
Indagine su una borsa scomparsa. E su quello che forse si cercava davvero
Roma, Rione Monti. Domenica 4 maggio. Ultima Messa pubblica del cardinale Jean-Marc Aveline prima dell’ingresso nel conclave. Tra i banchi della parrocchia della Madonna dei Monti, fedeli e giornalisti. È lì che il parroco, don Francesco Pesce, lascia cadere una notizia quasi per caso, come fosse una nota di colore: “La scorsa settimana è stata rubata la borsa del cardinale. Conteneva effetti personali, chiavi… ma dopo tre giorni è stata ritrovata. Intatta.”
Intatta.
E qui iniziano le domande.
Il furto che non convince
C’è qualcosa che non quadra. Un ladro che si prende la briga di rubare una borsa da un cardinale in pieno pre-conclave, e poi la restituisce? Con dentro ancora le chiavi dell’auto? Senza prelevare nulla? E guarda caso, la borsa viene ritrovata proprio vicino alla chiesa. Come dimenticata. Come lasciata lì da una mano che sapeva bene cosa stava facendo.
Un ladro non avrebbe agito così. E allora, la vera domanda è: chi ha preso quella borsa e perché?
Un colpo mirato?
Il sospetto, che a voce bassa circola già tra alcuni corridoi vaticani, è che non si sia trattato di un furto, ma di un’azione mirata. Qualcuno cercava qualcosa. Un appunto? Un nome? Un pensiero scritto in fretta in vista del conclave? Una nota personale del cardinale su chi, tra i 133 elettori, potrebbe raccogliere l’eredità di Pietro?
Nei giorni che precedono un conclave tutto diventa sensibile. Anche uno sguardo, una parola, un silenzio. Un’agenda o un foglietto dimenticato possono valere più di mille indiscrezioni.
Ecco perché, se davvero si è trattato di una “mano curiosa”, non era interessata a oggetti, ma a informazioni.
Uno scherzo… da prete?
C’è chi, tra i parroci romani e le sacrestie informate, azzarda un’ipotesi più sottile: uno “scherzo da prete”. Un gesto simbolico. Un messaggio. Come a dire: “Attenzione, nulla è davvero al sicuro.” Una provocazione interna, più che un’azione criminale. Una mossa per mettere pressione o per tastare il terreno.
Se così fosse, chi l’ha fatto sapeva esattamente dove cercare, cosa cercare, e soprattutto… quando restituire. Non troppo presto da insabbiare l’evento. Non troppo tardi da impedire al cardinale di portare con sé ciò che gli serve nel conclave.
Il segnale prima della fumata
Alla fine, la borsa è tornata. Il contenuto – a quanto si dice – intatto. Nessun documento compromettente, nessuna lista segreta. Ma anche questa è solo una versione. Perché chi può dire cosa è stato copiato, letto, fotografato?
La vicenda rimane sospesa. Nessun colpevole, nessuna dinamica chiarita. Solo un oggetto sacro-profano scomparso e riapparso. Come un avvertimento. Come un’ombra che si aggira prima che si accendano le luci della Sistina.
Forse, più che un furto, è stato un messaggio. E forse quel messaggio non era indirizzato solo al cardinale Aveline. Forse era anche per tutti i cardinali che domani entreranno in conclave.
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Nella foto (arcidiocesi di Marsiglia), il cardinale Jean-Marc Aveline