Bergoglio, la guerra sociale e quel legame con i movimenti popolari marxisti

Cari amici di Duc in altum, questa riflessione che il professor Antonio Caponnetto ci invia da Buenos Aires (e che vi propongo grazie alla traduzione di Valentina Lazzari) apre squarci di comprensione  sui legami tra Bergoglio, il bergoglismo e quei Movimenti popolari e sociali latinoamericani che il papa tanto ama e apprezza. Una realtà che pone serie questioni legate alla stessa legittimità di tali movimenti, a causa del loro modo di agire e all’ideologia che li sostiene.

Dopo il testo in italiano, gli amici di lingua spagnola trovano quello originale.

(Nella foto: Juan Grabois e Bergoglio)

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L’Argentina – lo dico pensando a qualche osservatore straniero che ha bisogno di saperlo – ha problemi di ogni genere. Ma negli ultimi anni ce ne sono due che sono stati “installati” con la forza, e che meritano qualche commento. Ci riferiamo al terrorismo mapuche e alla campagna sistematica di usurpazione di terre, campi o proprietà, sia rurali che urbane

Queste poche righe sfuggono a ogni pretesa analitica, ma diciamo che entrambi i problemi citati hanno, tra gli altri, il comune denominatore del ricorso alla violenza; perfettamente pensato, pianificato ed eseguito da diversi gruppi di sinistra che attuano in questo modo la cosiddetta “guerra sociale”, già progettata, principalmente nel Foro di San Paolo  [conferenza dei partiti di sinistra e altre organizzazioni latinoamericane, ndr]. Quando diciamo “gruppi di sinistra” siamo costretti a includere, dolorosamente, alcuni settori della Chiesa cattolica, con posizioni gerarchiche rilevanti, che sostengono esplicitamente queste rivendicazioni rivoluzionarie e si schierano dalla loro parte invocando quella che viene impropriamente chiamata “opzione preferenziale per i poveri”. Scriviamo “impropriamente” perché, in senso stretto, non sono i veri poveri che si dedicano a rapine e attività terroristiche, ma una massa prezzolata e sovvenzionata espressamente per provocare l’anarchia come programma ideologico.

Questa massa, portata a reagire in modo eccessivo e con furia frenetica in ogni sua apparizione, ha come responsabili visibili ed espliciti i cosiddetti Movimenti popolari e sociali. Ce ne sono diversi, distribuiti in diversi paesi del mondo, e ovviamente nel nostro ce n’è più di uno. Ma in questo momento il suo leader più scandaloso e vergognoso si chiama Juan Grabois. I suoi precedenti sono noti, le sue azioni criminali sono condotte impunemente e la sua affinità con l’attuale governo è formale e dichiarata, sebbene non sia esente da fluttuazioni e calcolate ambiguità. Grabois fomenta allo stesso modo il vandalismo mapuche e l’occupazione illegale di territori privati o statali. E questi fatti non sono segreti, né devono essere verificati tramite un gruppo di investigatori. Sono eventi che accadono sotto gli occhi di tutti, e che lo stesso agitatore fa conoscere con orgoglio attraverso i social network. Per dare un’idea del grado di decomposizione che abbiamo raggiunto basti dire che, mentre scriviamo queste righe, il governo annuncia la consegna di una cospicua somma di denaro mensile ai confiscatori e usurpatori di terre, al fine di dissuaderli dalla loro condotta. Un denaro che supera quello che guadagna oggi un onesto proletario nel nostro paese.

