La vita del cristiano? Una “grande guerra”. Parola di Carlo Maria Martini

Da quando il padre Martini se n’è andato, nel 2012, non ho mai smesso di sentirlo vicino. Penso spesso a lui e a come commenterebbe le vicende che la storia ci propone, per quanto riguarda sia il mondo, sia la nostra Italia, sia la nostra Chiesa. Capirete perché un libro appena uscito, «Il sole dentro» (Piemme, 254 pagine, 17 euro) è stato davvero un bel regalo: come avere il padre Martini ancora una volta davanti e poterlo ascoltare in presa diretta.

Il libro contiene un testo del tutto inedito, ritrovato in fondo a un cassetto nel monastero delle carmelitane scalze di San Lazzaro Alberoni, vicino a Piacenza, dove il padre Carlo Maria andò a predicare gli esercizi spirituali nell’estate del 1975. All’epoca aveva quarantotto anni, era rettore del Pontificio istituto biblico di Roma e di certo non immaginava che un giorno sarebbe diventato il successore di Ambrogio a Milano. Biblista già noto in tutto il mondo, riceveva continui inviti per predicare gli esercizi secondo il metodo di sant’Ignazio, fondatore dei gesuiti, e spesso li accettava.

Successe così anche in quell’agosto del 1975, quando per una settimana si rivolse alle monache proponendo loro una meditazione sull’esortazione conclusiva della Lettera di Paolo agli efesini, là dove l’apostolo, parlando del combattimento spirituale, esorta i fedeli a rivestirsi dell’«armatura di Dio» per resistere alle insidie del diavolo, una pagina nella quale Paolo usa toni da combattente: oltre che dell’armatura, parla infatti dello «scudo della fede» da utilizzare per parare i colpi del maligno, dell’«elmo della salvezza», della «spada dello Spirito», ovvero la parola di Dio, e poi raccomanda la vigilanza e chiede di pregare per lui, perché sia capace di predicare il Vangelo con franchezza, nel mezzo di quella che è una vera e propria battaglia, da combattere colpo su colpo, contro «i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti».

Nel condurre la sua meditazione, Martini parte proprio da qui, dall’idea del combattimento, e in proposito è molto chiaro: d’accordo con Paolo, conferma che la vita del cristiano assomiglia molto a una guerra, anzi è proprio una guerra. Un conflitto continuo tra il bene e il male, tra la via indicata da Dio e le tentazioni del demonio. Sbaglia dunque chi ha un’idea edulcorata, sentimentale e dolciastra della vita cristiana. Il credente vive in stato di battaglia perché ha un nemico, e questo nemico è il demonio. Ecco perché occorre rivestirsi dell’armatura di Dio, utilizzare l’elmo della salvezza, prendere in mano la spada dello Spirito.

Il futuro cardinale, da biblista che conosce ogni espressione delle Scritture, spiega in dettaglio che cosa intende Paolo con queste immagini, ma spiega anche quali sono le armi del diavolo. E a questo proposito dice con chiarezza che il maligno, astuto, fa ricorso soprattutto alla falsa amicizia. Si traveste da amico per farti credere di essere dalla tua parte, e così facendo ti lavora ai fianchi, indebolisce la tua fede in Dio, ti infiacchisce e ti spinge a mettere al centro della tua vita non Dio, ma te stesso. Lo scopo è uno solo: illuderti di essere autonomo, per ottenere la tua anima sottraendola a Dio. E dunque tu per rispondere colpo su colpo hai una sola strada: rimettere costantemente Dio al centro, evitando di trasformarti nel dio di te stesso.

La storia del mondo, dice Martini, è una grande lotta, e tutta la lotta, alla fine, si riduce a questo: da una parte il maligno, che cerca di farti credere che tu sei dio, padrone assoluto di te stesso e di tutte le cose, dall’altra Dio con la sua Parola, che ti propone una strada di autentica libertà e di giustizia.  Si tratta, spiega Martini, di una «grande guerra», da combattere ogni giorno, senza sosta, perché senza sosta è l’insidia del demonio.

Quando, ancora oggi, sento parlare del cardinale Martini come di uno che in qualche maniera avrebbe avuto dei cedimenti alle logiche del mondo, vorrei che coloro che sostengono queste posizioni leggessero «Il sole dentro». Altro che cedimenti. Certo, da uomo intelligente qual era, Martini sapeva bene che l’animo umano è complicato, ma la sua posizione fu di una chiarezza cristallina: nella battaglia occorre scegliere da che parte stare. Una scelta che si fa nella libertà, con assoluta fiducia nel Signore, ma ben sapendo che la nostra libertà è interpellata in modo serio, addirittura drammatico. Nessun sentimentalismo, dunque, ma una presa di coscienza netta.

Bellissima è la pagina in cui Martini spiega che la stessa vita di Gesù fu una precisa presa di posizione in questa grande lotta.  Non un Gesù «buonista», dunque, ma un Gesù combattente, perché tutta la sua vita fu spesa nella battaglia, tanto che «un Vangelo come quello di Marco, ad esempio, descrive la vita di Gesù come una continua lotta contro il demonio, contro ogni chiusura verso Dio». In altre parole, «Gesù è colui che, in maniera definitiva, è venuto a prendere posizione a favore del piano di Dio», è venuto a mostrarci in che modo «dobbiamo prepararci ad affrontare la lotta».

