Un ballerino davanti all’altare?

Beh, devo dire che questa mi mancava. Non so se avete visto. Durante la messa celebrata dal cardinale Reinhard Marx al Katholikentag di Münster, il 13 maggio scorso, un giovane uomo ha danzato davanti all’altare al momento dell’Agnus Dei. Ha danzato a lungo, con movenze sinuose e sensuali. Ha danzato in canottiera, con sguardo ispirato, sulle note della Missa da pace, una «messa di pace» per coro e orchestra sinfonica, del compositore Klaus Wallrath, che prevede, appunto, anche il contributo della danza.

Il balletto (che si può vedere qui: https://onepeterfive.com/the-growing-german-schism-warnings-personal-attacks-and-a-liturgical-dance/) è avvenuto davanti a numerosi fedeli e ai vescovi tedeschi riuniti per l’annuale appuntamento che chiama a raccolta i cattolici tedeschi, intitolato quest’anno Cerca la pace.

Alla vigilia, invitando i cattolici a contribuire anche economicamente, i vescovi della Germania avevano spiegato che il Katholikentag 2018 sarebbe stato «un riflesso della vitalità e della forza della nostra Chiesa, colorato e multiforme, riflessivo e allegro, devoto e politico al tempo stesso». Qualunque sia il significato di queste parole, non immaginavo che la «vitalità» della Chiesa tedesca si potesse esprimere anche con la danza di un giovane uomo, piuttosto muscoloso, davanti all’altare nel bel mezzo della messa. Invece è successo.

C’è da dire che non è la prima volta che qualcuno cerca di introdurre la danza nella liturgia. In passato ci sono state suore che, anche con una certa disinvoltura, si sono proposte come ballerine. Che io sappia è però la prima volta che una danza viene introdotta così, in modo molto deciso, nel cuore della celebrazione eucaristica.

Il teologo Markus Büning, interpellato da OnePeterFive, si è detto indignato da questa danza «sensuale e del tutto sconveniente». «Manca il rispetto dovuto al santo sacrificio sulla croce che è presente nella santa eucaristia: assistiamo qui a una presa in giro di questo profondo mistero della nostra fede. Di fronte al Santissimo Sacramento noi non balliamo, ma cadiamo in ginocchio e lo adoriamo. Come posso insegnare ai miei figli un profondo rispetto verso il sacrificio nella santa messa quando i vescovi lo trasformano in un evento all’insegna della danza e dell’intrattenimento?».

Sappiamo che la Chiesa cattolica tedesca, per svariati motivi, non se la passa bene. Le polemiche sull’intercomunione, la divisione tra i pastori, la devastante crisi di vocazioni, le chiese che si svuotano: questi alcuni dei problemi con i quali deve fare i conti. La Conferenza episcopale tedesca avrà forse pensato che con una bella messa ballata, oltre che cantata, si può dare un contributo alla soluzione di nodi tanto complicati? Avranno forse pensato che «balla che ti passa» è più efficace del «canta che ti passa»?

Andando a scartabellare tra i documenti vaticani ho scoperto che nel settembre 2012, in risposta a una domanda sulla liceità delle cosiddette «danze liturgiche» nel contesto del culto cattolico nelle Filippine, la Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti affermava con decisione che ballare, durante la messa, non si può. Ecco il testo: «La legge liturgica del rito romano non prevede l’uso di danza o di drammatizzazioni all’interno della sacra liturgia, a meno che una legislazione particolare sia stata posta in essere dalla Conferenza episcopale e confermata dalla Santa Sede. Qualunque altra pratica è da considerarsi un abuso. Queste attività, comunque, potrebbero essere utili al di fuori della sacra liturgia, nell’opera di catechesi ed evangelizzazione, se opportunamente dirette dal vescovo e dal suo clero. Dovessero persistere pratiche illecite, la questione dovrebbe essere sottoposta al vescovo diocesano».

Qualcuno dirà: ma perché se durante la messa cantiamo non possiamo anche ballare? La danza non è forse un’espressione dell’interiorità? In quanto tale, non può essere al servizio del culto?

Qui la parola dovrebbe passare a teologi e liturgisti. Da povero ignorante, mi limito a osservare che la danza del ballerino, davanti all’altare, mi ha disturbato. Non tanto per le movenze, che ho comunque trovato fuori luogo, ma perché una danza inevitabilmente distoglie l’attenzione da ciò che sta avvenendo sull’altare. La grande differenza rispetto al canto credo sia questa: mentre il canto è in grado di accompagnare la preghiera e l’adorazione, la danza, con la forza dell’immagine in movimento, si sovrappone ad esse e le mette in secondo piano.

Nella Sacrosanctum Concilium, la costituzione del Concilio Vaticano II sulla sacra liturgia, leggiamo: «Nella liturgia terrena noi partecipiamo per anticipazione alla liturgia celeste che viene celebrata nella santa città di Gerusalemme, verso la quale tendiamo come pellegrini, dove il Cristo siede alla destra di Dio quale ministro del santuario e del vero tabernacolo; insieme con tutte le schiere delle milizie celesti cantiamo al Signore l’inno di gloria; ricordando con venerazione i santi, speriamo di aver parte con essi; aspettiamo come Salvatore il Signore nostro Gesù Cristo, fino a quando egli comparirà, egli che è la nostra vita, e noi saremo manifestati con lui nella gloria».

In paradiso quindi si canta. Ma si balla? Ripeto: non ho competenze in proposito. So soltanto che quel ballerino l’ho trovato fuori posto. E mi è tornata alla mente la famosa questione dell’animazione liturgica, una sorta di mito che in realtà non ha fondamento teologico, perché nella liturgia non c’è nulla che vada «animato»: la liturgia va solo rispettata, amata e servita.

Mi giungono già alle orecchie le obiezioni. Formalista! Tradizionalista! Oscurantista! Retrogrado!

Sentite, pensatela un po’ come volete, ma io a una messa con ballerino incorporato non andrei. E, se proprio mi obbligassero, al momento del balletto chiuderei gli occhi. A messa voglio stare in compagnia del mio Signore, non di un epigono di Nureyev, per quanto bravo. Che poi si sa come vanno queste cose: incominci con la danza classica e finisci con il tip tap. Che è poi il motivo per cui, in generale, cerco di evitare le messe nelle quali è l’uomo (danzante o meno) che prevale su Dio, è l’uomo al centro, e non Dio, è l’uomo che vuole farsi Dio.

Poi magari in paradiso si balla. Ma, insomma, mi sembra un altro discorso.

Aldo Maria Valli

 

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Aldo Maria Valli

Come la Chiesa finì

Liberilibri

pagine 180

prima edizione 2017

seconda e terza ristampa 2018

16

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