Fino a questo punto tutto ciò che abbiamo detto è estremamente grave, soprattutto per l’assoluta mancanza di restrizioni, punizioni o legittime repressioni da parte del potere esecutivo e del potere giudiziario dell’Argentina. Le pubbliche autorità hanno le mani legate; e se qualche volta è permesso loro di agire, il protocollo repressivo è assurdo e il danno che ricevono in cambio è enorme. Per non parlare degli attacchi fisici e delle sanzioni politiche. Ma insistiamo: come se non bastasse quanto già raccontato, occorre aggiungere, per accrescere il livello di demenza, il fatto iniquo che Bergoglio appoggia pubblicamente il già citato criminale Grabois. Non solo lo sostiene e gli offre la sua amicizia, acquiescenza e simpatia, ma nel 2016 lo ha nominato consigliere del Pontificio consiglio della giustizia e della pace, con frequenti viaggi e incontri a Roma. L’ultimo la scorsa settimana, quando nel Paese, da otto mesi, la maggior parte dei voli è stata cancellata e il collegamento tra le province interne è tirannicamente limitato.

Non è un caso che, nell’enciclica Fratelli tutti, Bergoglio citi in più passaggi (per esempio 116, 169) la sua ammirazione per quei Movimenti sociali e popolari con i quali tenne un incontro mondiale nell’ottobre del 2014 e uno simile nel 2017. Nonostante il fatto che tutti questi movimenti manifestino un’esplicita affiliazione o connotazione marxista, entrambi gli incontri sono citati nell’enciclica, con toni premurosi e di congratulazioni. E tra i movimenti cari al papa ci sono i cinque che rappresentavano l’Argentina, ben noti qui per la loro militanza sovversiva, anarchica e demenziale. Essi sono: il Movimiento Nacional Campesino Indígena (MNCI), la Federación Argentina de Cartoneros y Recicladores (FACyR), il Movimiento De Trabajadores Excluidos (MTE), il Corriente Villera Independiente (CVI), il Movimiento de Trabajadores Excluidos.

In sintesi: la guerra sociale, con i suoi due aspetti principali, quello dell’anarchismo indigeno virulento e quello degli usurpatori di proprietà, trova in Bergoglio il vero e ultimo leader oltre che, in definitiva, il principale sostegno ideologico, sia a causa dell’idolatria pachamamica ufficialmente sancita in Vaticano, sia per la manifesta enfasi posta nel diluire i contorni della legittimità dei diritti di proprietà.

Mancava qualcosa per completare il manicomio ecclesiologico, e Bergoglio ce lo ha offerto. Questi movimenti sociali e popolari sono stati praticamente elevati al ruolo di agenti del nuovo messianismo, l’unico in cui Francesco sembra credere oggi: il messianismo della solidarietà sociologica, terrena e immanentista, il cui salvatore e redentore non è più Cristo ma l’attivismo solidaristico dei presunti esclusi. “La solidarietà, intesa nel suo senso più profondo è un modo di fare storia ed è quello che fanno i movimenti popolari” (Fratelli tutti, 116). La visione bergogliana ha, quindi, un motore, l’insieme dei gruppi comunisti internazionali, e un obiettivo preciso: la “fratellanza” naturalistica e orizzontale con gli ipotetici scartabili. Ipotetici, diciamo, perché la verità è che, nella “Chiesa” che questo personaggio sinistro dirige oggi, l’unica cosa veramente periferica, esclusa e scartata è la fede cattolica.

Andando ancora più in profondità, se possibile, nel crimine e nell’eterodossia, Bergoglio sostiene che i leader e i membri di questi movimenti sociali e popolari “sono seminatori di cambiamento, promotori di un processo in cui milioni di azioni grandi e piccole si legano creativamente tra loro, come in una poesia. In questo senso sono poeti sociali, che a modo loro lavorano, propongono, promuovono e liberano” (Fratelli tutti, 169).

Il cerchio degli squilibri si è chiuso nel modo più demoniaco possibile. Per capirlo bisogna andare a ciò di cui parla José Antonio Primo de Rivera. “I popoli – diceva il capo della Falange – non sono mai stati commossi da nient’altro che dai poeti. E guai a chi non sa ribellarsi alla poesia che distrugge, alla poesia che promette”.

