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Quando la missione è distruggere la Chiesa. Il caso Cupich

La competizione tra i gerarchi del Novus Ordo per vedere chi può essere il nemico numero uno della Madre Chiesa è sempre più serrata.

Fino a poco tempo fa, in testa c’era il vescovo di Charlotte Michael T. Martin. Dalla sua nomina nel maggio 2024, Martin si è mosso rapidamente per limitare la messa antica in tutta la diocesi, annunciando che le quattro sedi parrocchiali in cui si celebrava sarebbero state accorpate in un’unica cappella non parrocchiale a Mooresville (un edificio protestante riadattato con ingenti spese diocesane) sradicando così le comunità tradizionali dalle loro sedi storiche.

Accanto al vescovo di Charlotte, il favorito di sempre in questa competizione è l’altro Martin, il gesuita James Martin, il quale nel gioco chiamato “distruggiamo la Chiesa” non ha alcuna intenzione di farsi surclassare. Infatti, giorni fa ha ricordato a tutti perché rimane un peso massimo, quando con aria di sufficienza ha comunicato al mondo che il suo incontro con papa Leone XIV era stato “incoraggiante” perché il nuovo papa sarebbe in linea con l’agenda LGBTQ di Francesco.

Ma entrambi i contendenti hanno sottovalutato le oscure profondità in cui poteva scendere l’arcinemico del cattolicesimo, il cardinale Blase Cupich!

Il 3 settembre, sul sito web Chicago Catholic è apparso un saggio di questo prelato della nuova religione dal quale si capisce perché per i veri fedeli è così difficile provare anche solo un briciolo di carità nei suoi confronti.

Il saggio del cardinale Blase Cupich su “Tradizione contro tradizionalismo” è un capolavoro di linguaggio ambiguo modernista. A base di citazioni altisonanti e richiami selettivi a Newman, egli tenta di mascherare la rottura come continuità e di diffamare i cattolici che si rifiutano di inchinarsi alle macerie del “rinnovamento” postconciliare. La sua arma preferita – lo slogan di Pelikán sulla “fede viva dei morti” contro la “fede morta dei vivi” – viene sbandierata con la sicurezza compiaciuta di un uomo che pensa di aver vinto la battaglia con un abile gioco di parole. Ma questo aforisma preso in prestito crolla se messo sotto esame. La Tradizione non è “fede morta”. È la linfa vitale del Corpo Mistico, santificata da secoli di culto liturgico, difesa dai martiri e custodita dai santi. Sostenere il contrario non è solo superficialità: è una calunnia contro ogni fedele che ha preservato il culto cattolico dall’iconoclastia burocratica di uomini come Cupich.

Ciò che Cupich chiama “riforma” è stata in realtà una deturpazione. Lo sviluppo organico, come insegnato da san Vincenzo di Lerino, non significa abbattere una cattedrale gotica per erigere al suo posto un bunker di cemento. Eppure questo è esattamente ciò che è stato fatto sotto la bandiera dello “spirito” del Vaticano II. L’antico rito romano è stato smantellato, il canto gregoriano messo a tacere, gli altari strappati, i santuari vandalizzati e i fedeli sottoposti a una liturgia inventata, assemblata da una commissione e intrisa di sensibilità protestante. E ora, decenni dopo, Cupich ha il coraggio di affermare che questa catastrofe è stata un “recupero delle verità”.

Dove sono i frutti di questo cosiddetto recupero? Banchi vuoti. Seminari morti. Ignoranza della fede. Un crollo quasi totale della vita cattolica proprio nelle diocesi più zelanti per la riforma. Questi non sono i frutti del rinnovamento, ma del decadimento.

Nel frattempo, i “tradizionalisti” da lui derisi costituiscono l’unico settore della Chiesa visibilmente in crescita. Le loro parrocchie sono gremite. I loro confessionali sono pieni. Le loro famiglie sono numerose, i loro giovani devoti, le loro vocazioni fiorenti. Se questa è “fede morta”, allora che Dio ce ne dia di più. Il vero cadavere in questa storia è il guscio avvizzito della parrocchia del Novus Ordo, dove inni banali echeggiano tra i banchi semivuoti e nessuno si genuflette perché nessuno crede.

Cupich ripete a pappagallo l’insulto rivolto da Francesco agli “indietristi”, come se la fedeltà alla liturgia di innumerevoli santi fosse un segno di paralisi spirituale. Ma ciò che Cupich definisce arretrato la Chiesa lo ha sempre definito ortodosso. Non è stata la “rigidità” a spingere i martiri a sopportare la tortura, è stata la fedeltà. Non è stata la “nostalgia” a ispirare i monaci a miniare manoscritti o i compositori a creare polifonie, è stato l’amore per l’eterno. L’arretratezza non sta nel volgersi alla tradizione, ma nel fingere che gli esperimenti falliti degli anni Settanta costituiscano progresso.

