“Star wars”, la verità e Benedetto XVI

Non sono mai stato un fan di «Star wars». Le mie figlie invece lo sono. Quindi ho letto con interesse l’articolo dedicato alla saga intergalattica da padre Raymond J. De Souza, sacerdote dell’arcidiocesi di Kingston, in Canada, che sul «Catholic Herald» riflette sui contenuti religiosi del fantasy creato da George Lucas esattamente quarant’anni fa.

Amore, sacrificio, paternità, odio, dominio, tirannia, libertà, solidarietà. Nonostante sceneggiature a volte mediocri, dice De Souza, gli ingredienti di «Guerre stellari» toccano le corde più profonde dell’animo umano e lo fanno utilizzando immagini e riferimenti di natura religiosa che sono «troppo abbondanti per essere accidentali» e si trovano fin dall’inizio.

Sir Alec Guinness nei panni di Obi-Wan Kenobi indossa un abito da monaco e Luke Skywalker quando diventa uno jedi si veste, scrive De Souza, «come un giovane prete». Darth Vader indossa un mantello che assomiglia a quello di un frate e il suo copricapo ricorda una mitra. L’imperatore malvagio è assistito da un tribunale i cui giudici sono vestiti dalla testa ai piedi di rosso cardinale, e un tempio jedi ricorda un insieme di moschee con minareti.

Non essendo un appassionato di «Star wars», prendo per buono quello che dice padre De Souza a proposito dei costumi. Di certo la vicenda di  Anakin Skywalker è una storia di conversione al contrario, dal bene al male, a causa dell’azione di Sheev Palpatine, noto anche come Darth Sidious, un vero e proprio demonio votato all’inganno e alla manipolazione allo scopo di ottenere il potere su tutto e su tutti. Se poi aggiungiamo il mistero della paternità di Luke Skywalker e la sua lotta contro la Morte Nera, nonché la vita e la formazione degli jedi, che hanno le caratteristiche degli appartenenti a un ordine monastico, altri elementi di carattere religioso arricchiscono il quadro.

Gli stessi concetti di Forza e di Lato Oscuro della Forza, che sono al centro della saga, hanno uno spiccato contenuto religioso. Nel mondo di «Star wars» c’è un conflitto permanente tra il bene e il male. L’uomo è libero di stare dalla parte della Forza, che lo spinge a coltivare il bene nell’altruismo, o dalla parte del Lato Oscuro, che invece lo solletica con l’egoismo, con la ricerca del proprio tornaconto e del potere da esercitare sottomettendo gli altri.

La Forza è una sorta di energia vitale che regge l’universo e garantisce rapporti buoni. È il regno della luce, del bene e della ragione. Sul fronte opposto c’è il Lato Oscuro, dove dominano le tenebre, il male e l’arbitrio.

La Forza è energia in senso spirituale e, come dice il maestro Yoda, lega le persone e le cose, facendo capire che tutti siamo in relazione sia con i nostri simili sia con la natura. Di per sé la Forza è dunque orientata al bene e i maestri jedi sono in grado di percepirla meglio degli altri, ma se è usata male può determinare la caduta nel Lato Oscuro, dove, per dirla ancora con Yoda, tutto è rabbia, paura, violenza. E basta aver ceduto una sola volta al Lato Oscuro per esserne vittime: «Se anche una sola volta la strada buia tu prendi, per sempre essa dominerà il tuo destino!».

Il Lato Oscuro della Forza, ovviamente, esercita sull’uomo un fascino tremendo, perché promette il potere, la dominazione sugli altri e sulla materia, al di là di ogni legge naturale, e Darth Sidious dimostra di saperlo bene quando spiega che il passaggio al Lato Oscuro emancipa l’uomo e gli permette di acquisire capacità ritenute ingiustamente non naturali. Ecco l’eterna tentazione: cambiare le regole, sovvertirle in base al desiderio individuale di potenza,  ignorare la distinzione oggettiva tra bene e male. Non per nulla Darth Sidious considera il bene un mero punto di vista soggettivo.

Vivere nel Lato Oscuro, insomma, significa rifiutare la distinzione tra bene e male in senso oggettivo, e qui è difficile non cogliere l’eco di Friedrich Nietzsche con la sua proposta di vita al di là del bene e del male e l’innalzamento della volontà soggettiva a supremo strumento di valutazione morale.

