
Seguire papa Leone con fiducia, pregando per lui
di Aldo Maria Valli
Come spesso succede, un mio intervento in Duc in altum ha dato vita a numerose reazioni da parte dei lettori. Mi riferisco all’articolo Non sparate su Leone, nel quale invito gli amici tradizionalisti ad andarci piano con le critiche al nuovo papa e a non essere così occhiuti da rischiare di cadere nel settarismo.
Circa i due terzi dei commenti mi dicono “bravo”, mentre un terzo mi giudica troppo ottimista e anche un po’ smemorato.
Un carissimo amico del blog, per esempio, mi scrive: “Non si tratta di fare le pulci badando, come tu dici, a ogni virgola! Si tratta di fatti, e anche pesanti, della storia personale di Prevost. Il suo vaccinismo non è una virgola, ma un fatto gravissimo, per cui stanno ancora soffrendo milioni di persone che nessun medico vuole o può curare. L’immigrazionismo non è una virgola. È il motivo per cui le nostre città sono sotto coprifuoco al tramonto, se si vogliono evitare guai. La fulgida carriera fatta al traino di Bergoglio non è una virgola. Sappiamo bene come trattasse quelli che non mettevano i piedi esattamente sulle sue orme! Sì, si è presentato molto meglio dell’argentino, senz’altro; e non ci voleva molto… Ha parlato bene, la sua omelia rivolta ai cardinali è stata perfetta. Ma è meglio attendere i primi fatti, secondo me. Quanto ci metterà a cacciare quel vomitevole personaggio di Fernández? Quanto a revocare le persecuzioni contro i Francescani dell’Immacolata e tante altre realtà ecclesiali di prim’ordine? Quanto a revocare o correggere Amoris laetitia? Essere prudenti nei suoi confronti mi pare quanto meno ragionevole”.
Ora, io ammetto che nei confronti dei papi, e in particolare dei papi nuovi, ho l’innamoramento facile. Non appena li vedo comparire alla loggia delle benedizioni stacco una cambiale in bianco. Mi fido. Fu così anche per Francesco (nonostante qualche vaga inquietudine) e ci misi tre anni prima di esprimere tutte le mie perplessità. Altri capirono molto prima e furono certamente più lungimiranti del sottoscritto.
Quanto a papa Leone, io dico: l’esordio è stato, secondo me, molto buono. Adesso stiamo a vedere. Nel suo passato c’è qualche ombra? D’accordo, ma lo Spirito Santo è all’opera e in ogni caso la funzione esercitata cambia la persona.
Sarei felicissimo se papa Leone XIV tornasse a vivere nel palazzo apostolico, ma immagino che, se anche volesse, non sarà possibile in tempi brevi visto che l’appartamento papale è stato a lungo abbandonato. Sarei felicissimo se sostituisse il prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, cardinale Fernández, e gli consegnasse un biglietto di sola andata. Ma so bene che non potrà farlo subito. I documenti di Bergoglio da revocare o correggere sono tanti, ma il nuovo papa non potrà usare il colpo di spugna.
Ripeto: stiamo a vedere. Ma con fiducia e pregando per papa Leone, non con il fucile puntato e il colpo in canna. Va bene essere vigilanti, ma guardiamoci dal rischio di perdere la speranza.
Sì, preghiamo per papa Leone. Perché vedrete che le sinistre di varia foggia e provenienza incominceranno presto sia a metterlo sulla graticola sia a cercare di impadronirsi di lui. E lo stesso faranno, dentro la Chiesa, i modernisti. Quindi se, specie all’inizio, agirà con circospezione bisognerà capirlo.
Il cardinale Német di Belgrado ha raccontato che durante una cena il nuovo papa ha spiegato di aver scelto il nome Leone in onore di Leone XIII. E lo ha fatto con un’interessante annotazione: “Siamo dentro una nuova rivoluzione: ai tempi di Leone XIII era in corso una rivoluzione industriale, adesso è in corso la rivoluzione digitale”.
Ecco un tema di cui volevo parlare già qualche giorno fa. Fra gli enormi problemi che Leone XIV (il quale, non dimentichiamolo, ha una formazione anche scientifica) dovrà affrontare c’è la rapida e profonda rivoluzione tecnologica che ormai, al punto in cui siamo, sta mettendo in discussione l’idea stessa di identità umana. Pensiamo all’intelligenza artificiale generale, o AGI (Artificial General Intelligence), che punta a replicare la capacità umana di risolvere problemi e di ragionare anche attraverso astrazioni superando la “vecchia” intelligenza artificiale. Si tratta di sviluppi che chiamano necessariamente in causa anche la filosofia e la teologia, per cui davvero il papa Leone degli anni Duemila si trova a fare i conti con una rivoluzione, forse ben più profonda e insidiosa di quella che affrontò Leone XIII alla fine dell’Ottocento.
Accenno infine al suo essere missionario, un elemento che non ha solo una valenza pastorale. Ricorderete la sciagurata dichiarazione di Abu Dhabi sottoscritta da Bergoglio, in cui si dice che tutte le religioni sono vie che portano a Dio. Ebbene, una tale affermazione di fatto annulla la dimensione missionaria della Chiesa, perché se tutte le religioni sono vie che portano a Dio cade l’esigenza dell’evangelizzazione e dunque anche quella della missionarietà. Ora, aver eletto un papa missionario equivale a smentire implicitamente la dichiarazione di Abu Dhabi e l’indifferentismo religioso in essa contenuto.
Concludo di nuovo con l’esorcismo che si trova sul basamento dell’obelisco di piazza San Pietro, perché mi piace e penso ce ne sia bisogno: “Ecce Crucem Domini! Fugite partes adversae! Vicit Leo de tribu Juda, Radix David! Alleluia!”.
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