Altri orrori all’Alder Hey

È il 9 gennaio 2014 quando un’inchiesta di Channel 4, emittente televisiva pubblica britannica, annuncia che ci sono seri guai in vista per un noto ospedale pediatrico inglese: l’Alder Hey Children’s Hospital di Liverpool. Sì, proprio quello in cui Alfie e i suoi genitori stanno combattendo strenuamente in queste ore la loro battaglia per la vita.

Victoria Macdonald, corrispondente specializzata in problemi della salute e assistenza sociale, spiega nel servizio

https://www.channel4.com/news/high-risk-activity-revealed-at-alder-hey-hospital

di aver visto copia di un rapporto del National Health Service Foundation Trust  (organismo di controllo sul servizio sanitario nazionale) nel quale si afferma in termini assai crudi che nell’ospedale di Liverpool “il livello di rischio è tale che è necessario implementare azioni urgenti per evitare conseguenze negative o un incidente grave” .

Il controllo è stato ordinato in seguito a preoccupazioni riguardanti in particolare le sale operatorie, cuore dell’unità di chirurgia pediatrica e responsabili per alcuni dei bambini più malati che richiedono alcuni dei trattamenti più complessi.

La revisione interna del dipartimento, preparata dal direttore dell’assistenza infermieristica Gill Core e presentata al consiglio fiduciario, delinea un quadro a tinte fosche.

Sotto la voce “preoccupazioni per la sicurezza”, si afferma che alcune “scorciatoie” prese in materia  “hanno determinato attività ad alto rischio”, con conseguenti incidenti ed errori.

“Alcuni – prosegue il rapporto – hanno riferito che l’ambiente di lavoro è ostile” e “ci sono numerosi esempi di dipendenti che si sentono pressati a intraprendere attività che ritengono essere non sicure”.

Sono emerse inoltre lamentele circa il fatto che l’ambiente di lavoro “non è accogliente o adatto ai bambini”. Il che, in un ospedale pediatrico, è tutto dire. Prova ne sia che “c’è una totale assenza di giocattoli”.

Come se non bastasse, i camici usati nelle sale operatorie sono descritti come “squallidi e non corrispondenti” alle necessità e agli standard di igiene e sicurezza.

In generale, “il livello di rischio è tale che è necessario attuare azioni urgenti per evitare conseguenze sfavorevoli o incidenti gravi”.

Il servizio di Channel 4 rivela poi, sempre in base al rapporto del quale l’emittente è entrata in possesso, che tra il personale dell’ospedale la “percezione di sfiducia nei confronti del management e del consiglio direttivo è tale che c’è un diffuso senso di sconforto e manca la speranza che un cambiamento sarà mai raggiunto”.

I rilievi a carico dell’ospedale, spiega il servizio, sono emersi per la prima volta nel 2009, mentre un anno dopo un’indagine interna ha evidenziato elevati livelli di stress tra il personale, fino a ipotesi di autolesionismo e suicidio. I manager sono stati descritti come “prepotenti, intimidatori, coercitivi, aggressivi, ostili e vendicativi”.

Sono emersi numerosi episodi riguardanti dipendenti talmente stressati da non riuscire a svolgere i propri compiti, fino allo svenimento.

Nel 2011 un rapporto stabilisce che il dipartimento di chirurgia pediatrica non rispetta gli standard  internazionali.

Nel suo servizio la corrispondente spiega di aver chiesto un incontro con i vertici dell’ospedale, ma i responsabili si sono sempre rifiutati.

Se queste notizie vengono unite a quelle emerso dal racconto di una madre

https://www.aldomariavalli.it/2018/04/25/alfie-nellospedale-degli-orrori/

che nel 1992 ha visto il suo bambino fatto letteralmente a pezzi all’Alder Hey Children’s Hospital,  e al dialogo, catturato in queste ore, nel quale alcuni dipendenti

http://www.lanuovabq.it/it/esclusivo-il-video-che-inchioda-lah-stanno-coprendo-qualcosa-di-grosso

affermano che i responsabili dell’Alder Hey “stanno coprendo qualcosa di grosso”, ne emerge un quadro che ha dell’incredibile.

Dal servizio di Channel 4 sono passati quattro anni e tutti ci auguriamo che nel frattempo le cose siano migliorate, ma certamente l’ospedale di Liverpool non si segnala come il luogo più sicuro per un bambino nelle condizioni di Alfie. E quanti altri casi simili ci saranno stati?

Aldo Maria Valli

 

 

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