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Giovanni Paolo II, il magistero papale e la fedeltà al “depositum fidei”

Oggi la giornata è speciale.
Perché ricordiamo il grande san Giovanni Paolo II. Ed è il compleanno di Laura, la nostra figlia numero sei, un dono del Cielo arrivato perché mia moglie e il sottoscritto, istigati dal papa santo, diciannove anni fa ci aprimmo alla vita con fiducia.
Il 22 ottobre è stato scelto come festa di Giovanni Paolo II in quanto il 22 ottobre del 1978 Karol Wojtyła diede inizio al pontificato con la celebre invocazione “Non abbiate paura! Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo!”.
Ma io oggi vorrei citare un paio di passaggi del discorso che il papa tenne qualche giorno prima, il 17 ottobre 1978, davanti ai cardinali.
Disse dunque papa Wojtyła, dopo aver parlato del Concilio e dell’esigenza di applicarlo con giudizio: “…rimane il dovere della fedeltà globale alla missione che abbiamo ricevuto, ed a questo punto il discorso, prima che per gli altri, vale per Noi, e lo facciamo, perciò, in prima persona. Chiamati alla suprema responsabilità nella Chiesa, siamo soprattutto Noi che, in posizione che ci obbliga all’esemplarità del volere e dell’agire, dobbiamo esprimere con tutte le nostre forze questa fedeltà, conservando intatto il deposito della fede, corrispondendo in pieno alle peculiari consegne di Cristo, che a Simone, costituito pietra della sua Chiesa, affidò le chiavi del Regno dei cieli (cf. Mt 16, 8-19), comandò di confermare i fratelli (cf. Lc 22, 32), e di pascere, a riprova del suo amore per lui, gli agnelli e le pecorelle del suo gregge (cf. Gv 21, 15-17). Siamo profondamente convinti che ogni moderna indagine intorno al cosiddetto ministerium Petri, condotta allo scopo di individuare sempre meglio quel che esso contiene di peculiare e specifico, non potrà né dovrà mai prescindere da questi tre poli evangelici”.
A quarant’anni di distanza da queste parole è difficile non notare come il magistero papale sia identificato oggi, sempre di più, con il pensiero del papa e con le sue personali valutazioni, spesso espresse in occasioni poco idonee a una riflessione ponderata, e sempre meno con la fedeltà al depositum fidei. Oggi la figura del supremo pastore è spesso vista come quella di colui che è chiamato non tanto a custodire e a confermare, ma a interpretare e, per dir così, decodificare, come se l’eterna legge divina e la retta dottrina avessero bisogno non di rispetto, osservanza e riverenza, ma di trasformazioni e “nuovi paradigmi” per “aprire processi”.
Sembra utile ricordare quanto disse Benedetto XVI il 7 maggio 2005 durante la celebrazione eucaristica per il suo insediamento sulla cathedra romana nella basilica di San Giovanni in Laterano: “Questa potestà di insegnamento spaventa tanti uomini dentro e fuori della Chiesa. Si chiedono se essa non minacci la libertà di coscienza, se non sia una presunzione contrapposta alla libertà di pensiero. Non è così. Il potere conferito da Cristo a Pietro e ai suoi successori è, in senso assoluto, un mandato per servire. La potestà di insegnare, nella Chiesa, comporta un impegno a servizio dell’obbedienza alla fede. Il Papa non è un sovrano assoluto, il cui pensare e volere sono legge. Al contrario: il ministero del Papa è garanzia dell’obbedienza verso Cristo e verso la Sua Parola. Egli non deve proclamare le proprie idee, bensì vincolare costantemente se stesso e la Chiesa all’obbedienza verso la Parola di Dio, di fronte a tutti i tentativi di adattamento e di annacquamento, come di fronte ad ogni opportunismo”.
Mettersi al servizio non significa svalutare o indebolire la potestas docendi, ma riaffermarla ed esercitarla nel rispetto del deposito di fede che si è chiamati a custodire. La forma di servizio più alta è il servizio alla Parola di Dio e alla Verità.
Ecco perché, disse Benedetto XVI ricordando Giovanni Paolo II, sul papa “incombe la responsabilità di far sì che questa Parola continui a rimanere presente nella sua grandezza e a risuonare nella sua purezza, così che non venga fatta a pezzi dai continui cambiamenti delle mode”.
Buon 22 ottobre a tutti!
Aldo Maria Valli

Aldo Maria Valli:
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