale ha ampliato l’accesso alla Messa latina tradizionale. Ma con il motu proprio Traditionis custodes del 2021, papa Francesco ha nuovamente limitato severamente l’accesso alla Messa latina tradizionale.

Leggiamo queste parole di papa Pio V, nella sua costituzione apostolica Quo Primum del 1570, riguardo alla Messa latina tradizionale: “Inoltre, con la presente [questa legge], in virtù della Nostra autorità Apostolica, concediamo in perpetuo che, per il canto o la lettura della Messa in qualsiasi chiesa, questo Messale deve essere seguito in modo assoluto, senza alcuno scrupolo di coscienza o timore di incorrere in alcuna pena, giudizio o censura, e può essere liberamente e legittimamente utilizzato. Né i superiori, gli amministratori, i canonici, i cappellani e gli altri sacerdoti secolari o religiosi, di qualsiasi titolo designato, sono obbligati a celebrare la Messa diversamente da come da Noi ingiunto. Dichiariamo e ordiniamo parimenti che nessuno sia costretto ad alterare questo Messale, e che il presente documento non può essere revocato o modificato, ma rimane sempre valido e conserva la sua piena forza nonostante le precedenti costituzioni e decreti della Santa Sede, come pure qualsiasi costituzione o editto generale o speciale di concili provinciali o sinodali, e nonostante la pratica e la consuetudine delle suddette chiese, stabilite da lunga e immemorabile prescrizione”.

Le parole che l’arcivescovo Lefebvre pronunciò all’ordinazione di tredici sacerdoti nel 1976 sono parole che dovremmo prendere a cuore. Egli affermò: “Perché se la santissima Chiesa ha voluto custodire nel corso dei secoli questo tesoro prezioso che ci ha donato del rito della santa Messa che è stato canonizzato da San Pio V, non è stato senza scopo. È perché questa Messa contiene tutta la nostra Fede, tutta la Fede cattolica: Fede nella Santissima Trinità, Fede nella Divinità di Nostro Signore Gesù Cristo, Fede nella Redenzione di Nostro Signore Gesù Cristo, Fede nel Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo che è sgorgato per la redenzione dei nostri peccati, Fede nella grazia soprannaturale, che ci viene dal Santo Sacrificio della Messa, che ci viene dalla Croce, che ci viene attraverso tutti i Sacramenti. Questo è ciò che crediamo. Questo è ciò che crediamo nel celebrare il Santo Sacrificio della Messa di tutti i tempi. È una lezione di Fede e allo stesso tempo una fonte della nostra Fede, indispensabile per noi in quest’epoca in cui la nostra Fede è attaccata da tutte le parti. Abbiamo bisogno di questa Messa vera, di questa Messa di sempre, di questo Sacrificio di Nostro Signore Gesù Cristo per riempire realmente le nostre anime con lo Spirito Santo e con la forza di Nostro Signore Gesù Cristo.”

Papa Benedetto XVI ha detto: “Ciò che le generazioni precedenti consideravano sacro rimane sacro e grande anche per noi, e non può essere all’improvviso del tutto proibito o addirittura considerato dannoso. È doveroso per tutti noi preservare le ricchezze che si sono sviluppate nella fede e nella preghiera della Chiesa”.

Ritengo sia importante affermare qui che la FSSPX non è al di fuori della Chiesa cattolica e che, sebbene sia canonicamente irregolare, non è scismatica. Il vescovo Athanasius Schneider, che ha condotto uno studio approfondito sulla FSSPX, ha fornito una difesa chiara e coerente della Fraternità. Ha affermato che i cattolici possono partecipare senza preoccupazioni alle messe della FSSPX e ricevere i sacramenti dal suo clero. Sebbene riconosca la “situazione canonica irregolare” della FSSPX, afferma che ciò non equivale a essere al di fuori della Chiesa e ha elogiato la FSSPX per aver sostenuto la fede e la liturgia cattolica tradizionale. Il vescovo Schneider ha anche chiesto il pieno riconoscimento canonico della Fraternità da parte del Vaticano, affermando che la FSSPX aderisce agli insegnamenti e ai sacramenti cattolici tradizionali così come sono stati praticati per secoli prima del Vaticano II.

In conclusione, vorrei citare una famosa dichiarazione fatta dall’arcivescovo Lefebvre nel 1974. Egli percorse la via dell’apostolo e fu portato a stabilire un luogo sicuro, un rifugio, per la Messa nella sua forma pura, un luogo in cui il Deposito della Fede fosse protetto e la scalinata preservata intatta, mentre la scimmia della Chiesa stava staccando le assi e gettando via tutto ciò che è più prezioso.

