Carlo Maria Vigano / Bergoglio sul Vaticano II. Fratelli tutti, a eccezione dei cattolici

Cari amici di Duc in altum, monsignor Carlo Maria Viganò torna sulle recenti parole di Francesco circa il Vaticano II, espressioni che hanno provveduto a dogmatizzare, se non addirittura a idolatrare, il Concilio secondo la più modernistica delle visioni. Per Bergoglio, a quanto risulta, tutti sono fratelli, tutti sono degni di accoglienza, tranne coloro (come nel caso degli autori del libro L’altro Vaticano II. Voci da un Concilio che non vuole finire) che osano mettere in discussione il Concilio Vaticano II e prendere atto dei suoi esiti più devastanti per la Chiesa e la fede cattolica.

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Quicumque vult salvus esse, o dell’idolatria del Vaticano II

Similes illis fiant qui faciunt ea,

et omnes qui confidunt in eis.

Ps 113, 16

Mentre le nazioni un tempo cattoliche introducono nelle proprie legislazioni l’aborto e l’eutanasia, la teoria gender e le nozze sodomitiche; mentre negli Stati Uniti un presidente legittimamente eletto si vede usurpare la Casa Bianca da un “presidente” corrotto, depravato e abortista, nominato con una gigantesca frode, col plauso cortigiano di Bergoglio e dei vescovi progressisti; mentre la popolazione mondiale è ostaggio di congiurati e cospiratori che lucrano sulla psicopandemia e sull’imposizione di pseudovaccini inefficaci e pericolosi, la sollecitudine di Francesco si concentra sulla catechesi, in un monologo andato in scena il 30 gennaio scorso per il selezionato pubblico dell’Ufficio catechistico nazionale della Cei (qui). Lo spettacolo è stato offerto in occasione del LX anniversario della fondazione dell’Ufficio catechistico, «strumento indispensabile per il rinnovamento catechetico dopo il Concilio Vaticano II».

In questo monologo, redatto con ogni probabilità da un qualche grigio funzionario della Cei in forma di brogliaccio e poi sviluppato a braccio grazie all’improvvisazione in cui eccelle l’Augusto oratore, ricorrono puntuali tutte le parole care ai seguaci della chiesa conciliare, prima tra tutte quel kerygma che ogni buon modernista non può mai omettere nelle sue omelie, nonostante egli ignori quasi sempre il significato del termine greco, che con ogni probabilità non sa nemmeno declinare senza inciampare in accenti e desinenze. Ovviamente l’ignoranza di chi ripete il ritornello del Vaticano II è instrumentum regni da quando al clero fu imposto di mettere da parte la dottrina cattolica per privilegiare l’approccio creativo del nuovo corso. Certo, usare la parola annuncio anziché kerygma banalizzerebbe i discorsi degli iniziati, oltre a svelare l’insofferenza sprezzante della casta nei confronti della massa, ostinatamente abbarbicata al vieto nozionismo postridentino.

Non a caso i novatori detestano con tutte le forze il Catechismo di San Pio X, che nella brevità e nella chiarezza delle domande e delle risposte non lascia margini all’inventiva del catechista. Il quale dovrebbe essere – e non è più appunto da sessant’anni – colui che trasmette ciò che ha ricevuto, e non un fantomatico «memorioso» della storia della salvezza che di volta in volta sceglie quali verità trasmettere e quali lasciare da parte per non urtare i suoi interlocutori.

Nella misericordiosa chiesa bergogliana, erede della chiesa postconciliare (entrambe declinazioni di uno spirito che di cattolico non ha più nulla) è lecito discutere, contestare, rifiutare qualsiasi dogma, qualsiasi verità della Fede, qualsiasi documento magisteriale e qualsiasi pronunciamento papale precedente al 1958. Poiché, secondo le parole di Francesco, si può essere «fratelli e sorelle di tutti, indipendentemente dalla fede». Qualsiasi fedele comprende bene le gravissime implicazioni dello pseudomagistero attuale, il quale contraddice sfrontatamente il costante insegnamento della Sacra Scrittura, della divina Tradizione, del Magistero apostolico. Tuttavia, l’ingenua vittima di decenni di riprogrammazione conciliare dei cattolici potrebbe credere che, in questa composita babele di eretici, di contestatori e di viziosi rimanga almeno un po’ di spazio anche per gli ortodossi, i devoti sudditi del romano pontefice e i virtuosi.

Fratelli tutti, indipendentemente dalla fede? Questo principio di tollerante e indistinta accoglienza non conosce limiti se non quello appunto dell’essere cattolici. Leggiamo infatti, nel monologo di Bergoglio tenuto nella sala Clementina il 30 gennaio: «Questo è magistero: il Concilio è magistero della Chiesa. O tu stai con la Chiesa e pertanto segui il Concilio, e se tu non segui il Concilio o tu l’interpreti a modo tuo, come vuoi tu, tu non stai con la Chiesa. Dobbiamo in questo punto essere esigenti, severi. Il Concilio non va negoziato, per avere più di questi… No, il Concilio è così. E questo problema che noi stiamo vivendo, della selettività rispetto al Concilio, si è ripetuto lungo la storia con altri Concili».

