Opinione / Battiston: “Dai frutti lo riconosceremo. Una chiave di lettura”

di Fabio Battiston

Il breve ma efficacissimo contributo di Martino Mora intitolato “La direzione non cambia” (qui), contiene alcuni elementi oggettivi che, oltre a essere pienamente condivisibili, consentono di proporre qualche ulteriore spunto di riflessione.

Sento di dover applicare alla fattispecie (in pratica ciò che vogliamo, auspichiamo o paventiamo dal nuovo pontificato) il tristemente noto slogan, ma in questo caso utile alla bisogna, che va sotto il nome di “vigile attesa”. Stavolta non sono gli effetti della Tachipirina a dover essere sottoposti a verifica bensì ciò che pensieri, parole, documenti e atti di Papa Leone XIV rappresenteranno in rapporto alla temperie che la Chiesa cattolica sta vivendo da oltre sessant’anni a questa parte e che negli ultimi dodici ha assunto il carattere di un vero e proprio tsunami.

Non si tratta – come ha giustamente paventato Valli in alcuni interventi di questi ultimi giorni – di mettersi a fare l’esegesi di ogni parola o atto che emerge da questi primi giorni/settimane di pontificato; neppure di star lì’ col fucile puntato, pronti a far fuoco sulla base di interpretazioni del momento. Sono d’accordo che occorra rifuggire da simili atteggiamenti anche se, al tempo stesso, c’è da comprendere quale sia lo stato d’animo di molti credenti al termine di quasi tre lustri in cui uno pseudo-papato ha dato il peggio di sé mostrando tirannia, apostasia e neopaganesimo senza freni.

Ecco quindi che intendo proporre agli amici di Duc in altum una possibile chiave di lettura del nuovo pontificato alla luce non già delle sensazioni immediate, bensì in ossequio a quel “dai loro frutti li riconoscerete”  con cui abbiamo spesso preso posizione nei confronti delle mostruosità dottrinali, liturgiche e pastorali di cui si è reso protagonista l’attuale inquilino di Santa Maria Maggiore. Ed è proprio da alcune di tali mostruosità, o meglio dalla loro intoccabilità o meno, che potremo capire se e in che misura Mora sia nel giusto affermando che “la direzione non cambia”, oppure se siamo in presenza di potenziali resipiscenze e di quale entità.

Metto la questione nel modo seguente: se entro i prossimi tre anni, Papa Leone XIV avrà compiuto almeno un terzo degli atti che elenco nel seguito, penso si possa ragionevolmente affermare di essere quantomeno vicini ad una possibile svolta; un cambiamento, cioè, che possa lentamente riconsegnarci quella Tradizione, Scrittura e Magistero in cui si sono sempre riconosciuti i fedeli degli ultimi due millenni e in cui – parafrasando il Ratzinger di Summorum Pontificum – c’è sempre stata una costante crescita e progresso ma nessuna rottura col passato (santo) e la storia (nobile) della Chiesa.

Ecco gli atti cui mi riferisco:

abiura unilaterale della Dichiarazione di Abu Dhabi;

ripristino del Motu Proprio Summorum Pontificum sulla liturgia tridentina con contestuale liberalizzazione, non solo della Santa Messa, ma anche di tutte le celebrazioni liturgiche in rito antico (come ad esempio il Triduo Pasquale);

eliminazione della modifica apportata al “Padre Nostro”, ripristinando la precedente frase e non ci indurre in tentazione al posto del famigerato non abbandonarci alla tentazione;

abrogazione della scomunica a Monsignor Carlo Maria Viganò;

rimozione del commissariamento di alcuni ordini sgraditi alla chiesa “misericordiosa” di Bergoglio, con particolare riferimento alle Suore Francescane dell’Immacolata;

rimozione da tutte le Chiese cattoliche di immagini e simboli richiamanti culti neopagani, come ad esempio la pachamama;

