Se nella Chiesa non c’è più la trascendenza

Da tempo medito sul cosiddetto nuovo paradigma della Chiesa in uscita, che sta caratterizzando il pontificato di Francesco. E credo si possa dire che si tratta di un’uscita, in primo luogo, da se stessa. Perché questa Chiesa molto orizzontale, tutta volta al soccorso umanitario ma così poco propensa a occuparsi delle cose ultime è una Chiesa snaturata.

Ecco perché propongo qui una riflessione a mio giudizio puntuale sviluppata da Marcello Veneziani. All’umanità non serve una grande associazione di soccorso sociale, né una versione in salsa vagamente cattolica di un pensiero umanitaristico, ma qualcuno che torni a parlare di eternità e di salvezza dell’anima.

A.M.V.

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Lo scopo della Chiesa è salvare l’uomo, non sedarlo

Qual è il punto debole del messaggio di papa Francesco al mondo, qual è il motivo principale per cui suscita tanto dissenso?

Ieri Corrado Augias sulla Repubblica, rispondendo a un lettore che aveva visto il suo dialogo televisivo con me, notava che nel mio ultimo libro avrei eretto «un coerente edificio di pensiero reazionario» in cui critico il Papa perché riduce la fede a sociologia.

Giusta l’osservazione sul Papa (anche se nel libro mi occupo d’altro) ma non la collocherei nell’alveo del pensiero reazionario. La definizione di reazionario in sé non mi spaventa, ma non rispecchia il senso di quella critica.

A dir la verità non critico il Papa solo perché rompe con il passato, con la tradizione e la civiltà cristiana, con la storia e la dottrina della Chiesa dei secoli passati. Ma per una cosa a mio parere più radicale e più devastante. Non c’è più nella Chiesa di papa Bergoglio l’orizzonte d’attesa, l’aspettativa del futuro e la trascendenza. Tutto è ripiegato e risolto nel frangente storico, in questo oggi e nell’urgenza di soccorrere.

Oltre il tempo terreno

L’impareggiabile risorsa della religione cristiana rispetto a ogni visione laica è di prospettare l’eterno oltre il tempo, l’avvenire oltre la vita terrena, la resurrezione oltre la morte. Il messaggio cristiano che apre i cuori e convoglia le menti è tutto rivolto al futuro, e la fede come la speranza sono virtù teologali interamente rivolte al futuro, a quel che accadrà.

La forza suprema della fede è addomesticare la morte, dare uno spiraglio alla vita oltre la parabola terrena, far capire che non finisce tutto qui, che la vita è oltre e fuori il sepolcro, veni foras; e oltre l’umano c’è il divino, oltre la storia c’è la luce eterna. E su questa scommessa, su questa apertura all’eterno, fonda la morale e le relazioni tra gli uomini e con il mondo. Illusione o menzogna per gli atei e gli scettici, speranza o promessa di redenzione per i devoti e i credenti, ma la ragione ultima del credere, del pregare e della morale che ne deriva, è lì, in quell’aspettativa.

La Chiesa di papa Bergoglio è interamente piegata sul presente, affronta i temi del presente, prende a cuore la condizione contemporanea: i migranti, la fame, la pace, i corrotti, le ingiustizie sociali. Compito prioritario, se non esclusivo, della Chiesa è per lui affrontare questi problemi, esortare all’accoglienza, denunciare le disparità e produrre politiche umanitarie.

E se le chiese sono vuote di sacerdoti e fedeli si tratta per lui di mutarne la ragione sociale, e renderle luoghi di accoglienza per i poveri e gli affamati, più assistenza e meno preghiera, più solidarietà meno liturgia, sacro e devozione.

Le virtù teologali

E’ vero che la carità è la terza virtù teologale con la fede e la speranza. Ma se compito della Chiesa fosse quello di rendere migliore la vita alle persone viventi oggi, il suo ruolo non sarebbe diverso di quello di un’organizzazione umanitaria, di Amnesty international, di un’associazione di pronto soccorso. La Croce sarebbe solo Croce rossa. La scommessa decisiva di una fede è Dio e non migliorare le condizioni di vita dei presenti.

Che nel nome della fede il cristiano si carichi anche di questo fardello è cosa buona e giusta, ma che la fede in Dio sia surrogata dalla motivazione sociale segna la fine della fede, e trasforma la fede in impegno sociale, la preghiera in aiuti umanitari. Il sottinteso è che conta di più salvare un uomo in mare che un’anima persa.

So la risposta: salvando un uomo, salvo Gesù Cristo, in ogni uomo c’è Lui, far la carità è il modo migliore di testimoniare la fede in Dio. Ma a giudicare dall’attenzione, dalle parole e dagli atti di ogni giorno, sta avvenendo piuttosto qualcosa di diverso: Dio è sostituito dall’umanità, Cristo è sostituito dal povero, l’anima è sostituita dal corpo da sfamare, la redenzione ultraterrena è soppiantata dal riscatto sociale. E diviene irrilevante il rito, la liturgia, il simbolo, la preghiera, la fede. Ecco, la cosa che più sconcerta e che tanti avvertono, è la sostituzione. Al posto di Dio l’umanità. La cattedrale è il barcone.

Ma ci vuole fede per compiere azioni solidali o basta l’altruismo, occorre la religione, l’immortalità dell’anima e Dio trascendente, o basta la rivoluzione e il socialismo umanitario?

La ragion critica

A volte la passione polemica mi porta a esondare nella critica e me ne scuso; non ho certezze, tantomeno sono depositario di verità, so che potrei sbagliarmi. E se oso criticare il Papa attuale lo faccio nel nome di Papi, teologi e santi che la pensavano diversamente da lui. Però per amor di verità non posso tacere quel che mi pare di vedere. Dubito della fede e me ne assumo il tormento; ma non riesco ad accettare l’idea che la Chiesa di Bergoglio anziché aiutarmi a dissipare i dubbi me li accresca, o addirittura me li faccia ritenere secondari, irrilevanti, rispetto all’urgenza di prestare soccorso umanitario.

Tutto questo è reazionario, caro Augias? Non mi pare. A meno che consideri Dio il primo reazionario.

Marcello Veneziani

La Verità, 17 febbraio 2019

I miei ultimi libri

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