Il virus, lo Stato di polizia e le rane bollite

Leggo che, onde evitare assembramenti e combattere il virus, «le feste private con più di sei persone non sono vietate ma “fortemente sconsigliate”, quindi non multabili. Tuttavia, i vicini possono segnalare gli assembramenti alle Autorità. Ecco come».

Mi stropiccio gli occhi, rileggo. È scritto proprio così. Sto consultando un sito piuttosto diffuso. Mi chiedo: ma dove siamo? In Italia o nella Repubblica Democratica di Germania buonanima? Ho forse viaggiato nel tempo e nello spazio?

Altra stropicciata agli occhi, con aggiunta di pizzicotto. Non è un incubo. Purtroppo, sono sveglio. Continuo a leggere.

Titolo: «Come e a chi segnalare feste private in casa». Svolgimento: «La raccomandazione di non organizzare feste private in casa con più di sei persone (oltre ai conviventi) ha scatenato molte polemiche, specie dopo le dichiarazioni del ministro della Salute Roberto Speranza che dava ai vicini il compito di segnalare i trasgressori. Alla fine, il divieto si è trasformato in una raccomandazione: vale a dire che cene, aperitivi e party domestici con più persone non sono vietati in modo assoluto ma “fortemente sconsigliati”».

Ma come sono buone queste Autorità (con la A maiuscola, ovviamente)! Ma come sono sollecite e tolleranti nel preoccuparsi per noi! Niente divieti, ci mancherebbe! Solo un consiglio, una raccomandazione. Diciamo pure un avvertimento. Eh, già. Perché l’idea da cui si parte non è che siamo cittadini responsabili, ma sudditi indisciplinati e incoscienti. Dunque, un’occhiatina dentro le nostre case, dopo tutto, si può anche dare. Per il nostro bene.

E i vicini, per carità, non facciano gli spioni. Però, ecco, una segnalazione può essere opportuna. Anzi, meglio farla. Tanto, «saranno le Forze dell’ordine a stabilire se intervenire oppure no». Infatti, «ogni cittadino, se vuole, può segnalare assembramenti e altri comportamenti vietati alle Autorità di pubblica sicurezza. Basta una semplice chiamata a vigili urbani, polizia, carabinieri e Guardia di finanza». State tranquilli: «Non sempre questo si traduce in una vera e propria denuncia ma, piuttosto, nell’informare le Forze dell’ordine di un fatto vietato o sconsigliato (come appunto le feste private con più di sei persone)». In ogni caso, ricordate: «Bisogna descrivere dettagliatamente il fatto, indicare il luogo in cui si sta svolgendo l’evento e, se noto, nomi e cognomi dei partecipanti».

Poi si precisa, con tono vieppiù tranquillizzante: «Ciò non significa che chiunque organizzi una festa domestica rischi l’ingresso della polizia in casa. Questa è un’ipotesi residuale circoscritta ai casi più eclatanti come feste molto numerose senza il rispetto delle misure previste (mascherina e distanziamento) che possono trasformarsi in pericolosi focolai».

Eh, già: è solo un’«ipotesi residuale», riservata ai «casi più eclatanti». Ma intanto il messaggio, anzi l’avvertimento, è stato lanciato: se sei un buon cittadino, rispettoso della legge e responsabile, diventare delatore non è un male. Anzi, diciamolo, è un dovere. Trattasi di «evitare al Paese di entrare in una nuova fase emergenziale». E voi mica vorrete per caso far entrare il vostro Paese «in una nuova fase emergenziale»? Certo che no!

Si sa come vanno le cose: si diffonde il terrore, si invita a stare dalla parte giusta, si raccomanda di informare le Autorità. Tutto ciò ha un nome: Stato di polizia. E lo abbiamo visto all’opera non solo nelle defunte URSS e DDR, ma un po’ ovunque sia andato al potere un dittatore così buono da voler garantire la sicurezza dei cittadini. Con ogni mezzo.

Nel film Le vite degli altri, che narra la storia del capitano Gerd Weisler della Stasi (il Ministerium für Staatssicherheit, Ministero per la Sicurezza di Stato, la principale organizzazione di sicurezza e spionaggio della Repubblica Democratica Tedesca, al servizio del Partito), l’ufficiale spione dice ai suoi allievi: «Quelli che voi interrogherete sono nemici del socialismo, non dimenticatelo mai».

Mi sembra già di vedere l’interrogatorio a carico di chi, avendo ospitato qualcuno in casa ed essendo stato graziosamente segnalato alle competenti Autorità dai solerti vicini ligi al dovere, si troverà davanti un ufficiale convinto di interrogare non un cittadino innocente fino a prova contraria, ma un «nemico del Paese».

Non si pensi che il passaggio da una democrazia liberale a una dittatura debba avvenire per forza in modo traumatico. Possiamo anche scivolare nella dittatura lentamente, in modo soft, circondati da chi ci rassicura che tutto è per il nostro bene, per la nostra Salute.

Conosciamo il principio della rana bollita di cui parla Noam Chomsky nel libro Media e potere. “Immaginate un pentolone pieno d’acqua fredda nel quale nuota tranquillamente una rana. Il fuoco è acceso sotto la pentola, l’acqua si riscalda pian piano. Presto diventa tiepida. La rana la trova piuttosto gradevole e continua a nuotare. La temperatura sale. Adesso l’acqua è calda. Un po’ più di quanto la rana non apprezzi. Si stanca un po’, tuttavia non si spaventa. L’acqua adesso è davvero troppo calda. La rana la trova molto sgradevole, ma si è indebolita, non ha la forza di reagire. Allora sopporta e non fa nulla. Intanto la temperatura sale ancora, fino al momento in cui la rana finisce, semplicemente, morta bollita. Se la stessa rana fosse stata immersa direttamente nell’acqua a 50° avrebbe dato un forte colpo di zampa, sarebbe balzata subito fuori dal pentolone”.

Ecco. A forza di accettare tutto, di aderire alla narrativa dominante diffusa dai media mainstream, di farci condizionare dalla paura, possiamo diventare perfette rane bollite. Mi sembra che i presupposti ci siano tutti.

La nostra casa, le nostre quattro mura erano l’ultimo rifugio, l’ultima ridotta: ora stanno dando l’assalto anche a quella. Per il nostro bene, naturalmente.

Aldo Maria Valli

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