Così Leone XIV recupera «Humanae vitae» e «Veritatis splendor»

di padre Santiago Martín

Un segno inequivocabile che Papa Leone sta facendo bene è che ha già iniziato a essere attaccato dagli squali. Per ora si tratta di squali piccoli, l’avanguardia della truppa, inviati come segnali di avvertimento da quelli con denti più forti e affilati. Sono attacchi, soprattutto sulla stampa italiana, provenienti sia dal clero sia da laici che finora hanno goduto di prebende. Ciò che li rende nervosi è la chiarezza con cui il Pontefice parla di questioni come la famiglia e le fonti a cui attingere per l’evangelizzazione.

Per esempio li ha infastiditi il telegramma indirizzato al Celam, il Consiglio episcopale latinoamericano, che coordina tutte le Conferenze episcopali dell’America Latina. Il motivo era la celebrazione del settantesimo anniversario della sua fondazione e nella riunione si stava cercando di discernere quali mezzi pastorali utilizzare per l’evangelizzazione di un continente un tempo quasi totalmente cattolico ma che oggi assiste a un abbandono massiccio della Chiesa verso le sette e l’incredulità. Nel telegramma il Papa ha detto loro, letteralmente, che tali soluzioni devono essere trovate «secondo i criteri della Sacra Scrittura, della Tradizione e del Magistero». Messaggio molto chiaro, che comporta, tra l’altro, di dimenticare per sempre la pachamama e le più esotiche fantasie amazzoniche.

Poi Leone XIV li ha resi ancora più nervosi, molto nervosi, con ciò che ha detto nell’omelia per il Giubileo delle famiglie. Ha iniziato affermando che la vita umana è un dono fin dalla sua origine, per poi continuare dicendo che «il matrimonio non è un ideale, ma il modello del vero amore tra l’uomo e la donna, amore totale, fedele e fecondo», e ha citato letteralmente l’enciclica «Humanae vitae» di san Paolo VI, al numero 9. Qui ha messo il dito nella piaga, poiché negli ultimi anni il matrimonio come unione stabile e aperta alla vita fra un uomo e una donna è stato considerato un ideale, un obiettivo difficile da raggiungere, il che comporta che, mentre si tende all’ideale, si devono accettare soluzioni meno perfette, come la convivenza senza matrimonio, il matrimonio dei divorziati o le unioni omosessuali. Le parole del Papa non solo alludono alla «Humanae vitae», ma riprendono chiaramente ciò che san Giovanni Paolo II ha insegnato nella «Veritatis splendor» all’articolo 103: «Sarebbe un errore gravissimo concludere […] che la norma insegnata dalla Chiesa è in sé stessa un “ideale” che deve poi essere adattato, proporzionalmente e gradualmente, alle possibilità concrete dell’uomo, cercando un equilibrio tra i vari beni in gioco». La considerazione del matrimonio come un ideale, al quale si deve cercare di arrivare, ma accettando situazioni che non lo raggiungono, è stata criticata, con ironia, dal compianto cardinale Caffarra, che affermò: «L’indissolubilità, o più in generale il matrimonio inteso in senso cristiano, non è un ideale, una sorta di meta da raggiungere e per la quale ci si deve sforzare. Mi piacerebbe vedere la reazione di una moglie a cui il marito dicesse: “Guarda, la fedeltà verso di te è per me un ideale verso cui mi sforzo, ma che ancora non possiedo”».

Con le sue parole Papa Leone ha dunque recuperato il magistero della «Humanae vitae» e della «Veritatis splendor». Ecco perché – giustamente dal loro punto di vista – gli squali si sono innervositi e hanno iniziato ad attaccare.

Ma in questo commento voglio riferirmi anche a qualcosa che mi ha colpito personalmente. Venerdì 6 giugno il Santo Padre ha concesso un’udienza ai partecipanti all’incontro annuale dei presidenti dei movimenti ecclesiali, incontro al quale, in qualità di fondatore dei Francescani di Maria, ho avuto l’onore di partecipare. Nel suo messaggio, Leone XIV ha affermato che i carismi sono una dimensione essenziale della vita della Chiesa e ha ricordato che la gerarchia ecclesiastica e il sacramento dell’Ordine sacro esistono per offrire oggettivamente la grazia attraverso i sacramenti, la predicazione della Parola e la cura pastorale, mentre i carismi sono distribuiti liberamente dallo Spirito Santo affinché la grazia possa dare frutti di vita cristiana in modi diversi. Proseguendo il suo messaggio, il Pontefice ha citato san Giovanni Paolo II, affermando che sia la gerarchia sia i carismi sono coessenziali nella costituzione divina della Chiesa fondata da Gesù. Infine, il Papa ha aggiunto che «l’unità e la missione sono due priorità del ministero petrino. Per questo motivo –  ha aggiunto – «chiedo alle associazioni ecclesiali e ai movimenti di sostenere fedelmente e generosamente il Papa in questi due punti, essendo innanzitutto lievito di unità e poi lavorando all’evangelizzazione».

Come fece san Giovanni Paolo II, il Papa conta nuovamente sui movimenti affinché lo sostengano nel suo obiettivo di unire la Chiesa e di evangelizzare. È necessario farlo perché Cristo, attraverso il Papa, lo chiede, confidando che il suo vicario sappia verso quale direzione dirigere la barca della Chiesa.

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