Il Vaticano, le casse vuote e quei ricchi amici del papa

Nelle settimane scorse il Consiglio vaticano per l’economia (il quale, voluto dal papa nel 2014, ha il compito di controllare e coordinare tutte le attività economiche e finanziare dello Stato della Città del Vaticano e della Santa Sede) ha tenuto una riunione online con all’ordine del giorno un problema scottante: il deficit del 2020, che a quanto pare supererà i 60 milioni di dollari, un passivo che ha diverse cause: mancati introiti dovuti al coronavirus (si pensi solo al mancato afflusso di turisti e pellegrini, così come alla chiusura dei Musei vaticani, con tutto l’indotto, durante il lockdown); minore resa degli investimenti in immobili; diminuzione delle offerte (anche le diocesi e, in generale, i fedeli sono in difficoltà) e crisi degli obblighi pensionistici non finanziati.

Circa il problema delle pensioni, ricordiamo che il Vaticano ha un fondo pensione, ma è al momento sottofinanziato rispetto a una forza lavoro che invecchia rapidamente. Il fatto che il Vaticano sia costretto a destinare una quota crescente di risorse per pagare le pensioni costituisce un problema notevole, che mette lo Stato a rischio di default.

Anche il cardinale George Pell, intervenuto il 14 gennaio a un webinar sulla trasparenza finanziaria nella Chiesa cattolica, ha messo l’accento sulla questione delle pensioni. “Finanziariamente  – ha detto l’ex prefetto della Segreteria per l’economia – non sono sicuro che il Vaticano possa continuare a perdere soldi come li sta perdendo ora. Oltre a ciò, ci sono pressioni molto reali dal fondo pensione”.

Non sappiamo ancora quanto denaro abbia fatto confluire nelle casse vaticane l’annuale raccolta dell’Obolo di San Pietro, ma possiamo immaginare che, stante la situazione generale, anche queste offerte siano in calo.

È interessante notare che la riunione online del Consiglio è avvenuta solo pochi giorni dopo l’annuncio di una nuova partnership, chiamata “Consiglio per il capitalismo inclusivo con il Vaticano”, che vede l’impegno diretto della Santa Sede in collaborazione con alcuni leader del capitalismo mondiale desiderosi, a quanto sostengono, di procedere a una profonda riforma dell’ordine economico globale.

Tra le due notizie (da un lato la riunione del Consiglio vaticano per l’economia, dall’altro la partnership della Santa Sede con i leader del capitalismo) non c’è, ovviamente, una connessione diretta, ma sarebbe veramente difficile non metterle in relazione.

Ci si chiede: può essere casuale che, proprio in un momento di tale difficoltà sul piano economico e finanziario, il Vaticano, con il papa in persona, dia la propria benedizione a un gruppo di capitalisti nel quale troviamo, solo per citarne alcuni, gli amministratori delegati di Bank of America, British Petroleum, Saudi Aramco, Estée Lauder, Mastercard, Visa, Johnson and Johnson, Allianz, Dupont, Merck and Co., Ernst and Young e così via? I rappresentanti del gruppo (i quali si sono dati il nome di Guardiani per un capitalismo inclusivo), gestiscono, ricordiamolo, qualcosa come dieci trilioni di dollari e una forza lavoro che ammonta a duecento milioni di persone in 163 paesi.

Occorre anche ricordare che questo Consiglio per un capitalismo inclusivo nasce da un’idea di Lynn Forester de Rothschild, da sempre impegnata in cause progressiste (è amica di Hillary Clinton, è stata consigliera di Bill Clinton, aveva stretti contatti con Jeffrey Edward Epstein, l’imprenditore americano arrestato per abusi sessuali e traffico internazionale di minorenni) che dovrebbero avere poco o nulla a che fare con la dottrina sociale della Chiesa cattolica, eppure Lady de Rothschild già nel novembre del 2019 è stata accolta con tutti gli onori dal papa in Vaticano.

Nessuno può prevedere quale sarà l’andamento economico in Vaticano nel prossimo futuro, ma tutto lascia supporre che la situazione resterà alquanto difficile, fino al punto in cui il piccolo Stato potrà trovarsi ad affrontare una situazione di insolvenza. E allora come non pensare che in quel caso l’amicizia dei massimi rappresentanti del grande capitalismo mondiale, con i loro dieci trilioni di dollari, potrebbe essere un bel salvagente?

A.M.V.

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Aldo Maria Valli, Semel in anno

(Cronache dal futuro, Interviste pazze, Cattolici su Marte)

Semel in anno licet insanire” dicevano gli antichi. “Una volta all’anno è lecito impazzire”. Quando le cose si mettono male, una risata può essere terapeutica. E può anche servire per dire la verità a fronte di un dispotismo soffocante. Vecchia storia: quando il conformismo dilaga, solo il giullare, attraverso la satira, riesce a proporre squarci di verità. E allora “insanire” può diventare addirittura dovere civile, se vogliamo usare parole grosse. Come diceva Victor Hugo, “è dall’ironia che comincia la libertà”. L’avvertenza è quella solita, nota ai frequentatori del mio blog Duc in altum: i contributi qui raccolti contengono ironia e sarcasmo. In caso di accertata allergia all’ironia e al sarcasmo, astenersi dalla lettura. Se siete allergici e non vi astenete, peggio per voi.

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