Altre volte abbiamo spiegato i profili e gli ambiti classici di questo binomio di cui parla de Rivera. Ben lungi dall’essere stato lanciato solo come risorsa retorica o estetica, è da considerare e proporre invece come una vera dottrina spirituale, e anche come crocevia esistenziale. Perché la poesia che promette è l’adattamento dell’intelligenza alla grazia della cosa; è la richiesta a Dio di conoscere i nomi delle cose, ed è la proclamazione o l’annuncio di ciò che Dio ha voluto e vuole. La poesia che distrugge è la sua antitesi. La sua ispirazione non è nella Grazia divina ma nella disgrazia del Maligno. Il suo sostegno non è l’”entusiasmo o delirio divino”, di cui parla tanto Pieper mentre spiega a Platone, ma il risentimento, il rancore di classe alimentati dal Bugiardo sin dall’Inizio.

Se i nuovi poeti sociali sono questi miserabili anarchici, terroristi, agenti dell’odio rivoluzionario annunciato e richiesto da Che Guevara, se la “nuova melodia cristiana” verrà eseguita da queste tribù di reietti omicidi, senza affiliazioni divine o storiche o familiari, è facile dedurre che cosa è diventata una “Chiesa” la cui leadership li ha per paradigma, scrive encicliche ispirandosi a loro e organizza pastorali aborigene e incontri internazionali a loro dedicati a Roma. Si capisce allora perché Bergoglio e uno dei suoi servi più esaltati, monsignor Taussig, abbiano deciso di chiudere in modo crudele e subdolo uno dei seminari più frequentati e prestigiosi che l’Argentina ha oggi: quello della diocesi di San Rafael. Lì veniva insegnata la melodia cristiana della Tradizione, non quella dell’insurrezione sociale e popolare.

I greci usavano una parola precisa, ἑκατόμβη, ecatombe, per designare un’orribile celebrazione religiosa consistente nell’uccisione di cento buoi. E per estensione, ovviamente, il termine è stato usato, ed è ancora usato, per riferirsi a un terribile disastro. Dio ci dia la forza di non soccombere all’attuale ecatombe causata nella Chiesa e nelle nostre patrie da coloro che hanno sostituito il retto culto della Santissima Trinità con un’idolatria vergognosa, animalesca e tribale. È la forza dei poeti genuini di cui abbiamo bisogno, perché – come diceva D’Annunzio nel 1942 – “Un atto è la parola del poeta comunicata alla folla, un atto come il gesto dell’eroe” [in italiano nell’originale, ndr].

Antonio Caponnetto

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Bergoglio y la guerra social

La Argentina –lo digo pensando en algún observador extranjero que necesitara saberlo- tiene problemas de todo tipo. Pero en los últimos años hay dos que le han sido “instalados” por la fuerza, y que merecerían algunos comentarios. Nos referimos al terrorismo mapuche y a la campaña sistemática de usurpación de tierras, campos o propiedades, tanto rurales como urbanas.

Escapa a estas pocas líneas cualquier pretensión analítica, pero digamos que ambos problemas mencionados poseen, entre otros, el común denominador del recurso a la violencia; perfectamente pensada, planificada y ejecutada por distintas agrupaciones de izquierda, que llevan a cabo así la llamada “guerra social”, diseñada ya, principalmente en el Foro de San Pablo. Cuando decimos “agrupaciones de izquierda”, nos vemos obligados a incluir, dolorosamente, a ciertos sectores de la Iglesia Católica, con cargos jerárquicos relevantes, que de un modo explícito apoyan estos reclamos revolucionarios, y se ponen de su parte invocando indebidamente la llamada “opción preferencial por los pobres”. Escribimos “indebidamente”, porque, en rigor, no son los pobres genuinos los que se dedican al latrocinio  y a las actividades terroristas, sino  un lumpen rentado y subsidiado expresamente para provocar la anarquía como  programa ideológico.

