L’eremita, il visitatore e quella Chiesa che aveva negato Dio

Cari amici di Duc in altum, ricevo da don Elia (pseudonimo di un sacerdote che non può firmare con il proprio nome) questo racconto che propongo volentieri alla vostra attenzione.

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Nobiscum Deus

Videte ne quis vos seducat… multi pseudoprophetae surgent et seducent multos… Sol obscurabitur, et luna non dabit lumen suum, et stellae cadent de caelo Qui autem perseveraverit usque in finem, hic salvus erit (Mt 24, 4.11.29.13).

L’anziano eremita mormorava tra sé queste parole, ruminandole nel silenzio ovattato della sua cella. Il suo fisico di nonagenario cedeva inesorabilmente ogni giorno di più, ma la sua mente rimaneva lucidissima. Della professione di un tempo aveva conservato la severa acribia, l’acutezza analitica, lo spirito indagatore. L’intimità divina non aveva affatto offuscato, in lui, l’intelletto; al contrario, l’aveva reso più acuto, penetrante, luminoso. Per tanti anni, nella solitudine del suo romitorio, aveva riflettuto sulla vita passata, spesa nel servizio attivo della Chiesa. I dubbi assillanti che l’avevano persuaso a ritirarsi dall’insegnamento, grazie alla distanza fisica e spirituale, s’eran gradualmente mutati in angosciose evidenze. Fin dalla giovinezza, egli aveva contribuito in modo decisivo – seppur inconsapevolmente – alla diffusione di quelle idee che avevano trasformato il cristianesimo in una nuova religione, o piuttosto in un umanesimo irenistico assorbito nell’immanenza.

«Badate che nessuno vi inganni…»: com’era stato possibile che un’anima limpida e retta come la sua si lasciasse sedurre? «Molti falsi profeti sorgeranno e inganneranno molti…»: la sua alterigia professorale, ancor più che per l’onta di aver subìto l’incantesimo, l’aveva inizialmente tormentato soprattutto per il rimorso di averne potuto contagiare altri ignari discepoli. Sì, aveva sicuramente reagito alle derive di una teologia troppo impregnata dei vari Kant, Hegel, Heidegger… si era pur opposto al blasfemo annullamento della Scrittura provocato dall’esegesi razionalistica… aveva sì avversato la radicale demolizione della morale cattolica sotto il maglio del relativismo… ma senza riconoscerne gli occulti influssi sul suo stesso pensiero, o – per meglio dire – sulla sua forma mentis di intellettuale educato in quella malsana atmosfera culturale.

Senza che se ne rendesse conto in tempo, era stato per decenni in stretto rapporto con l’ambiente che aveva scientemente operato per confezionare il nuovo cristianesimo: un lavoro, per analogia, di ingegneria genetica, che aveva sostituito il nucleo originale della cellula con uno del tutto estraneo. A conclusione del concilio voluto dai novatori per coprire il losco complotto con un’apparenza di legittimità, un papa oscillante e contraddittorio aveva apertamente proclamato l’instaurazione del culto dell’uomo in luogo del culto di Dio… uno sconvolgimento ben più radicale della rivoluzione copernicana: non si trattava del rapporto tra la Terra e il Sole, ma di quello tra la creatura e il suo artefice, origine e fine di tutto l’esistente. L’uomo aveva occupato il centro, il posto che spettava a Dio… e, per giunta, un uomo mai così corrotto, arrogante, volubile e insipiente.

A partire dal trapianto del nucleo, tutte le componenti della cellula s’erano messe alacremente al lavoro per modificare l’organismo dal di dentro in base al materiale genetico inserito. Nel giro di pochissimi decenni, tutto era stato aggiornato – come dicevano – conformemente ai principi del nuovo Vangelo. Le principali istanze di produzione e di controllo eran rimaste in funzione, seppure con uomini diversi e una facciata rinnovata, ma all’interno della struttura ogni cosa era mutata: la dottrina, la liturgia, il diritto, la morale; i modi e i contenuti dell’insegnamento e della predicazione, le forme della pastorale e del governo… nulla era sfuggito al cambiamento. Sì, eran proprio riusciti a portare a compimento una rivoluzione in cappa e tiara, secondo i programmi della Carboneria ottocentesca; non era affatto un problema che ci fossero volute più generazioni.

