Padre Cavalcoli: “Bravo don Minutella, ma ecco dove sbagli”

Com’era facile prevedere, l’intervista che don Alessandro Minutella mi ha concesso il 2 gennaio scorso (https://www.aldomariavalli.it/2019/01/02/don-minutella-ecco-perche-combatto-la-chiesa-liquida/)  ha suscitato numerosissime reazioni. Tante sono le persone che si dichiarano vicine alle posizioni del prete palermitano, ma non mancano coloro che ne prendono le distanze. Una terza categoria è poi costituita da coloro che, pur dichiarandosi in linea di principio d’accordo con l’analisi di don Minutella circa l’attuale situazione della Chiesa, si dissociano da lui per quanto riguarda la non validità dell’elezione di Francesco, sostenuta da don Minutella con decisione, al punto che il prete palermitano si riferisce sempre all’attuale papa come al “cardinale Bergoglio”.

A quest’ultima categoria di osservatori appartiene il padre Giovanni Cavalcoli, che mi ha fatto giungere un contributo assai dettagliato.

Secondo padre Cavalcoli don Minutella ha ragione nel denunciare con passione la deriva in senso modernista della Chiesa cattolica, ma sbaglia una serie di valutazioni.

Qui di seguito trovate il saggio inviato dal padre Cavalcoli. Nei prossimi giorni pubblicherò una selezione degli altri contributi, di diverso segno, che mi sono arrivati.

A.M.V.

***

Carissimo Aldo, ho letto la tua intervista a don Minutella. Egli fa un’analisi dell’attuale situazione della Chiesa, nella quale rileva alcuni tristi fenomeni realmente esistenti, come l’influsso del modernismo, del neoarianesimo, del rahnerismo, del luteranesimo e della massoneria, nonché il disordine liturgico, il disprezzo per la Tradizione, la falsificazione della Scrittura, la mondanizzazione della Chiesa, la gravità e diffusione degli scandali, dei conflitti interni, della corruzione morale, della perdita della fede e dell’apostasia in molti fedeli, la negligenza dei pastori e del Papa nel correggere gli errori, nel pacificare gli animi, e nella riforma dei costumi.

Io aggiungerei anche il marcionismo, – e credo che don Minutella sarebbe d’accordo -, come tu hai giustamente rilevato in uno dei tuoi libri, eresia del sec. III, oggi risorta nella forma di un misericordismo che ammette un presunto Dio del Nuovo Testamento, tutto dolcezza e tenerezza, ad esclusione del presunto Dio punitore, spaventoso, vendicativo e crudele dell’Antico Testamento.

Tuttavia don Minutella sbaglia su alcuni punti:

  1. Sbaglia nel ritenere che Papa Francesco sia stato eletto invalidamente e quindi non sia vero Papa, perché la sua elezione sarebbe stata «orchestrata», in violazione alla Costituzione apostolica Universi Dominici Gregis di san Giovanni Paolo II del 22 febbraio 1996, la quale proibisce ai cardinali, sotto pena di scomunica, di «contrattare, mentre il Pontefice è in vita e senza averlo consultato, circa l’elezione del suo successore o promettere voti o prendere decisioni a questo riguardo in conventicole private» (n.79), oppure di addivenire a «patteggiamenti, accordi, promesse, che li possano costringere a dare o a negare il voto a uno o ad alcuni» (n.81).

Ora, don Minutella, col sostenere che Papa Francesco sia stato eletto invalidamente, esprime un giudizio temerario e falso, giacché suppone, senza aver modo di dimostrarlo, che al conclave che portò all’elezione di Papa Francesco un ipotetico gruppo di cardinali – alcuni parlano della cosiddetta «mafia di San Gallo» – sarebbe stato capace di esercitare sul collegio una tale influenza da circonvenire addirittura la maggioranza che ha votato per Bergoglio, cosa del tutto impensabile ed inverificabile non solo in forza del segreto, al quale sono tenuti gli elettori, ma anche di altre circostanze decisive: don Minutella non ha potuto sapere che cosa è successo al conclave,  dato che non era presente.  Chi gli ha detto che Bergoglio è stato eletto invalidamente? Don Minutella non ce lo dice. Come facciamo a credergli? Ma l’argomento decisivo è il seguente: occorre considerare il fatto che nessun cardinale presente al conclave ha contestato pubblicamente la validità dell’elezione di Papa Francesco, mentre lo stesso Papa emerito Benedetto, appena informato dell’elezione di  Francesco, gli ha promesso obbedienza come a Papa legittimo.