La controparte dei cavalieri jedi, al servizio del bene, sono i sith,  che invece sono al servizio del conflitto, della divisione e dell’odio. Al servizio del diavolo, potremmo dire ricordando che la parola diavolo viene dal greco «diaballo», che significa proprio dividere gettando qualcosa in mezzo: il seme della discordia, della cupidigia, della brama di potere.

Ma la filosofia sith conduce alla felicità? Certamente no, risponde il maestro Yoda, ricordando che il Lato Oscuro è menzogna e inganno. E ovviamente mentre per un sith l’idea del sacrificio personale è assurda, uno jedi non esita a sacrificare se stesso per il bene degli altri.

Molti altri sarebbero i fattori da esaminare ma, alla fin fine, resta la questione del bene e del male.

A dire il vero, acuti osservatori hanno sostenuto che nel caso di «Star wars» non si può parlare di una teologia e forse nemmeno di una filosofia, ma noi, che non  siamo acuti osservatori, ci limitiamo a una constatazione: nel giro di quarant’anni nel mondo tutto è cambiato, eppure la passione per la saga stellare non è venuta meno. Anzi, i padri e le madri l’hanno trasmessa a figli e figlie. Perché?

La riposta che viene più naturale è che la lotta fra bene e male appassiona sempre. Ma se appassiona, vuol dire che fa parte di noi. E se fa parte di noi vuol dire che noi siamo essere morali. E se siamo essere morali vuol dire che cerchiamo la verità e siamo in grado di riconoscerla.

Ecco il punto. Nonostante la massiccia diffusione di idee nichiliste, secondo le quali l’uomo non può fare esperienza della verità perché non c’è nulla di vero in cui credere,  scopriamo che la ricerca del senso, del significato dell’essere, è ancora viva.

Confesso che non ho mai affrontato l’argomento con le mie figlie. La paura che mi guardino come se fossi pazzo è troppo forte. Tuttavia, vedendo come si appassionano alle vicende di «Star wars» non posso fare a meno di pensare a Benedetto XVI, che io chiamo il papa della verità, perché ha posto questo tema decisivo al centro del suo magistero.

Che cos’è la verità? Papa Ratzinger in molte occasioni  si pone la stessa domanda di Pilato (Gv 18,38), e una delle risposte che colpiscono di più si trova in un suo discorso del dicembre 2012 a sei nuovi ambasciatori presso la Santa Sede: «Ai giorni nostri, dire il vero è divenuto sospetto, voler vivere nella verità sembra superato e promuoverla sembra essere uno sforzo vano. Eppure il futuro dell’umanità si trova anche nel rapporto dei bambini e dei giovani con la verità: la verità sull’uomo, la verità sul creato, la verità sulle istituzioni, e così via. Oltre all’educazione alla rettitudine del cuore e della mente, i giovani hanno pure bisogno, oggi più che mai, di essere educati al senso dello sforzo e della perseveranza nelle difficoltà. Occorre insegnare loro che ogni atto che la persona umana compie deve essere responsabile e coerente con il suo desiderio d’infinito, e che tale atto accompagna la sua crescita in vista della formazione a un’umanità sempre più fraterna e libera da tentazioni individualiste e materialiste».

Sono parole che i genitori dovrebbero tenere ben presenti.

E poi mi torna alla mente quella riflessione che si trova nel secondo volume di «Gesù di Nazaret» di Benedetto XVI: «Diciamolo pure: la non-redenzione del mondo consiste, appunto, nella non-decifrabilità della creazione, nella non-riconoscibilità della verità, una situazione che poi conduce inevitabilmente al dominio del pragmatismo, e in questo modo fa sì che il potere dei forti diventi il dio di questo mondo». […] «”Redenzione” nel senso pieno della parola può consistere solo nel fatto che la verità diventi riconoscibile. Ed essa diventa riconoscibile se Dio diventa riconoscibile. Egli diventa riconoscibile in Gesù Cristo. In Lui Dio è entrato nel mondo, ed ha con ciò innalzato il criterio della verità in mezzo alla storia. La verità esternamente è impotente nel mondo; come Cristo, secondo i criteri del mondo, è senza potere: Egli non possiede alcuna legione. Viene crocifisso. Ma proprio così, nella totale mancanza di potere, Egli è potente, e solo così la verità diviene sempre nuovamente una potenza»

Nel libro, Benedetto XVI dice che oggi tutti quanti abbiamo, come Pilato, accantonato la domanda sulla verità. Per paura, per comodità, per superficialità. Purtroppo è così. Però, ecco, davanti a queste mie figlie che si appassionano per «Star wars» mi sento di dire che non tutto è perduto!

Aldo Maria Valli

 

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