Este lumpen llevado a sobreactuar con furia frenética sus apariciones tiene como visibles y explícitos responsables a los llamados “Movimientos Populares y Sociales”. Son varios, repartidos en distintos países del mundo, y por supuesto en el nuestro existe más de uno. Pero en este momento su dirigente más escandaloso y vergonzante se llama Juan Grabois. Su prontuario es frondoso, sus actuaciones delictivas se consuman con impunidad y su afinidad con el actual gobierno es formal y expresa, aunque no está libre de fluctuaciones y de calculadas ambigüedades. Grabois fogonea por igual el vandalismo mapuche y las ocupaciones ilegales de territorios  privados o estatales. Y estos datos no son secretos ni hay que estar averiguándolos mediante algún equipo detectivesco. Son hechos que suceden con lenidad a la vista de todos, y que el mismo agitador los da a conocer con orgullo a través de las redes sociales. Cómo será el grado de descomposición al que hemos llegado que, mientras escribimos estas líneas, el Gobierno anuncia la entrega de una abultada suma de dinero mensual a los confiscadores y usurpadores de tierras, con tal de disuadirlos de su conducta. Un dinero que supera el que gana hoy en el país un honrado proletario.

Hasta aquí todo lo narrado resulta gravísimo, sobre todo por la falta absoluta de frenos, castigos o de legítimas represiones por parte del Poder Ejecutivo y del Poder Judicial de la Argentina. Las Fuerzas Públicas tienen las manos atadas; y si en ocasiones, como en el día de hoy, se les permite actuar, el protocolo represivo es absurdo, y el agravio que reciben a cambio es enorme. Ni hablemos de las agresiones físicas y de las sanciones políticas. Pero insistimos: todo lo narrado sería gravísimo si no se le sumara, para potenciar la demencia, el hecho inicuo de que Bergoglio apoya públicamente al precitado delincuente Grabois. No sólo lo apoya y le brinda su amistad, aquiescencia y simpatía, sino que lo ha nombrado desde 2016 Asesor del Consejo Pontificio de Justicia y Paz, siendo frecuentes los viajes y los encuentros en Roma. El último ejecutado la semana pasada, cuando en el país, desde hace ocho meses, están cancelados la mayoría de los vuelos, y restringida tiránicamente la conexión entre las provincias internas.

No es casualidad que, en la <Fratelli Tutti>, Bergoglio menciona en varios pasajes (vg.116, 169) su admiración por esos Movimientos Sociales y Populares, con los cuales realizó en Roma un “Encuentro Mundial de Movimiento Popular”, en octubre de 2014 y otro similar en el 2017.Ambos “Encuentros” son referidos en la encíclica, con tono ponderativo y congratulatorio. A pesar de que la totalidad de esos movimientos manifiestan una explícita filiación o connotación marxista. Incluyendo los cinco que representaron a la Argentina, bien conocidos aquí por su activísima militancia subversiva, anarquizante y desquiciadora. Son ellos: Movimiento Nacional Campesino Indígena (MNCI), Federación Argentina de Cartoneros y Recicladores (FACyR),Movimiento De Trabajadores Excluidos (MTE), Corriente Villera Independiente (CVI), Movimiento de Trabajadores Excluidos.

En pocas palabras:la Guerra Social, con sus dos principales vertientes, la del anarquismo indigenista virulento y la de los usurpadores de propiedades, encuentran en Bergoglio su verdadero y último líder; y en última instancia su principal sustento ideológico. Sea por la idolatría pachamámica consagrada oficialmente en el Vaticano, como por el manifiesto énfasis puesto en diluir los contornos de la legitimidad del derecho de propiedad.