Quel che più intimamente aveva umiliato il professore di un tempo, tuttavia, era stata la presa di coscienza del ruolo favorevole giocato dai cosiddetti conservatori, come si era sempre considerato egli stesso: in realtà non avevano affatto giovato al recupero del deposito apostolico, ma custodito il risultato della modificazione genetica, facendola anzi apparire buona, in continuità con il passato. Anch’essi, a loro insaputa, s’eran fatti arruolare nei guardiani della rivoluzione. La sola differenza rispetto ai rivoluzionari radicali? Erano rivoluzionari moderati e, come sempre accaduto nella storia, erano risultati utili, loro malgrado, al progresso della causa. Nessuno di essi, in effetti, osava mettere in discussione l’evento che aveva scatenato il processo: quel concilio che, in una mole mai vista di testi ambigui e farraginosi, aveva proclamato tesi inconciliabili con la Tradizione.

A un certo punto, quella semplice evidenza aveva finito con l’imporsi alla sua onestà intellettuale priva di incrinature, sebbene irretita da un sistema di pensiero diabolicamente perverso in cui ogni elemento era stato ripensato alla luce del nuovo verbo del trascendentalismo. Sì, la frattura era pur avvenuta; non c’era ermeneutica che potesse ricomporla con le sue acrobazie intellettuali. Da quel momento in poi, oltretutto, il Magistero successivo l’aveva sistematicamente confermata, sia pure nel continuo gioco di una riaffermazione dei principi in astratto che li dissolveva nell’applicazione. Persino dove ancora persistevano divieti e proibizioni, nessuno più li osservava nella prassi: nella Chiesa, di fatto, s’era instaurata l’anarchia, in ogni campo e ad ogni latitudine. I centri del potere ecclesiastico erano stati occupati da chierici che non aderivano più realmente alle stesse verità, che probabilmente neppur conoscevano; tale situazione permetteva di spiegare l’inaudita anomalia di un Magistero non esente da errori.

«Il sole si oscurerà, la luna non darà più il suo splendore e le stelle cadranno dal cielo»: grazie a un riconoscimento puramente nominale del depositum fidei, s’era lasciato libero corso alle ipotesi più stravaganti di cattedratici e biblisti alla moda, i quali, allargando a dismisura l’ambito della ricerca, sollevavano mille riserve sui dati acquisiti una volta per sempre. In tal modo il faro del Magistero, già incrinato, non poteva più risplendere affatto, poiché i teologi impostori ne avevano usurpato la funzione; offuscata la fede nelle menti degli uomini, s’era spento anche il lume della ragione. La Chiesa non riverberava più il fulgore del Cristo, luce del mondo, e molti suoi ministri, dimentichi della dignità e della missione ricevute, erano sprofondati in una cloaca d’immoralità e d’abiezione. I rivoluzionari, per catturare i buoni cattolici che oppugnavano i progressisti, erano addirittura riusciti a creare il mito dei papi restauratori, i quali però, delegando sostanzialmente il governo ad altri, avevan ristabilito ben poco, l’uno sempre in viaggio, l’altro sempre sui libri. Proprio come predetto dall’Apocalisse al capitolo nono, Dio aveva concesso all’Angelo dell’abisso di spalancarne il pozzo e lasciarne esalare il pestifero fumo.

