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Giocare non basta più. Riflessioni sulla Barbie malata

di Vincenzo Rizza

Caro Aldo Maria,

tutto cambia, e non ci sono più le Barbie di una volta. Così dopo la Barbie transgender e quella con la sindrome di Down, ecco che la Mattel ci presenta l’ultima novità: la Barbie con il diabete di tipo 1.

È tutto vero: anche Barbie si ammala, ma, naturalmente, a fin di bene. Dopo oltre sessant’anni di salute perfetta, fisico da pin-up e sorriso smagliante, anche lei entra nel mondo della vulnerabilità, con tanto di sensore, microinfusore e app sullo smartphone. D’altronde, l’inclusività non è più una scelta ma un dovere liturgico, con le sue prescrizioni, i suoi simboli, le sue parole d’ordine. E guai a non specificare la malattia: diabete di tipo 1, mi raccomando, che non si faccia confusione con altri tipi di diabete.

Il giocattolo non serve più a giocare ma a formare. Ogni bambola è un piccolo catechismo plastificato della sensibilità contemporanea e se non trasmette un “messaggio” non ha motivo di esistere.

Ai bambini viene, così, chiesto di partecipare a riti para-terapeutici e inclusivi, in cui il gioco diventa un pretesto per essere istruiti al linguaggio del politicamente corretto. A sei anni devono imparare a celebrare la diversità, a familiarizzare con la cronicità, a sviluppare empatia indotta. Una volta si giocava per immaginare, per dare spazio alla propria fantasia; oggi si gioca per adeguarsi al mondo. Non è più evasione, ma rieducazione. E la malattia, come ogni altro “tratto identitario”, diventa segmento di mercato.

Hai il diabete? Sei rappresentato. Non ce l’hai? Non importa: puoi partecipare lo stesso, stringendo tra le mani il tuo giocattolo con spirito empatico. Sembra che vincano tutti tranne, forse, i bambini che convivono davvero col diabete e non hanno la borsetta coordinata al sensore glicemico.

Chissà cosa ci riserveranno i creativi Mattel: dopo la Barbie con il diabete, arriverà quella con l’emicrania cronica? O con la depressione stagionale? Magari quella con problemi di alcolismo, purché naturalmente in versione pastello, accompagnata dall’immancabile comunicato stampa sull’“accettazione delle fragilità”.

Nel frattempo, Barbie continua a sorridere; i bambini un po’ meno dopo aver imparato, a proprie spese, che giocare non basta più.

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Nella foto (Yahoo News; photo Mattel) la Barbie con il diabete di tipo 1

Aldo Maria Valli:
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