Abbia il lettore la bontà di non soffermarsi all’incerta prosa del Nostro, che nell’improvvisazione “a braccio” unisce il marasma dottrinale al massacro della sintassi. Il messaggio del discorso ai catechisti precipita nella contraddizione le misericordiose parole di Fratelli tutti, costringendo a una doverosa modifica del titolo della lettera “enciclica” in Fratelli tutti, a eccezione dei cattolici. E se è verissimo e condivisibile che i Concili della Chiesa cattolica sono parte del Magistero, altrettanto non si può dire per l’unico “concilio” della nuova chiesa, il quale – come ho più volte affermato – rappresenta il più colossale inganno che sia stato compiuto dai pastori al gregge del Signore; un inganno – repetita juvant – che si è realizzato nel momento in cui una conventicola di esperti congiurati ha deciso di usare gli strumenti di governo ecclesiastico – autorità, atti magisteriali, discorsi papali, documenti delle congregazioni, testi della liturgia – con uno scopo opposto a quello che il divino Fondatore ha stabilito quando ha istituito la Santa Chiesa. Così facendo ai sudditi è stata imposta l’adesione ad una nuova religione, sempre più palesemente anticattolica e in definitiva anticristica, usurpando la sacra Autorità della vecchia, disprezzata e deprecata religione preconciliare.

Ci troviamo quindi nella grottesca situazione di sentir negare la Santissima Trinità, la divinità di Gesù Cristo, la dottrina dei suffragi per i defunti, i fini del Santo Sacrificio, la Transustanziazione, la perpetua Verginità di Maria Santissima senza incorrere in alcuna sanzione canonica (se così non fosse, quasi tutti i consultori del Vaticano II e dell’attuale curia romana sarebbero già stati scomunicati); ma «se tu non segui il Concilio o tu l’interpreti a modo tuo, come vuoi tu, tu non stai con la Chiesa». La glossa di Bergoglio a questa impegnativa condanna di qualsivoglia critica del Concilio lascia davvero increduli: «A me fa pensare tanto un gruppo di vescovi che, dopo il Vaticano I, sono andati via, un gruppo di laici, dei gruppi, per continuare la “vera dottrina” che non era quella del Vaticano I: “Noi siamo i cattolici veri”. Oggi ordinano donne».

Andrebbe notato che «un gruppo di vescovi, un gruppo di laici, dei gruppi» che rifiutarono di aderire alla dottrina definita infallibilmente dal Concilio ecumenico Vaticano I vennero immediatamente condannati e scomunicati, mentre oggi sarebbero accolti a braccia aperte «indipendentemente dalla fede»; e che i papi che allora condannarono i veterocattolici, condannerebbero oggi il Vaticano II, e sarebbero accusati da Bergoglio di «non stare con la Chiesa». D’altra parte, le lettrici e le accolite di recente invenzione non preludono a null’altro se non a quell’«oggi ordinano donne» cui invariabilmente approdano quanti abbandonano l’insegnamento di Cristo.

Curiosamente l’apertura ecumenica, il sentiero sinodale e la pachamama non impediscono di mostrarsi intolleranti nei confronti dei cattolici che hanno l’unico torto di non voler apostatare dalla Fede. Eppure, quando Bergoglio parla di «nessuna concessione a coloro che cercano di presentare una catechesi che non sia concorde al magistero della Chiesa», egli sconfessa se stesso e il presunto primato della pastorale sulla dottrina, teorizzato in Amoris lætitia come conquista di chi costruisce ponti e non muri, per usare un’espressione cara ai cortigiani di Santa Marta.

Così d’ora innanzi potremmo aggiornare l’incipit del Simbolo atanasiano: «Quicumque vult salvus esse, ante omnia opus est, ut teneat Modernistarum hæresim».

+ Carlo Maria Viganò, Arcivescovo

3 febbraio 2021

Sancti Blasii Episcopi et Martyris

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Cari amici di Duc in altum, sono lieto di annunciare l’uscita del libro L’altro Vaticano II. Voci da un Concilio che non vuole finire (Chorabooks 2021), nel quale è proposto un modo alternativo e controcorrente di guardare al Concilio Vaticano II, tema imprescindibile se si vuole affrontare la questione della crisi della Chiesa e della fede stessa.

Con contributi di Enrico Maria Radaelli, padre Serafino Maria Lanzetta, padre Giovanni Cavalcoli, Fabio Scaffardi, Alessandro Martinetti, Roberto de Mattei, cardinale Joseph Zen Ze-kiun, Eric Sammons, monsignor Carlo Maria Viganò, monsignor Guido Pozzo, Giovanni Formicola, don Alberto Strumia, monsignor Athanasius Schneider, Aldo Maria Valli.

 

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