Come e perché il Signore avesse potuto permettere un tale sbandamento, non era ancora del tutto chiaro all’eremita, che ne presagiva però un significato escatologico. La sua fede incrollabile nelle note costitutive e nell’indefettibilità della Chiesa esigeva, a giustificazione di un male così vasto e profondo, ragioni eccezionali. La suprema seduzione diabolica degli eletti era stata pur predetta dal Maestro, ma quale ne sarebbe stato l’esito? Il suo cuore non poteva certo dubitare del trionfo finale della verità e del bene, ma il desolante spettacolo del presente non ne forniva alcun indizio. Sì, era giunto il momento della pura fede, priva di appoggi umani, fondata unicamente sulla Parola sacra, trasmessa una volta per sempre. Eppure, tutto sembrava congiurare contro tale fede; e il tentatore, con ghigno beffardo, gliene sbatteva in faccia ogni singola smentita.

Il silenzio assoluto della cella fu rotto d’un tratto da tre colpi secchi alla porta. L’eremita trasalì, scotendosi dalla sua meditazione come dal sonno profondo. Sollevandosi dall’inginocchiatoio con evidente fatica, allungò il braccio alla maniglia e, socchiuso l’uscio, intravide una figura pallida, longilinea, di un glabro innaturale, che gli richiamò alla mente la lonza dantesca. Dalla cera del visitatore traspariva un inquietante miscuglio di arroganza intellettuale, lussuria perversa e amore del denaro. Scrutandolo in volto, riconobbe un allievo di molti anni prima, ormai cinquantenne. La sua tenuta impeccabile suggeriva una brillante carriera ecclesiastica in un dicastero della Santa Sede o in un ambiente accademico; in ogni caso, doveva appartenere a uno di quei cosiddetti serbatoi di pensiero deputati alla perenne evoluzione dell’ideologia rivoluzionaria.

– Spiacente di disturbarla, Padre. Vengo da parte della Congregazione. A Roma sono preoccupati per le opinioni da Lei espresse in questi ultimi tempi. Desiderano che Lei non incorra nel delitto di scisma mettendo in dubbio la legittimità del papa in funzione.

– Si direbbe che tu stessi parlando dell’amministratore delegato di una società per azioni… Quanto a me, appartengo alla Chiesa cattolica, il cui capo visibile è il Vicario di Cristo. Se colui al quale alludi si considera tale e si comporta di conseguenza, non avrò alcuna difficoltà ad obbedirgli; in caso contrario, è lui che corre il rischio di trovarsi fuori.

– Vedo che la sua altezzosa cocciutaggine non è venuta meno con gli anni, professore, anzi sembra rafforzata. Devo però avvertirla che il Santo Padre in persona ha ordinato alla Congregazione di intervenire. Ciò che lei scrive è causa di non poca confusione e sconcerto fra i fedeli, proprio in un momento in cui la Chiesa ha particolarmente bisogno di coesione nel servire l’umanità provata dalla pandemia.

– Non sono certo io la causa principale dello sconcerto e della confusione. Ma tu vorresti che io credessi alla storia inventata dalle Nazioni Unite e ripetuta all’unisono da tutti i governi del pianeta? Mi consideri davvero così sprovveduto? Tu stesso non ne sei affatto convinto, ma devi far credere di esserlo per non perdere il posto.

– Adesso leggiamo perfino nei cuori! Lei è dotato della cardiognosìa! A forza di dar credito alle leggende della Chiesa antica, a quegli assurdi racconti sui folli che passavano la vita nel deserto egiziano, lei si è montato la testa. Non mi meraviglio, d’altronde, che stare rinchiusi in un buco come questo, a lungo andare, faccia perdere il senno. La vera vita è fuori, nel cuore del mondo! Ma non cerchi di sviare il discorso: ho qui una dichiarazione scritta che lei deve firmare per ritrattare tutte le affermazioni con cui ha contestato la legittimità dell’ultimo conclave.

– Se lo facessi, tradirei la mia coscienza e non potrei più volgere lo sguardo al Crocifisso senza sentirmi un vile, un venduto come te.

– Se non lo fa, professore, lei sarà scomunicato.