  1. Sbaglia nel credere che solo Benedetto sia Papa legittimo e non lo sia Francesco. Don Minutella dice questo partendo dal principio che il Papa dev’essere uno solo. Ed ha ragione. Solo che non tiene conto della distinzione che Benedetto ha fatto emergere con le sue dimissioni, ossia tra ufficio petrino ed esercizio dell’ufficio. Cristo ha voluto un solo Papa come Papa in esercizio del suo ufficio. Ma non ha escluso la possibilità di due Papi legittimi, come è oggi, dei quali, però, uno solo esercita l’ufficio, ovvero Francesco. Ai tempi di Celestino V, Celestino, lasciato il pontificato, tornò monaco, perché allora la suddetta distinzione non era ancora stata esplicitata.
  2. Sbaglia gravemente a considerare eretico Papa Francesco, perché un Papa, per quanto, come Francesco, non brilli per chiarezza di linguaggio, abbia a volte un linguaggio improprio ed equivoco, abbia espressioni infelici ed ambigue, si lasci andare a battute irriverenti, esprima giudizi azzardati, sembri a volte un modernista o un luterano, in quanto ha il mandato da Cristo di confermare i fratelli nella fede, se parla sul serio e non scherza, se è lucido di mente e non sotto minaccia di qualcuno, soprattutto nei documenti più importanti, non può sbagliarsi, non può mentire, non può ingannarsi, non può ingannarci, ma ci insegna la verità della fede o, come si dice, è «infallibile», è veridico o veritiero, anche nel suo magistero quotidiano ed ordinario, e non solo quando ex cathedra Petri definisce solennemente nuovi dogmi.

Se quindi qualche frase di Francesco può sembrare eretica o malesonante o scandalosa, una volta che viene sottoposta ad un’opportuna esegesi si mostra ortodossa. Se un Papa potesse essere eretico, vorrebbe dire che Cristo, quando ha dato a Pietro il potere di confermare i fratelli nella fede, lo ha ingannato, il che sarebbe una bestemmia il solo pensarci.

Un Papa, quindi, può essere criticato nella sua condotta morale, nella sua pastorale o nelle sue disposizioni legislative, ma non nel suo magistero dottrinale, sia straordinario e solenne, sia ordinario e quotidiano. Per accogliere il primo occorrerà la fede divina e teologale; per accogliere il secondo  basterà una semplice fede nella Chiesa o un ossequio religioso dell’intelletto. Ma in ogni caso la Chiesa nel Papa è sempre maestra di verità, più altamente proclamata nel primo caso, più modestamente proposta nel secondo, ma sempre verità.

  1. Sbaglia nel considerare il Concilio Vaticano II un Concilio solo «pastorale» per il fatto che non contiene nuove definizioni dogmatiche. Non vuol dir nulla. Il Concilio contiene invece, oltre ad una parte pastorale, anche due costituzioni dogmatiche, la Lumen gentium sulla Chiesa e la Dei Verbum sulla divina rivelazione, oltre a presentare insegnamenti dottrinali anche in altri documenti minori. Per questo Benedetto ebbe a far presente alla Comunità sacerdotale San Pio X che se voleva essere in piena comunione con la Chiesa doveva accettare le dottrine del Concilio. Benedetto precisò che invece gli insegnamenti pastorali possono essere discussi, come a dire che non insegnano quella verità certa che invece caratterizza la parte dottrinale, pur non trattandosi di nuovi dogmi.
  2. Sbaglia nel disprezzare la modernità. Occorre in essa fare un discernimento: c’è una modernità compatibile col Vangelo, e il Concilio ci aiuta a riconoscere questa sana modernità; e c’è una modernità malsana e corruttrice, contraria al Vangelo, che va respinta. Il Concilio ci aiuta a riconoscere anche questa modernità nociva.

Non bisogna dunque confondere la modernità col modernismo. Questa è l’idolatria della modernità, l’assumere il moderno in blocco, solo perché è moderno, senza giudicarlo alla luce del Vangelo. Il modernista fa il contrario: assume il moderno come un Assoluto e sceglie dal Vangelo solo ciò che è conforme a questo Assoluto.

Il moderno, dunque, non è necessariamente da rifiutare. Questo è evidente nel campo della civiltà, della cultura, della scienza, della tecnica, della politica, della socializzazione, della medicina, dell’alimentazione o dell’abbigliamento. Perché mai ciò non dovrebbe valere anche nel campo della condotta morale, della convivenza, del costume, della teologia, della spiritualità, della vita religiosa e della Chiesa? Certo, se per «ammodernare» s’intende subordinare un valore tradizionale e perenne alla passeggera e caduca moda del tempo, con la conseguenza di cambiarlo o di  corromperlo, questo è tradimento.

Ma se per ammodernare intendiamo uno svecchiare, un superare il bene per il meglio, ossia un progredire, ben venga l’ammodernamento. Il Concilio ha ammodernato la Chiesa non nel senso di conformarla ad un’innovazione corruttrice – questo è l’inganno del modernismo –, ma nel senso di conformarla alla novità dello Spirito. Renovabis faciem terrae et creabuntur.

Padre Giovanni Cavalcoli,  OP

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