L’intero saggio di Cupich puzza di difensivismo burocratico. Sa che il grande “rinnovamento” è fallito, e quindi rivolge la sua ira contro coloro che ne denunciano il fallimento con la loro stessa esistenza. I cattolici tradizionali, con la loro riverenza, la loro fecondità, la loro pura vitalità, rivelano la vacuità del deserto post-conciliare. E quindi devono essere calunniati, caricaturati e repressi. Le restrizioni imposte da Cupich alla messa antica a Chicago non sono prudenza pastorale, ma rancore ecclesiastico. Preferirebbe spingere i fedeli cattolici ai margini piuttosto che ammettere che ciò che la sua generazione chiama “rinnovamento” è in realtà un tradimento.

La fede viva della Chiesa non risiede nei vuoti slogan di Cupich o nelle sterili parrocchie da lui create. Vive nella Tradizione ininterrotta della Chiesa, nella santa messa dei secoli, nella dottrina senza tempo tramandata senza fratture. Ciò che Cupich disprezza come “tradizionalismo” non è altro che il cattolicesimo stesso. Il suo saggio non è una difesa della riforma, ma una confessione di fallimento.

Ma diamo un’occhiata ad alcuni dei “punti salienti” del curriculum di Cupich.

Repressione della messa tradizionale

In seguito al motu proprio “Traditionis custodes”, la brama di persecuzione di Cupich non poté essere contenuta e nel 2021 impose ampie restrizioni alla Messa tradizionale, vietandola nei giorni festivi più importanti: Pasqua, Pentecoste, prime domeniche, Natale e Triduo Santo. Si schierò attivamente con gli sforzi per privilegiare la forma ordinaria postconciliare rispetto al retaggio liturgico duraturo.

Nel 2022, le pressioni di Cupich avrebbero spinto l’Istituto di Cristo Re Sommo Sacerdote a sospendere tutte le messe pubbliche e le confessioni presso il loro santuario di Chicago.

Controversie sulle questioni LGBTQ

Nel 2018, Cupich ha rimosso padre Paul Kalchik per aver bruciato una bandiera arcobaleno del “pride”, un atto inteso come esorcismo, e a quanto pare ha suggerito nei suoi confronti una valutazione psicologica.

Ha suscitato ulteriori polemiche per aver invitato personalità pro-LGBTQ come il vescovo Robert McElroy e padre James Martin a parlare agli eventi diocesani.

Più di recente, nel 2023, Cupich ha presieduto una messa LGBTQ in occasione dei festeggiamenti del “pride” di Chicago, facendo appello all’unità, ma provocando costernazione tra i cattolici tradizionali.

Gestione delle accuse di abusi sessuali

L’arcidiocesi guidata da Cupich è stata criticata per aver continuato a nascondere i nomi dei sacerdoti abusatori negli ordini religiosi, nonostante l’ampliamento degli elenchi pubblici.

In altri casi, come quelli che coinvolgono George Clements e Michael Pfleger, Cupich avviò indagini o rimosse membri del clero dal ministero, sebbene i risultati e la trasparenza fossero messi in discussione.

Governance e cattiva gestione finanziaria

Durante il mandato di Cupich, si sono verificate numerose chiusure di parrocchie, spesso in comunità economicamente vulnerabili, e al contempo sono stati effettuati ingenti investimenti in progetti di alto profilo come la ristrutturazione della cattedrale del Santo Nome.

Punti critici politici e culturali

Ha condannato fermamente il divieto di immigrazione imposto dal presidente Trump nel 2017, definendolo “un momento oscuro nella storia degli Stati Uniti”.

Alla Convention nazionale democratica del 2024, Cupich pronunciò l’invocazione di apertura, in cui alcuni conservatori lamentarono l’assenza di contenuti antiabortisti.

Sinodalità vs dissenso tradizionale

Cupich difende spesso le riforme sinodali come una “realtà antica” e definisce i critici del sinodo come “allarmisti”, definendo la resistenza al cambiamento come reazionaria.

Quindi, diciamo le cose come stanno: Cupich è un cosiddetto cardinale la cui fedina penale è così macchiata che farebbe sembrare cattolico il tipico “sacerdote” anglicano.

radicalfidelity

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Nella vignetta, i quattro cavalieri dell’Apocalisse che rappresentano le cause di distruzione dell’umanità (pestilenza, guerra, carestia, morte) chiedono al quinto: “E tu sei?…”. Risposta: “Cupich”.

 

Aldo Maria Valli:
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