Fino a quel momento, l’eremita aveva tenuto lo sguardo rivolto alla nuda parete dove campeggiava, unico ornamento della cella, una croce rozzamente intagliata. A quelle parole, si voltò lentamente e piantò gli occhi, velati dall’età ma fiammeggianti d’acutezza, in quelli dell’ospite inatteso.

– Tu, se non ti converti, finirai all’inferno, sussurrò.

– Ma la smetta con queste favole da medioevo con cui avete terrorizzato la gente per secoli! Mai sentito parlare di misericordia?

– Certo, e anche della sorte di chi la falsifica o ne abusa.

– Voi conservatori sapete proprio tutto, tranne che la dottrina si evolve come tutto il resto. Il mondo è in continua trasformazione verso il punto omega, quello in cui l’uomo raggiungerà la perfezione scoprendo di essere un tutt’uno con la natura, un tutt’uno con l’universo! Bisogna aprirsi al mondo! Con il Concilio la Chiesa l’ha finalmente fatto, ma voi continuate stupidamente a opporvi a questo irresistibile movimento cosmico!

Nel pronunciare questa frase, il curiale s’era acceso in volto, quasi a volersi convincere di quel che stava affermando ma che, di fronte all’anziano, svelava inevitabilmente tutta la sua inconsistenza. Il contatto con l’eremita aveva il potere di mettere a nudo l’intima qualità di chiunque gli rendesse visita e di porlo davanti a se stesso senza lasciargli scappatoie. La qualifica di conservatore aveva però trafitto il cuore dell’antico maestro come una stilettata: era la peggiore delle accuse che gli si potesse rinfacciare. Senza lasciar trasparire il minimo indizio del dolore lancinante che gli faceva sanguinare l’anima, tuttavia, quegli rispose pacato:

– E poi sarei io che credo alle favole… Da dove salta fuori questa vostra teoria? Da quale fonte l’avete ricavata? L’avete trovata in qualche passo delle Scritture, dei Padri o dei Concili?

– Sono tutti testi relativi a situazioni socio-culturali superate!, ribatté l’altro con aria saccente ed evidente fastidio. Provengono da società del passato, basate sull’autoritarismo e sulla sottomissione! Il sistema feudale è tramontato per sempre, grazie alla libertà portataci da Lutero e dalla rivoluzione francese!

– Bella libertà, quella di farsi sterminare con un vaccino… Si finisce davvero per essere un tutt’uno con la natura, con i vermi della terra! Ah no, sono rimasto indietro: oggi si finisce con i pesci, una volta disperse le ceneri nel mare…

– Lei è proprio rimasto indietro, in un’altra epoca e, quel che è peggio, ci vuole rimanere: si rifiuta di cambiare. Voi conservatori vorreste fermare la storia a un certo punto che considerate perfetto, insuperabile. Ma perché mai il passato dovrebbe per forza essere migliore del presente?

Questa volta l’anziano non poté trattenersi. Guardando di nuovo l’interlocutore fisso negli occhi, scandì con voce ferma, benché leggermente vibrante per l’emozione:

– Stai facendo almeno tre valutazioni errate, figliolo. La prima è che il presente debba esser per forza migliore del passato; la seconda è che io sia ancora un conservatore, cosa che ho smesso di essere da un pezzo; la terza è l’attribuire ai conservatori un modo di pensare che invece è proprio dei tradizionalisti.

– Certo, voi avete sempre cercato di smarcarvi dai tradizionalisti per farvi accettare nella Chiesa, ma siete della stessa razza: inguaribili sognatori di chimere.

– Ti faccio notare, come per le favole, che siete piuttosto voi a parlare di sogni: i sogni di Dio, i sogni del papa, i sogni dei popoli… Siete voi che sognate un mondo irreale dove regni l’armonia assoluta, anche se l’armonia di cui parlate è frutto della conciliazione dei contrari, con buona pace del principio di non-contraddizione.