Ecco la dichiarazione dell’arcivescovo Lefebvre: “Ci atteniamo saldamente, con tutto il nostro cuore e con tutta la nostra anima, alla Roma cattolica, custode della fede cattolica e delle tradizioni necessarie a preservare questa fede, alla Roma eterna, maestra di saggezza e di verità. Noi rifiutiamo, d’altra parte, e ci siamo sempre rifiutati di seguire la Roma di tendenze neo-moderniste e neo-protestanti, che si sono chiaramente evidenziate nel Concilio Vaticano II e, dopo il Concilio, in tutte le riforme che ne sono derivate. Tutte queste riforme, infatti, hanno contribuito e contribuiscono tuttora alla distruzione della Chiesa, alla rovina del sacerdozio, all’abolizione del Sacrificio della Messa e dei sacramenti, alla scomparsa della vita religiosa, ad un insegnamento naturalista e teilhardiano nelle università, nei seminari e nella catechesi; insegnamento derivato dal liberalismo e dal protestantesimo, più volte condannato dal solenne Magistero della Chiesa. Nessuna autorità, neppure la più alta nella gerarchia, può costringerci ad abbandonare o sminuire la nostra fede cattolica, così chiaramente espressa e professata dal Magistero della Chiesa per diciannove secoli. ‘Ma anche se noi stessi’, dice san Paolo, ‘o un angelo dal cielo vi predicasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anatema’ (Gal 1,8). Non è forse questo che il Santo Padre ci ripete oggi? E se possiamo discernere una certa contraddizione nelle sue parole e nei suoi atti, come in quelli dei dicasteri, ebbene scegliamo ciò che è sempre stato insegnato e facciamo orecchie da mercante alle novità che distruggono la Chiesa. È impossibile modificare profondamente la lex orandi senza modificare la lex credendi. Al Novus Ordo Missae corrispondono un nuovo catechismo, un nuovo sacerdozio, nuovi seminari, una Chiesa pentecostale carismatica, tutte cose opposte all’ortodossia e all’insegnamento perenne della Chiesa. Questa Riforma, nata dal Liberalismo e dal Modernismo, è avvelenata da cima a fondo; deriva dall’eresia e finisce nell’eresia, anche se tutti i suoi atti non sono formalmente eretici. È quindi impossibile per qualsiasi cattolico coscienzioso e fedele sposare questa Riforma o sottomettersi ad essa in qualsiasi modo. L’unico atteggiamento di fedeltà alla Chiesa e alla dottrina cattolica, in vista della nostra salvezza, è il rifiuto categorico di accettare questa Riforma. Ecco perché, senza alcuno spirito di ribellione, amarezza o risentimento, proseguiamo la nostra opera di formazione dei sacerdoti, con il Magistero senza tempo come nostra guida. Siamo persuasi che non possiamo rendere un servizio più grande alla Santa Chiesa cattolica, al Sommo Pontefice e alla posterità. Ecco perché ci atteniamo saldamente a tutto ciò che è stato creduto e praticato nella fede, nella morale, nella liturgia, nell’insegnamento del catechismo, nella formazione del sacerdote e nell’istituzione della Chiesa, dalla Chiesa di tutti i tempi; a tutte queste cose come codificate in quei libri che videro il giorno prima dell’influenza modernista del Concilio. Questo faremo fino a quando la vera luce della Tradizione dissiperà l’oscurità che oscura il cielo della Roma Eterna. Facendo questo, con la grazia di Dio e l’aiuto della Beata Vergine Maria, e quello di San Giuseppe e San Pio X, siamo certi di rimanere fedeli alla Chiesa cattolica romana e a tutti i successori di Pietro, e di essere i fideles dispensatores mysteriorum Domini Nostri Jesu Christi in Spiritu Sancto. Amen”.

L’arcivescovo non scrisse queste parole con spirito di ribellione, ma come un grido di battaglia per tutti coloro che vogliono combattere per Cristo Re. Offro questa stessa dichiarazione come mio grido di battaglia per combattere per Lui.

Nel concludere questa lettera, rinnovo l’attenzione a Gesù Cristo. La Chiesa è Sua, la Messa è Sua, Egli si è offerto al Padre una volta per tutte per la salvezza delle nostre anime. Resistiamo a qualsiasi ulteriore tentativo di diminuire la nostra attenzione verso Gesù e attiriamo tutta la Chiesa – ordinata, religiosa e laica – a conoscerLo più profondamente “nello spezzare il pane”. E proclamiamo al mondo che Gesù Cristo è Salvatore e Signore di tutti.

Ai miei confratelli vescovi cito le parole del santo papa Giovanni Paolo II: “Dobbiamo difendere la verità a tutti i costi, anche se fossimo ridotti di nuovo a soli dodici”.

Che Dio Onnipotente vi benedica e che la nostra Santa e Immacolata Madre vi protegga e vi guidi sempre verso il suo Divin Figlio, Nostro Signore Gesù Cristo.

Fonte: bishopjosephstrickland.substack.com

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