-Faltaba algo más para completar el manicomio eclesiológico, y Bergoglio nos lo ha ofrecido. Estos Movimientos Sociales y Populares han sido elevados prácticamente al carácter de agentes del nuevo mesianismo, el único en el cual parece creer hoy Francisco: el mesianismo de la solidaridad sociológica, terrenalista e inmanentista, cuyo salvador y redentor ya no es Cristo sino la acción solidaria con los supuestos excluidos. “La solidaridad, entendida en su sentido más hondo, es un modo de hacer historia y eso es lo que hacen los movimientos populares”(Fratelli tutti, 116). La historia en la concepción bergogliana tiene, pues, un motor hondo, que es el conjunto de los grupúsculos comunistas internacionales; y una meta determinada: la <sororidad> naturalista y horizontalista con los hipotéticos descartables. Hipotéticos, decimos, porque la verdad es que, en la <Iglesia> que encabeza hoy este personaje siniestro, lo único verdaderamente periférico, excluido y descartado es la Fe Católica.

Ahondando aún más en la felonía y en la heterodoxia, si cabe, Bergoglio sostiene que los dirigentes y los miembros de estos movimientos sociales y populares “son sembradores de cambio, promotores de un proceso en el que confluyen millones de acciones grandes y pequeñas encadenadas creativamente, como en una poesía. En este sentido son <poetas sociales>, que trabajan, proponen, promueven y liberan a su modo (Fratelli tutti, 169).

El círculo de insensateces se ha cerrado del modo más endemoniado posible. Para entenderlo hay que acudir a aquello tantas veces citado de José Antonio Primo de Rivera. “A los pueblos –decía el Jefe de Falange- no los han movido nunca nada más que los poetas. Y ¡ay! del que no sepa levantar contra la poesía que destruye, la poesía que promete”.

Algunas veces hemos explicado los perfiles y los alcances clásicos que tiene este binomio joseantoniano; muy lejos de haber sido lanzado tan sólo como recurso retórico o esteticista, para plantearse y proponerse en cambio como un verdadero ideario espiritual, y hasta como una encrucijada existencial. Porque la poesía promisoria es la adecuación de la inteligencia a la gracia de la cosa; es la interrogación a Dios para saber los nombres de las cosas, y es el vaticinio o proclamación de lo que Dios ha querido y quiere. Su antítesis,en cambio,la poesía que destruye, es tal y como tal destruye, precisamente por ejecutar lo contrario. Su inspiración no esta en la Gracia Divina sino en la desgracia del Maligno. Su sostén no es el “entusiasmo o delirio  divino”, del que tanto nos hablara Pieper explicando a Platón; sino el resentimiento y el rencor clasista alimentado por el Mentiroso desde el Principio.

Si los nuevos poetas sociales son estos miserables anarquistas, terroristas, agentes del odio revolucionario predicado y exigido por el Che Guevara. Si la “nueva melodía cristiana” la ejecutarán estas tribus de parias homicidas, sin filiaciones divinas ni históricas ni hogareñas, es fácil deducir en qué se ha convertido una <Iglesia> cuya cúpula los tiene por paradigmas, les escribe encíclicas y les organiza Pastorales Aborígenes o Encuentros Internacionales en Roma. Se entiende entonces porqué Bergoglio y uno de sus más alucinados sirvientes, Monseñor Taussig, han decidido cerrar de modo cruel y artero, uno de los Seminarios más nutridos y prestigiosos que tiene hoy la Argentina: el de la diócesis de San Rafael. Allí se enseñaba la melodía cristiana de la Tradición, no la de la Insurrección Social y Popular.

Los griegos usaban la precisa palabra <hecatombe> para designar un horrible festejo religioso consistente en la matanza de cien bueyes. Y por extensión,claro, el término se utilizó y se utiliza para mencionar un desastre espantoso. Dios nos de la fuerza para no sucumbir ante la actual hecatombe provocada en la Iglesia y en nuestras patrias por quienes han sustituido el recto culto de latría a la Santísima Trinidad por la idolatría vergonzante, animaloide y tribal . Es la fuerza de los genuinos poetas la que necesitamos, porque –como decía D`Annunzio en 1942- “Un atto è la parola del poeta comunicata alla folla, un atto come il gesto dell’eroe”.

Buenos Aires, 29 de octubre de 2020

Antonio Caponnetto

 

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