Ma il padre Martini non si ferma qui. Aggiunge che «il combattimento è un impegno inevitabile e pericoloso». Che significa? «È inevitabile, perché non possiamo esimerci da questa lotta, dobbiamo prendere posizione. È pericoloso, perché siamo immersi in una mentalità alternativa, a volte opposta, a volte indifferente, che ci disorienta, facendoci perdere il verso senso dell’esistenza». Di conseguenza, questo combattimento «è un impegno totalizzante»: vuol dire che non possiamo risparmiarci. Se ci tiriamo indietro, se non scendiamo in campo, «ne saremo travolti».

Ma torniamo al diavolo e alle sue insidie. Le pagine dedicate da Martini a questa riflessione sono di un’attualità sorprendente. Il diavolo, spiega, utilizza alcune insidie, e la parola greca che è stata tradotta con «insidia» sta per «vie traverse», «cammini contorti», «raggiri». Il diavolo è il signore dell’ambiguità. La dispensa a piene mani. «Facendoci credere di andare in un posto, ci porta in un altro».

Occorre dunque vigilare, ma non in modo generico. Occorre ragionare. Vuol dire distinguere l’amico vero dall’amico falso. E l’amico falso chi è? È quello che magari utilizza un tuo desiderio di fare il bene, «ma è un desiderio chiuso alla grandiosità del piano di Dio».

Per combattere bisogna «attingere forza», bisogna essere coraggiosi, e la forza si attinge dal Signore. È lui il solo che può darci la forza, l’intelligenza di scorgere le insidie e di combatterle. Ma perché il Signore ci aiuti occorre riconoscersi bisognosi, occorre fargli spazio. Mai lasciare che «la giornata vada come vada». Il combattente deve crescere in abilità e audacia attraverso una disciplina spirituale che permetta di riconoscere la verità e la giustizia secondo Dio.

Entrambe le parole, verità e giustizia, nella Bibbia hanno molti significati, e Martini è un maestro nel riproporne le varie sfumature. In ogni caso possiamo dire che la verità, in senso biblico, ha soprattutto il significato di fedeltà. Si è nel vero quando si è fedeli a Dio, alla sua Parola. Si sta nella verità quando si è coerenti con tutto l’annuncio evangelico, con il piano di Dio per la salvezza. E si è nella giustizia quando si fa la volontà di Dio, ci si fida dell’azione di Dio «che rimette a posto le cose». E poi ecco una frase che va stampata con lettere d’oro, quando il padre Martini, il biblista Martini, ricorda che «giustizia e verità sono sempre insieme nella Bibbia».

Verso la fine il futuro cardinale parla anche della misericordia di Dio e spiega che Dio è ricco di misericordia non certamente nel senso che lascia correre o che trova delle scorciatoie, ma nel senso che è «inventivo». Che cosa vuol dire? Significa che è «capace di risanare continuamente le situazioni umane». Noi uomini possiamo commettere tutti gli sbagli, i peccati e i pasticci più incredibili, possiamo metterci nelle situazioni peggiori, ma Dio risana: trova sempre il modo per farlo. Occorre però  affidarsi a lui, occorre andare da lui. E bisogna farlo non soltanto chiedendo, ma prima di tutto ringraziando, «in una relazione di continua riconoscenza».

Molti altri sarebbero punti da toccare. Bellissime le pagine in cui il padre Martini ricorda che Gesù, utilizzando l’immagine della spada («Non sono venuto a portare la pace, ma la spada», Mt 10,34), fa capire che è venuto a separare il bene dal male, a dividere il positivo dal negativo, il chiaro dallo scuro, così da poterci permettere di scegliere, e nella scelta giusta risiede la pace. Di qui l’ammonimento che Martini lancia contro la menzogna. Se il diavolo è il signore dell’ambiguità, della poca chiarezza, delle vie tortuose e traverse, il cristiano, al contrario, viva sempre nella chiarezza e nella verità: «Bando alla menzogna!».

Il priore di Bose, Enzo Bianchi, in una breve introduzione al libro, scrive: «Sì, possiamo davvero rallegrarci di ritrovare in queste pagine il Martini che ben conosciamo, l’amante della Parola che ha speso tutta la sua vita affinché la buona notizia del Signore risorto raggiungesse il cuore e l’esistenza di tutti e di ciascuno».

Le brave monache, in quel lontano 1975, registrarono le parole del biblista, sbobinarono tutto e il testo fu battuto a macchina su carta velina. Trent’anni dopo, un giovane sacerdote, ospite del monastero, trova il dattiloscritto nella biblioteca e chiede di poterlo fotocopiare per inviarlo al padre Martini. Questi riceve la copia a Gallarate, nella casa dei gesuiti, e lì il testo rimane fino alla morte del cardinale, avvenuta il 31 agosto 2012. Dopo di che è la Fondazione Carlo Maria Martini a prenderlo in carico, assieme a molti libri che il cardinale custodiva nella propria abitazione. Poi nel 2015, durante il riordino del materiale, il testo viene alla luce e, risultando inedito, se ne decide la pubblicazione.

Grazie padre Martini: proprio un bel regalo! Ancora più bello perché inatteso.

 

Aldo Maria Valli

 

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