Signore e signori, lo psicoreato, previsto da George Orwell nel suo romanzo distopico 1984, sta diventando realtà.
Orwell immagina che il thoughtcrime (crimethink nella neolingua) sia il reato che consente di applicare lo strumento repressivo per eccellenza nel sistema totalitario descritto nel libro. In 1984 commette infatti psicoreato chiunque osi anche solo pensare qualcosa che non sia in linea con le teorie del Grande Fratello. A tal scopo il Partito ha istituito un apposito reparto di controllo e repressione, la Psicopolizia. In genere lo psicoreato è segnalato alla Psicopolizia dagli onnipresenti teleschermi, ma si può anche essere scoperti direttamente da un agente della Psicopolizia in incognito oppure essere traditi da colleghi, amici e perfino parenti. I responsabili, una volta individuati e arrestati, vengono condotti nel ministero dell’Amore, dove, dopo apposito trattamento (torture, umiliazioni) il cervello viene ripulito, in modo che al posto di strane idee contenga solo amore incondizionato: ovviamente per il Partito e per il Grande Fratello.
Ebbene, oggi, nella realtà, la polizia britannica ha lanciato un programma, già operativo, per denunciare persone (anche conoscenti, amici e parenti) colpevoli di “visioni estremiste”, così che possano essere opportunamente rieducate.
Il programma si chiama Prevent e viene presentato così: “Può essere difficile sapere che fare se sei preoccupato che qualcuno vicino a te stia esprimendo opinioni estremiste o odio estremo, qualcosa che potrebbe portare queste persone a danneggiare loro stesse e gli altri”. Pertanto, ecco che “la polizia protegge le persone vulnerabili dallo sfruttamento da parte degli estremisti”. Lo fa, appunto, mediante Prevent, programma del ministero degli Interni, dove si possono leggere esortazioni di questo tipo: “Agisci presto e comunicaci le tue preoccupazioni in confidenza. Non sprecherai il nostro tempo e non rovinerai vite, ma potresti salvarle”.
Non troppo diversamente dalla Psicopolizia orwelliana, Prevent “aiuta” le persone che coltivano idee strane. Per dimostrarlo, il sito propone alcune storie che descrivono interventi di correzione di cittadini “affetti” da visioni vagamente definite di “estrema destra” e da altre caratterizzate da estremismo islamico. Curiosamente, non è descritto nemmeno un caso di persone “affette” da idee di estrema sinistra.
La prima storia descritta parla di uno studente di nome John che “ha iniziato a condividere post di estrema destra sui social media e a partecipare a manifestazioni”. Proprio “dopo aver invitato un insegnante a una manifestazione estremista, John è stato indirizzato al programma Prevent dal suo college”.
Con un opportuno trattamento da parte di un provider, John ha recuperato “fiducia in se stesso” e così “si è reso conto che voleva apportare alcuni cambiamenti nella sua vita”. Fino al lieto fine: “Con questo aiuto e supporto, il giovane è stato in grado di allontanarsi dall’estremismo”.
Il sito è prodigo di consigli. Uno, in particolare: “Agisci presto e comunicaci le tue preoccupazioni in confidenza”. In poche parole, diventa un delatore della Psicopolizia.
“Il nostro approccio – spiegano gli specialisti di Prevent usando un tono rassicurante – inizia con la comprensione che le persone sono vittime della radicalizzazione; non li consideriamo sospetti o criminali”. Certo che no. Sta di fatto che “prima ci comunichi le tue preoccupazioni, prima possiamo ottenere dalla persona a cui tieni l’aiuto di cui ha bisogno”.
“Ricevere sostegno è volontario” e dunque, si precisa, “abbiamo bisogno del permesso della persona per aiutarla”. Bontà loro. Resta il fatto che, “a seconda della situazione, possiamo contattare altre organizzazioni con cui lavoriamo per mettere in atto il giusto supporto. Ad esempio, potrebbe trattarsi del supporto di un medico, di una scuola o di un gruppo della comunità locale o di mentori specializzati, noti come fornitori di interventi”.
