La dignità del musicista di chiesa e il politically correct

Il maestro Aurelio Porfiri con l’articolo che qui propongo chiude la sua serie dedicata ai compositori di musica sacra e al problema della loro giusta retribuizione. Una questione che chiama in causa il generale degrado culturale e liturgico. 

A.M.V.

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Avere avuto la possibilità di pubblicare i miei scritti su un blog di successo come Duc in altum ha portato vantaggi e svantaggi. Tra i vantaggi c’è quello di potersi confrontare con un vasto pubblico, ma anche gli svantaggi hanno la stessa origine. Tra i molti commenti non mancano mai quelli dei buonisti che in realtà parlano solo per rassicurare loro stessi. A proposito di questa serie di articoli sui musicisti di chiesa mi hanno accusato di parlare sempre di soldi. Ma è proprio quello che volevo! Essendo una serie che tratta l’argomento del compenso da destinare a chi presta un servizio e svolge una professione nell’ambito della Chiesa, è ovvio che ho dovuto e voluto parlare di soldi. Vorrei chiedere all’immancabile buonista di turno, assai politically correct: fai l’insegnante? E perché ti fai pagare per insegnare ai bambini? Fai il medico? E perché ti fai pagare per curare i malati? Fai il fioraio? E perché ti fai pagare per abbellire la Chiesa con i fiori? È sempre facile mostrarsi buoni quando i disagi non si provano sulla propria pelle. È facile, conveniente e fa tanto “buon cristiano”.  Invece le critiche di coloro che, pur non essendo d’accordo con me, le hanno espresse senza fare i buonisti demagogici le ho apprezzate e meditate con cura e attenzione.

L’istruzione De Musica Sacra et Sacra Liturgia, un documento del 1958 della Sacra congregazione dei riti, ha un passaggio importante su questo punto relativo al salario per i musicisti di chiesa: “È desiderabile e raccomandabile che gli organisti, i maestri di coro, i cantori, i musicisti e gli altri addetti al servizio della chiesa, prestino la loro opera in spirito di pietà e di religione, per amore di Dio senza alcun stipendio. Che se non potranno prestare la stessa opera gratuitamente, la giustizia cristiana e la carità al tempo stesso esigono che i superiori ecclesiastici, a seconda delle diverse e provate consuetudini locali, tenendo conto anche delle prescrizioni delle leggi civili, diano ad essi la giusta retribuzione. È inoltre conveniente che gli ordinari dei luoghi, sentito anche il parere della Commissione di musica sacra, fissino una tabella nella quale si stabilisca per tutta la diocesi lo stipendio da dare alle diverse persone nominate nel precedente articolo. È necessario finalmente che per le stesse persone sia accuratamente provveduto a tutto ciò che concerne la cosiddetta «Previdenza sociale», tenendo conto delle leggi civili se esistano o, in mancanza di esse, secondo le norme da emanarsi opportunamente dagli stessi ordinari”.

Che cosa si intende dire? Se i musicisti non hanno problemi di sussistenza si chiede loro di prestare la propria opera gratuitamente, ma se la loro sussistenza, al contrario, dipende proprio da quell’opera ecco che “la giustizia cristiana e la carità” richiedono che essi siano giustamente compensati e che si provveda anche alla previdenza sociale. Non mi sembra che ci sia molto da capire. Lo stesso potrebbe essere detto anche dei sacerdoti, per i quali sarebbe sì desiderabile la gratuità, ma nella quasi totalità dei casi non è possibile perché anch’essi devono vivere.

Purtroppo però, come ho sottolineato in precedenza, siamo di fronte a una degradazione del ruolo del musicista nella Chiesa. Negli articoli pubblicati su Duc in altum ho fatto l’esempio del compositore perché è quello che conosco meglio. Si ha idea di che cosa voglia dire comporre musica? Una composizione costa anni di studio, fatiche, letture. Eppure ci sono persone che, non comprendendo la dignità di questo lavoro, non attribuiscono alcun valore a ciò che i compositori fanno.

Molti anni fa un laico, direttore di un coro in una certa chiesa, fece una critica in merito a un accordo in una cadenza di un brano liturgico composto da un sacerdote molto conosciuto e che era lì presente. Ricordo l’imbarazzo mio e delle altre persone, in quanto tutti ci rendevamo conto della inopportunità di una critica del genere (oltretutto infondata, essendo  quel direttore di coro notoriamente ignorante in campo musicale). Ma soprattutto ricordo come il compositore si sentì ferito nella sua dignità. Si è certamente liberi di dire se un certo autore piace o no, ma pretendere di insegnargli il suo linguaggio (e senza essere richiesti) è un’offesa. Provate a insegnare a un pittore come dipingere o a uno scultore come scolpire. L’artista, che sia musicista, pittore, scultore o altro, ha sempre un senso profondo della propria funzione, specie se diretta verso Dio. Ecco spiegato il motivo per cui ha sempre una sensibilità molto accentuata (ma, d’altronde, provate a insegnare a un sacerdote, non richiesti, come dire Messa e vedrete come reagirà).

Un altro esempio, sulle ali dell’aneddotica. Moltissimi anni fa ero presente al colloquio fra un organista molto famoso e un frate carmelitano, rettore di una chiesa romana (bellissima) in cui l’organista si era recato su mio invito. Io introdussi il celebre organista e il rettore della chiesa lo invitò a suonare, chiedendogli di “strimpellare qualcosa”. Diciamo che la reazione dell’organista non fu contenuta. E io mi sentii morire. Mi chiesi se un trattamento del genere sarebbe mai stato riservato a un medico, un professore universitario, un professionista qualunque.

Vi posso dire una cosa: su internet e nei social passano molte musiche per la liturgia, composte da autori che le propongono per l’uso. A volte lo faccio anch’io. Alcune composizioni sono molto buone, migliori di tante musiche in voga nelle nostre parrocchie, altre sono pessime. Ma anche per quelle pessime non mi permetterei mai, se non richiesto, di insegnare all’autore come operare dal punto di vista tecnico. Questo perché capisco che si vanno a toccare sentimenti molto delicati. Se mi viene richiesto espressamente di dare un parere tecnico posso fornirlo, ma cerco di non ferire la sensibilità di nessuno perché capisco che cosa significa quando viene ferita la mia.

Anche molte persone che cantano in chiesa non capiscono che cosa implichi la dedizione totale e totalizzante alla musica sacra, quale impegno personale, emotivo, familiare ed economico ci sia dietro.

Tutto ciò non toglie che esista, anche per il compositore di musica sacra, il pericolo della venalità. Ma è un pericolo che esiste per i medici, i giornalisti, gli insegnanti… insomma per gli esseri umani. Perché, invece, solo al musicista di musica sacra viene chiesto di lavorare gratis e chiunque si sente in grado di criticare la sua tecnica pur non essendo richiesto e non avendo la preparazione necessaria?

Aurelio Porfiri

Ftcl Music Composition (Trinity College, London)
Honorary Master and Organist for the Church of Santa Maria dell’Orto (Rome, Italy)
Honorary Master and Organist Saint Joseph Seminary Chapel (Macau, China)
Choralife Publisher (Founder and Artistic Director)
Chorabooks Publisher (Founder and Artistic Director)
Il Naufrago hosted on Patheos Catholic Channel (Chief Editor)
Aurelio Porfiri’s Official Website
Aurelio Porfiri’s You Tube official channel

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