Intervista / Don Morselli: “Con le cose con cui uno pecca, con quelle viene punito”

Cari amici di Duc in altum, mentre ancora l’epidemia di coronavirus stringe in una morsa il nostro Paese e dilaga sempre di più anche in altre nazioni, proviamo a ragionare un po’ su questo tempo che il Signore ci chiede di vivere. Lo facciamo con una fulminante intervista a don Alfredo Morselli, parroco e teologo che ben conoscete e che è già intervenuto altre volte nel blog.

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Don Alfredo, parto dalla cronaca. Che effetto le ha fatto vedere il papa che va a Santa Maria Maggiore a pregare davanti alla Madonna e poi, in una Roma spettarle, si reca a piedi, lungo una via del Corso deserta, nella chiesa di San Marcello per pregare davanti al Crocifisso miracoloso?

Mi ricorda il vescovo vestito di bianco del terzo segreto di Fatima, che sale il monte rappresentando la Chiesa crocifissa, colpita dai nemici e tradita da alcuni suoi figli, e martire.

Che cosa pensa delle scelte dei vescovi italiani che, di fronte all’epidemia, si sono trovati stretti tra la tutela della salute pubblica e quella del diritto di culto e di ricevere i sacramenti? Una situazione non facile, occorre riconoscerlo.

Ritengo che la sospensione delle Sante Messe pubbliche fossea necessaria. Buona la possibilità delle visite in chiesa, ma bisogna invitare i parroci a disinfettare le panche, perché il virus rimane a lungo vivo sulle superfici. Veramente improvvida, invece, l’imposizione da parte di alcuni pastori di ricevere la Comunione in mano. La direttiva della Comunione sulla mano è contro le norme igieniche, contro il buon senso e contro le leggi della Chiesa. Alla Comunione sulla mano comunque ero già fortemente contrario prima, e non per motivi sanitari.

Eravamo appena usciti da un sinodo, quello amazzonico, che aveva innalzato inni alla natura, quasi trasformata in divinità suprema, ed ora ecco che, mediante un’epidemia, la natura stessa ci ricorda che il suo volto è duplice: amico ma anche nemico dell’uomo. Abbiamo messo in soffitta troppo in fretta la questione del peccato originale?

Esatto. Già negli anni Cinquanta, con la nouvelle théologie erede diretta del modernismo, venivano snobbati i doni preternaturali che i progenitori avevano prima del peccato, quando tutta la creazione riconosceva nell’uomo l’immagine perfetta di Dio da rispettare. Personalmente vedo nei microorganismi probiotici, tanto di moda oggi, una reminiscenza di questo stato; l’immagine non è andata distrutta del tutto; ma è spogliata e ferita, e non tutte le creature riconoscono la signoria dell’uomo.

Alcuni santi hanno potuto ammansire le belve perché, con una lunga vita di penitenza, hanno ricostituito in loro l’Adamo pre-lapsale (prima della caduta); il lupo di Gubbio ha riconosciuto san Francesco, ma oggi si sgranocchierebbe Greta Thunberg! E il coronavirus non riconosce la signoria dei figli di Adamo.

Prima che l’epidemia divampasse era in corso un intenso dibattito, sempre sulla scorta dell’ultimi sinodo, a proposito di celibato dei preti. Come abbiamo visto, qualcuno, anche dall’interno della Chiesa, ha premuto con decisione per mettere fine al celibato. E ora ecco che tanti preti si trovano con la Chiesa, Sposa di Cristo, vuota e desolata. C’è una lezione da cogliere in tutto questo?  

Vede, si è data la Comunione a tutti, anche se in stato di peccato, e agli evangelici in Germania, e oggi nessuno può fare la santa Comunione. Si è prestato culto agli idoli in Vaticano e in San Pietro, e San Pietro adesso non avrà i riti della Settimana Santa con i fedeli. La Chiesa in Cina è stata tradita e venduta al regime cinese, e dalla Cina è arrivato il virus. Col sinodo sull’Amazzonia la natura è stata glorificata e considerata persino un luogo teologico, ed ora sta mostrando che – a causa del peccato originale – non è una tigre facilmente cavalcabile. È partito il complotto per dare moglie ai preti, e i preti sono senza la loro sposa, la loro parrocchia. Non sarà mica perché si sta compiendo quanto dice il libro della Sapienza: “… perché capissero che con le cose con cui uno pecca, con quelle viene punito” (Sap 11,16)? Padre Spadaro diceva che in teologia due più due fa cinque. A volte fa ancora quattro.

A cura di Aldo Maria Valli

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