
Lettera da Londra / L’unico servizio pubblico garantito? La morte
di Laura Dodsworth
L’establishment britannico si sta sempre più dedicando a quello che appare, in modo davvero inquietante, un vero e proprio culto della morte. Una società che un tempo considerava la preservazione della vita un dovere, ora considera sempre più la morte come qualcosa di moralmente elevato.
Questa macabra deriva è dimostrata da due proposte di legge. La prima è la legge sugli adulti malati terminali (fine vita). La seconda è un emendamento alla legge sulla giustizia penale, approvata in questi giorni, che apporta profonde modifiche alle leggi britanniche sull’aborto. Entrambe si mascherano da atti modernizzatori nel segno della compassione e della scelta, ma in realtà danno priorità al mettere fine alla vita rispetto alla protezione della vita stessa. Entrambe sono state approvate con uno zelo che spaventa. Entrambe sono motivo di allarme.
Ormai è più che evidente che il disegno di legge sul suicidio assistito non è né sicuro né praticabile. Ho già parlato in passato dei suoi problemi, ma riassumo. In primo luogo, è stato respinto il periodo di riflessione obbligatorio per le persone con diagnosi terminale. La presunta garanzia del giudice dell’Alta Corte è stata abbandonata. Le proposte per proteggere le persone con sindrome di Down sono state accantonate. Persino il Royal College of Psychiatrists, che di solito mantiene una posizione neutrale, si è espresso contro il disegno di legge. Diverse organizzazioni per il sostegno alla disabilità hanno avvertito che la norma eserciterebbe pressioni sulle persone vulnerabili affinché pongano fine alla propria vita.
È difficile non avere l’impressione che alcuni parlamentari siano determinati a far approvare questa legge a tutti i costi, sventolando hashtag come #ChoiceAtTheEndOfLife. Ma che tipo di libertà è questa quando le cure palliative sono costose e con risorse insufficienti, mentre una dose letale di farmaci per l’esecuzione è veloce ed economica?
Come ha sottolineato il giornalista Dan Hitchens in un thread su X, è probabile che la morte avrà priorità sulle cure palliative, come è successo in altri Paesi.
E adesso i parlamentari hanno votato per depenalizzare l’aborto per le donne in relazione alle proprie gravidanze, eliminando la minaccia di procedimenti penali anche nei casi di gravidanza tardiva. Ciò è stato fatto modificando il disegno di legge sulla giustizia penale e rappresenta la modifica più significativa della legge sull’aborto del Regno Unito da decenni.
Credo che la legge attuale, per quanto caotica e imperfetta, abbia almeno cercato di trovare un equilibrio. Ecco perché penso che la modifica della legge dovrebbe essere una questione da affrontare con enorme attenzione e profonda riflessione. Invece è stata approvata più velocemente della legge sul suicidio.
Secondo il quadro normativo vigente, l’aborto è consentito fino a 24 settimane se proseguire la gravidanza rappresenta un rischio per la salute fisica o mentale della donna o per i suoi figli. Dopo le 24 settimane, è consentito solo se esiste un rischio sostanziale che il bambino nasca con gravi anomalie fisiche o mentali. (Tuttavia, va sottolineato che “grave” non è definito in modo preciso e nel 2001 una gravidanza è stata interrotta a 28 settimane a causa di una diagnosi di labiopalatoschisi). La legge richiede l’approvazione di due medici. Le donne che si autosomministrano la pillola abortiva oltre le nove settimane e sei giorni potevano, fino ad ora, essere perseguite penalmente.
Il nuovo emendamento modifica quest’ultimo punto. Le donne che interrompono la gravidanza oltre i limiti di legge o con pillole illegali non saranno più penalmente responsabili, nemmeno fino al termine della gravidanza.
Perché? Perché negli ultimi due anni sei donne sono state incriminate per aver interrotto la propria gravidanza, tra cui Carla Foster, che era incinta di oltre 30 settimane quando ha ottenuto la pillola contraccettiva ingannando telefonicamente un medico specializzato in aborti.
Un’altra, Nicola Packer, è stata assolta da una giuria per essersi somministrata illegalmente la pillola abortiva a casa durante il lockdown del 2020. Aveva assunto la pillola abortiva prescritta quando era incinta di circa 26 settimane, oltre il limite legale di nove settimane e sei giorni. Non si era resa conto di essere incinta da più di dieci settimane.
Si tratta di casi rari e tragici. Ma la soluzione è depenalizzare completamente l’aborto a termine? Non c’è forse un problema con le pillole abortive spedite per posta? L’aborto non dovrebbe richiedere un consulto di persona? Persino gli operatori sanitari che offrono assistenza per l’aborto hanno espresso preoccupazione per la fretta con cui è stato approvato questo emendamento.
Questo emendamento implica che una donna incinta può porre fine alla vita del suo bambino nel grembo materno, senza andare in prigione, anche se il bambino è vivo e potrebbe sopravvivere se nascesse prematuramente. Ditemi, è così diverso dall’infanticidio?
Ci viene detto che queste due modifiche alla legge riguardano compassione e scelta, ma sembra che la morte, non la vita, sia sacralizzata. Gli estremisti ci stanno trascinando verso un futuro in cui la morte è l’unico servizio pubblico garantito. Un altro passo verso il culto della morte.