– Ma non capisce che non c’è più posto per quelle anticaglie aristoteliche? La scienza moderna ci ha liberato da quella prigione mentale!

L’inquisitore si scaldava sempre più. L’eremita replicò imperturbabile:

– Senza Aristotele non avremmo la scienza moderna. Se proprio vogliamo parlare di scientificità, cosa ti sembra della Madre Terra, dell’anima mundi, dell’uomo primordiale…? Visto che ami le novità, son tutte recentissime teorie della gnosi e della cabala.

L’orgoglio del curiale fu punto sul vivo ed egli si sentì smascherato.

– Quella è la scienza dei perfetti, sibilò. Noi iniziati siamo ovunque, uniti dalla stessa conoscenza e affratellati da un unico fine. Siamo realmente presenti in tutti gli ambienti, compresi i conservatori e i tradizionalisti, fra i quali ci sono alcuni dei nostri migliori elementi. Con l’aura di rispettabilità che li circonda, riescono a infiltrarsi senza difficoltà in settori che altrimenti resterebbero ermeticamente chiusi alla nostra propaganda. I cattolici refrattari si buttano alla disperata tra le loro braccia, non sapendo più a chi affidarsi. Così riusciamo a tenere sotto controllo anche quelli portandoli dove vogliamo, perfino al suicidio collettivo per vaccinazione. Pensi che, a suo tempo, siamo stati capaci di usare anche un vescovo per far apparire la Messa tridentina come l’appannaggio di ribelli e di scismatici, quasi fosse la cosa peggiore possibile per un buon cattolico.

– Voi non amate affatto il mondo reale, bensì un mondo immaginario. Secondo voi, questo mondo dev’essere distrutto perché possa sorgere il mondo nuovo dei vostri miti gnostici. Voi, illudendo la gente che vi adoperiate per il progresso, lavorate in realtà all’annientamento dell’umanità perché la odiate, come lo sconfitto al cui servizio vi siete messi. Nonostante la vostra astuzia luciferina, però, continuate a commettere errori grossolani. Uno è pensare che la vera Messa, quella che risale agli Apostoli, sia confinata in istituti che potete controllare per mezzo delle finanze, mentre invece è celebrata dappertutto… benché in segreto, il più delle volte. Un altro è illudervi di poter ridurre all’impotenza chiunque non si sottometta al vostro controllo, cosa assolutamente irrealizzabile. Per quanto mi riguarda, sappi che smetterò di celebrarla solo il giorno in cui Dio mi chiamerà. Finché ci sarà sulla terra anche un solo prete che offra il Sacrificio perfetto come Dio vuole che sia offerto, l’umanità sarà salva. Non riuscirete a prevalere. Mettetevi l’anima in pace.

Livido in volto, con un’arida lacrima spremuta dalla superbia umiliata, il visitatore si voltò di scatto e sbatté la porta dietro di sé. Emanuele – questo il nome dell’eremita – si inginocchiò di nuovo sotto la Croce e tornò a ruminare il sacro testo, come se nulla fosse accaduto.

«Ma chi avrà perseverato sino alla fine, costui sarà salvato».

Don Elia

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Cari amici di Duc in altum, sono lieto di annunciare l’uscita del libro L’altro Vaticano II. Voci da un Concilio che non vuole finire (Chorabooks 2021), nel quale è proposto un modo alternativo e controcorrente di guardare al Concilio Vaticano II, tema imprescindibile se si vuole affrontare la questione della crisi della Chiesa e della fede stessa.

Con contributi di Enrico Maria Radaelli, padre Serafino Maria Lanzetta, padre Giovanni Cavalcoli, Fabio Scaffardi, Alessandro Martinetti, Roberto de Mattei, cardinale Joseph Zen Ze-kiun, Eric Sammons, monsignor Carlo Maria Viganò, monsignor Guido Pozzo, Giovanni Formicola, don Alberto Strumia, monsignor Athanasius Schneider, Aldo Maria Valli.

 

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