eliminazione di tutti i “nuovi peccati” imposti dal sinodo sulla sinodalità;

profonda revisione della pastorale sull’immigrazione, centrata sul pieno recupero del “diritto a non emigrare” e del “diritto allo sviluppo nel e del proprio paese”; in tale contesto, revisione in senso fortemente restrittivo dei rapporti tra la Chiesa e le Ong;

denuncia degli obiettivi dell’Agenda Onu 2030 in qualsiasi modo contrari alla fede cattolica e alla Dottrina della Chiesa;

profonda revisione della pastorale su tutte le tematiche inerenti ecologia, ambiente e clima, eliminando e denunciando le forme più estremistiche – all’interno della Chiesa – vicine a gruppi e movimenti eco-talebani fondamentalisti;

denuncia, come falsa e non provata scientificamente in modo oggettivamente inequivocabile, dell’origine antropica del riscaldamento climatico;

abrogazione della lettera pastorale “Fiducia supplicans”;

cessazione di ogni incarico e/o collaborazione, nella Santa Sede, coinvolgente il cardinale Victor Manuel Fernandez;

rimozione da qualsiasi incarico di ordinati e suore vicini, in vario modo, al mondo e alle comunità LGBTQ;

energica azione contro il sinodo tedesco e le sue prese di posizione sui diversi ambiti della vita ecclesiale e sociale;

azione decisa e definitiva contro la teologia della liberazione e i suoi seguaci all’interno della Chiesa cattolica.

Chi scrive è ben consapevole come sugli scenari indicati non si possa pretendere un cambio di rotta rapidissimo e a centottanta gradi rispetto al recente passato; tuttavia è senz’altro lecito auspicare una deviazione – anche di piccola entità – foriera però di un costante e progressivo allontanamento dalle brutali scelte imposte dal suo nefasto predecessore.

D’altra parte i sedici punti che ho illustrato rappresentano solo alcune delle molteplici situazioni per le quali, dal nuovo Pontefice, dovremmo attenderci degli interventi indicanti una chiara inversione di tendenza. Pensiamo, ad esempio, a come dovrebbero profondamente modificarsi i rapporti delle Conferenze episcopali continentali con l’Unione Europea e la sua piattaforma di disvalori e orientamenti non solo distanti ma ormai violentemente ostili alla cristianità. Rapporti oggi basati sul più ignobile servilismo e vile accondiscendenza del clero cattolico europeo verso le “istituzioni” di Bruxelles e Strasburgo. E come non pensare alla necessità, per la Chiesa cattolica, di chiedere scusa per l’ignobile trattamento da essa riservato a tutti quei credenti che hanno rifiutato i salvifici vaccini anticovid. Le infamie e le ignobili accuse di peccato riservate da Bergoglio al popolo cattolico che ha rifiutato di portare cuore e cervello all’ammasso, devono essere ritrattate con un atto formale e sostanziale di riabilitazione totale.

Ho speranza (flebile) e fiducia (poca) che qualcuno dei cambiamenti che ho finora evocato possa verificarsi. Troppo grande e indescrivibile, infatti, è il danno provocato da dodici anni di dittatura bergogliesca e dall’impetuoso aumento di ordinati e laici ferocemente e fanaticamente seguaci della sua orrida dottrina. Per non parlare del Deep State globalista e massonico, vero regista di quest’ultimo secolo e mezzo di storia della Chiesa. Nondimeno il miracolo potrebbe (forse) verificarsi. Ma potrebbe anche realizzarsi quella profezia più volte richiamata nelle Scritture e per la quale, prima del trionfo di Cristo Re, dovremo passare per il regno, seppur temporaneo, dell’Anticristo. D’altra parte il primo vero falso profeta – anticipatore di tale regno – lo abbiamo già visto all’opera, sperimentandolo sulla nostra pelle. E sappiamo pure che altri ne dovranno seguire. È Lui che ce lo ha predetto, non dimentichiamolo.

 

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