Uomini giusti (e donne giuste) ai posti giusti / 19

Siamo al mercoledì della settimana santa, ma i lettori ci scuseranno se facciamo un passo indietro, fino al mercoledì delle ceneri, per segnalare doverosamente una suggestiva Santa Messa celebrata nella basilica di Sankt Kunibert a Colonia, dove, nel corso del pontificale, una gentile signora giusta al posto giusto ha dato il meglio di sé eseguendo quelli che solo in modo improprio potremmo definire «canti», dal momento che si è trattato piuttosto, e opportunamente, di rumori, sibili, urletti, strilli.

Artefice della performance il soprano  Irene Kurka,  che certamente deve avere impressionato non poco il cardinale arcivescovo Rainer Maria Woelki, il quale tuttavia, da autentico uomo teutonico, non ha fatto una piega ed ha proseguito la Messa come se niente fosse.

Qualche inguaribile pessimista, non in grado di apprezzare i segni dei tempi, ha parlato di Messa dissacratoria, ma è chiaro che qui ci troviamo invece di fronte a un raro caso di animazione liturgica d’avanguardia (vedasi per esempio quando la signora  ha preso in mano un piccolo megafono e ci ha soffiato dentro). Alla Chiesa di Germania non possiamo dunque che augurare di continuare così, e di andare fino in fondo.

E restiamo nella mirabolante Germania, dove herr Thomas Sternberg, responsabile del Comitato centrale dei cattolici tedeschi (ZdK), sostiene che, specie a fronte degli scandali sessuali nella Chiesa, è il momento di una riforma che preveda preti sposati e una «maggiore apertura al cambiamento» su morale sessuale e omosessualità.

In termini di disponibilità alla riforma, rispetto a due anni fa in Vaticano molto è cambiato, ha detto herr Sternberg  all’agenzia di stampa cattolica tedesca Kna. Tutto ciò anche a proposito di ecumenismo, comunione per i protestanti sposati con cattolici e libertà di insegnamento della teologia nelle università.

Ovviamente, essendo un uomo giusto al posto giusto, herr Sternberg chiede anche più donne in posizioni di leadership nella Chiesa e si dice sicuro che «dopo il sinodo amazzonico avremo preti sposati». Ottimo!

Cambiamo paese e anche continente. Eccoci così nella bella Nuova Zelanda, dove il cardinale John Dew, da autentico uomo giusto al posto giusto, dicendosi d’accordo con il sacerdote francese Jean-Pierre Roche (altro uomo giusto al posto giusto, autore di un articolo intitolato Smettila di chiamarmi padre), ha scritto una lettera ai cattolici dell’arcipelago del Pacifico invitandoli appunto a non rivolgersi più ai sacerdoti con l’appellativo di «padre».

Vi chiederete: che c’è di male nel chiamare un prete «padre»? Domanda sciocca. Se foste uomini giusti ai posti giusti sapreste che, come opportunamente spiega sua eminenza Dew, «nell’agosto dello scorso anno papa Francesco ha scritto una Lettera al popolo di Dio» nella quale Bergoglio rivolge un appello affinché si  agisca «contro il clericalismo». E dunque? Dunque, smettere di chiamare un prete con l’appellativo di «padre» «potrebbe essere l’inizio – dice Dew – della riforma nella Chiesa che ci è stata chiesta da papa Francesco». Ma sarà bene anche smettere di rivolgersi a una cardinale come a «sua eminenza» o a un vescovo come a «eccellenza».

Da notare, a margine, che sua eminenza (ops, ci è scappato) il cardinale Dew, da vero uomo giusto al posto giusto, in passato si era anche schierato a favore dell’ammissione all’eucaristia dei divorziati risposati

E concludiamo con il nostrol Bel Paese, dove un teologo cattolico, interpellato da una tv cattolica, nel corso di un’amabile chiacchierata ha detto: «Credo che proprio noi come Chiesa oggi dobbiamo recuperare, ridare un senso alle parole, perché per molto tempo, per secoli, abbiamo spolpato di significato le parole (…). Molto di ciò che propone la Chiesa o ha proposto per secoli è stato qualcosa un po’ di proibito e un po’ di obbligatorio (…). Io credo che dobbiamo come cristiani soprattutto oggi tornare al vangelo autentico, a un vangelo sine glossa come direbbe san Francesco (…). Termini come sacrificio, come mortificazione, come fioretti, tutta questa cosa non è evangelica, non c’è nel vangelo».

Ben detto! Così parla un uomo giusto al posto giusto! Qualcuno ha fatto notare che in realtà il Catechismo della Chiesa cattolica, il quale non risulta essere stato (per ora) abrogato, dice che «il progresso spirituale comporta l’ascesi e la mortificazione, che gradatamente conducono a vivere nella pace e nella gioia delle beatitudini» (n. 2015) e qualcun altro ha osservato che san Francesco in questo caso c’entra come i cavoli a merenda, ma si tratta chiaramente di ultra-tradizionalisti che non possono capire.

In ogni caso, non pienamente soddisfatto di quanto detto sopra, il teologo giusto al posto giusto, sempre ai microfoni della tv giusta, ha tenuto ad aggiungere: «Noi, parlo di Chiesa, Chiesa ufficiale, la Chiesa dei preti, abbiamo credo infangato molto il termine e concetto di peccato; l’abbiamo pensato anzitutto come una trasgressione, come infrazione a una norma, a un comandamento e quindi come un’offesa fatta a Dio. Tutto questo è rimasto in quella tremenda preghiera che purtroppo viene ancora usata, so, da alcuni catechisti, che è l’Atto di dolore “perché con il peccato ho offeso te infinitamente buono e per questo merito i tuoi castighi”. È una preghiera che non ha nulla di cristiano perché Dio non si può offendere e poi Dio non castiga, perché Gesù è venuto a rivelarci un altro tipo di Dio, di Padre».

Ecco. I teologi giusti ai posti giusti parlano così! E non possiamo che esserne felici. Scacco matto all’Atto! Meno dolore, niente rossore! Il peccato è mio e lo gestisco io!

Aldo Maria Valli

 

 

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