Nato come strumento per contrastare i casi di radicalizzazione islamica e combattere il terrorismo, Prevent si presta a un uso allargato, così da giustificare l’intervento contro tutti i comportamenti ritenuti genericamente devianti.
Per capire il rischio di totalitarismo insito nel programma basta leggere qui: “Più importante di qualsiasi segno specifico è la sensazione che qualcosa non vada bene nella persona per la quale sei preoccupato. Potresti individuare un segno o una combinazione di segni che stanno aumentando di intensità. A volte possono essere indicatori di altri problemi o sfide sottostanti che non sono collegati alla radicalizzazione. Se sei preoccupato, fidati del tuo istinto e contatta noi o una delle organizzazioni elencate sul sito per un consiglio… Se sei preoccupato, agisci presto e chiedi aiuto per discutere le tue preoccupazioni”.
Capite che se basta una “sensazione” per giustificare un intervento la faccenda si fa inquietante.
Quali sono i “segni” che dovrebbero preoccupare? Prima di tutto, “trascorrere sempre più tempo online e condividere opinioni estreme sui social media”. Occorre ricordare che i devianti “operano sempre più online per prendere di mira e influenzare le persone vulnerabili tramite giochi online e piattaforme di social media. In un primo momento, possono utilizzare pagine o siti dall’aspetto innocuo, che non sono in alcun modo estremi. Quindi cercheranno di invitare la persona in un gruppo chiuso in cui vengono espresse opinioni estremiste. Lo fanno per far sentire la persona speciale o parte di un gruppo selezionato”.
Occhio, dunque. Magari il sospetto frequenta siti normalissimi e banalissimi, ma mai sottovalutare il pericolo: l’estremista può nascondersi ovunque!
La materia è quanto mai scivolosa e i criteri sono così vaghi che, di fatto, ogni comportamento, volendo, può essere letto come pericoloso. A un certo punto si dice di stare in guardia quando le persone vivono “un conflitto o un trauma significativo a un certo punto della loro vita, come un lutto o una rottura di una relazione con un partner, con amici o familiari”. Ma anche “una transizione importante, come trasferirsi all’università e cambiare o perdere il lavoro”, può diventare pericolosa. Dunque, se il tuo amico s’è lasciato con la fidanzata, o ha deciso di cambiare facoltà, stai in guardia: forse sta diventando un pericolo pubblico!
Certo, “la maggior parte delle persone trova il modo di affrontare le sfide della vita e non si troverà coinvolta nell’estremismo”, tuttavia “alcuni potrebbero rivolgersi a nuovi modi di comportarsi e pensare”.
L’ironia involontaria farebbe solo sorridere se non sfociasse in esiti, appunto, dall’inequivocabile sapore orwelliano.
“Come puoi aiutare?” chiede il sito di Prevent.
Ebbene, “la famiglia e gli amici sanno quando qualcosa non va bene”. Quindi “puoi individuare un comportamento preoccupante in una fase iniziale e aiutare la persona a cui tieni a ottenere il supporto di cui potrebbe aver bisogno per allontanarsi dall’estremismo”.
Per completare il quadro, ricordiamo che nel Regno Unito c’è una discussione in corso sulla possibilità di perseguire le persone per “crimini d’odio” sulla base di ciò di cui discutono nelle loro case, infrangendo così il principio della privacy. Fino al 1986 il reato relativo all’uso di parole o comportamenti suscettibili di incitare all’odio, soprattutto razziale, poteva essere commesso solo in un luogo pubblico. L’ambito, successivamente ampliato, escludeva comunque l’abitazione privata, ma ora si discute dell’ipotesi di poter incriminare un cittadino anche per cose dette a tavola, in famiglia.
Evidenti i rischi. E tante le domande. Se la proposta passasse, una persona che in casa sua legge, poniamo, il Mein Kampf per motivi di studio, o anche solo per curiosità, potrebbe essere denunciata per uso di materiale estremista che fomenta l’odio?
Benvenuti nel mondo del Grande Fratello. Non è 1984, è il 2021, ma il succo è quello. Se non è psicoreato, ci siamo molto vicini.
Aldo Maria Valli
La Verità, 29 dicembre 2020